La profondità del quotidiano e l'idea che si associa all'esperienza

 

photo Giorgia Fanelli

Foto di Giorgia Fanelli. 

Michele Ciacciofera ci parla del suo lavoro, un percorso profondo ed estremamente meditato, tra pittura scultura e istallazione.

  

By Camilla Delpero

 

L’uso di diversi medium e diverse forme d’espressione: installazione, pittura, scultura, qual è il filo rosso che lega il tutto? La sua poetica, il messaggio chiave…

Penso che l’idea contenga in se anche il medium e i materiali da utilizzare in un rapporto inscindibile ma, certamente, poi, nella sua evoluzione essa diventa estensibile anche ad altre tecniche. Disegno, pittura, scultura, installazione, spazi sonori, video, tessitura etc., tecniche diverse tra loro che considero parte di un processo circolare, come credo sia il mio. È anche attraverso questa eterogeneità che determinati percorsi espressivi assumono una loro direzione particolare. Il disegno innanzitutto e poi la pittura mi hanno accompagnato sin dall’infanzia costituendo il mio primo mezzo espressivo di base a fianco della parola. Il resto è arrivato in seguito, aggiungