IL DIRITTO DI SEGUITO: ORIGINI E INQUADRAMENTO NORMATIVO di Irene Barbieri 

 

Irene Barbieri

 

Il “diritto di seguito” (droit de suite o artist resale royalty) s’inquadra nell’ambito del diritto d’autore, rappresentandone una declinazione in senso economico. Si tratta di un istituto che consente all’autore di opere dell’arte figurativa di partecipare al successo futuro delle sue creature attraverso la percezione di una percentuale del ricavato ottenuto da ogni vendita dell’opera stessa, purché successiva alla prima e involgente un professionista del mercato dell’arte (gallerie d’arte e case d’asta). Tale diritto consente, dunque, agli artisti - sia direttamente che tramite i propri eredi - di “seguire” nel tempo le opere, avvantaggiandosi dell’eventuale incremento del loro valore. È alle istanze degli artisti francesi, ridotti praticamente in miseria, che si devono le origini di questa particolare forma di tutela delle opere d’arte figurativa. 

Quando, nel 1860, il pittore d’oltralpe Jean-Francois Millet vendette uno dei suoi più bei quadri, l’Angelus, per 1.000 franchi, non avrebbe certo potuto immaginare che a distanza di ventinove anni (circa quattordici dopo la sua morte) quello stesso dipinto avrebbe fatto guadagnare al mercante Eugène Secretan più di cinquecento volte tanto. Mentre la rivendita dell’opera fruttava precisamente 553.000 franchi, il nipote dell’artista tentava di racimolare qualche spicciolo vendendo fiori per strada: non aveva, infatti, per legge alcuna possibilità di trarre vantaggio economico dalla suddetta vendita a prezzo record. All’epoca del pittore realista, dunque, il Legislatore non aveva ancora previsto e disciplinato il diritto di seguito, concetto introdotto per la prima volta da Albert Vaunois in un articolo pubblicato su “Chronique de Paris” e ripreso, tre anni dopo, dall’avvocato Edouard Mack nel corso del Congresso di Berna. È, però, all’azione legale intentata contro il magnate Secretan dalla famiglia di Millet, costretta a vivere nell’indigenza, che la letteratura giuridica fa risalire il “droit de suite”: era il 20 maggio del 1920 e la Francia introduceva una normativa ad hoc all’interno della Legge sul diritto d’autore (L. n. 122-8) per consentire agli artisti, o ai loro eredi, di percepire una quota del maggior valore realizzato in ogni vendita dell’opera successiva alla prima.

L’intento era quello di ampliare il novero di garanzie economiche riservate agli autori delle opere d’arte figurativa, i quali risultano fisiologicamente penalizzati rispetto agli artisti delle opere letterarie, teatrali o musicali. Il che si spiega considerando l’irripetibilità dei dipinti e delle opere scultoree che - a differenza delle altre opere d’ingegno - sono appunto esemplari unici, in grado di circolare soltanto con il supporto fisico che le racchiudono, e che vengono spesso vendute a prezzi esigui nel momento in cui l’artista è ancora ignoto al grande pubblico. Con la conseguenza che, quando l’artista si priva delle proprie opere a seguito della prima cessione, si priva (o meglio, si privava) anche di qualsiasi diritto economico sulle stesse, mentre le opere continuano a circolare, aumentando il loro valore a beneficio dei soggetti che intervengono nelle transazioni successive alla prima.

Perciò, già nei primi anni del ‘900 si acquisì la consapevolezza che per tutelare a tutto tondo la creatività e promuoverne la diffusione, non bastasse certo il semplice copyright, dovendosi piuttosto garantire agli artisti, e ai loro eredi, la possibilità di godere dell’incremento di valore eventualmente acquistato nel tempo dall’opera una volta raggiunto il successo.

Dopo il 1920, sulla scia di quello francese, anche gli altri ordinamenti europei iniziarono a riconoscere, a livello interno, il diritto di seguito. A battezzare, invece, sul piano internazionale il diritto di seguito ha provveduto la Conferenza di Bruxelles del 26 giugno 1948, che ne ha sancito l’ingresso all’art. 14-ter della Convenzione di Berna del 1886 per la protezione delle opere letterarie e artistiche. In quel contesto, però, il diritto di seguito è stato qualificato come diritto facoltativo e soggetto alla clausola di reciprocità. In altre parole, l’obbligo di devoluzione di una parte del ricavato delle rivendite dell’opera può essere invocato dall’autore in ciascun Paese aderente nella misura in cui la propria legislazione nazionale attribuisca analogo vantaggio ai cittadini di quello stesso Paese.

Pertanto, viste anche le pericolose implicazioni di carattere concorrenziale sottese al diritto di seguito, nell’ambito delle politiche culturali del ‘96 la Commissione europea avanzò una proposta di direttiva volta all’armonizzazione del diritto di seguito e alla promozione del suo riconoscimento nei confronti di Paesi extra-UE. In tal modo, si cercava altresì di contrastare fenomeni di delocalizzazione delle vendite all’interno dell’UE e di disparità di trattamento tra gli artisti a seconda del luogo di vendita delle opere, viste le differenze normative riscontrabili di Stato in Stato, specie quanto all’ammontare della percentuale da corrispondere a titolo di diritto di seguito.

È così che è stata concepita la Direttiva 2001/84/CE relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale, recepita in Italia con il D.lgs. 13 febbraio 2006, n.118. Da allora il diritto di seguito è entrato a far parte della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (cd. Legge sul diritto d’autore) occupandone, agli artt. 144 e ss., la sezione VI rubricata “Diritti dell'autore sull'aumento di valore delle opere delle arti figurative”.

In attuazione della Direttiva, quindi, è stato ufficialmente sancito il diritto degli autori delle opere d’arte a percepire un compenso sul prezzo di ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere stesse da parte dell’autore (art. 144, comma 1); laddove per vendita successiva deve intendersi quella che comporta l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’arte, come le case d’asta, le gallerie d’arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte (art. 144, comma 2). Si tratta, peraltro, di un diritto che non può essere oggetto di rinuncia, nemmeno preventiva, e dura per tutta la vita dell’autore e fino a settant’anni dopo la sua morte (artt. 147 e 148).

Oggetto del diritto di seguito sono le alienazioni di originali - a certe condizioni anche di copie - delle opere delle arti figurative, come i quadri, i dipinti, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le fotografie e gli originali dei manoscritti, purché si tratti di creazioni eseguite dall’autore stesso o di esemplari considerati opere d’arte e originali. Tuttavia, affinché sia dovuto il droit de suite è necessario che le suddette vendite siano successive alla prima alienazione effettuata direttamente dall’autore; comportino l’intervento di un professionista del mercato dell’arte (galleria, case d’asta o commerciante d’arte) in qualità di venditore, acquirente o intermediario; siano effettuate oltre i tre anni dalla prima cessione da parte dell’autore; si concludano per un prezzo pari o superiore a  3.000,00 € (ad eccezione della cd. stock exemption, che ricorre quando il prezzo vendita al netto dell’Iva è compreso tra 3.000 e 10.000 € e l’opera era stata acquistata direttamente dall’autore da parte del professionista nei tre anni precedenti).

In base al combinato disposto degli artt. 144 comma 1, 146 e 149, beneficiari del diritto di seguito nel nostro Paese risultano, anzitutto, gli autori di opere d’arte o anche quelli di manoscritti (diversamente dalla Direttiva) che siano cittadini dell’Unione europea. Anche gli autori cittadini di Paesi extra UE e i loro aventi causa a condizione di reciprocità (e quindi laddove le leggi nazionali di quei paesi garantiscano lo stesso diritto ai cittadini italiani), nonché gli autori cittadini extra UE residenti in Italia (anche se cittadini di paesi senza condizione di reciprocità). Dopo la morte dell’autore il diritto di seguito spetta agli eredi legittimi e testamentari secondo le norme del codice civile. In difetto di successioni entro il sesto grado, la legge prevede che i compensi siano devoluti all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i pittori, musicisti, scrittori ed autori drammatici (E.N.A.P.) per i propri fini istituzionali (a seguito della soppressione dell’E.N.A.P. avvenuta nel 2010, i fondi in parola sono gestiti dall’I.N.P.S.).

Il compenso dovuto a titolo di diritto di seguito, a mente dell’art. 150, si sostanzia in un importo determinato in misura percentuale e in modo decrescente rispetto al prezzo di vendita, calcolato al netto dell’Iva e rientrante in uno dei cinque scaglioni previsti dalla Legge. In particolare:

  • 4 % per la parte del prezzo di vendita fino a 50.000,00 €;
  • 3% in caso di vendita compresa tra 50.000,01 e 200.000,00 €;
  • 1% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 200.000,01 e 350.000,00 €;
  • 0,5% per la parte del prezzo di vendita compresa tra 350.000,01 e 500.000,00 €;
  • 0,25% per vendite superiori a 500.000,00 €.

L’importo totale del compenso non può comunque essere superiore a 12.500,00 €.

Come sancisce l’art. 152, il pagamento del compenso è a carico del venditore sebbene sia tenuto ad effettuare materialmente il pagamento il “professionista del mercato dell’arte”. Quest’ultimo, infatti, ha l’obbligo di prelevare e di versare il relativo importo, nel termine di novanta giorni stabilito dal Regolamento di esecuzione della Legge sul diritto d’autore (Regio decreto 18 maggio 1942, n. 1369), alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), cui il Legislatore riserva il compito di incassare il diritto di seguito per conto degli artisti o dei loro eredi, siano o meno suoi iscritti. 

 

Irene Barbieri

Avvocato, cultore di Diritto Tributario presso l’Università LUM Jean Monet di Casamassima

Associate di Loconte&Partners di Milano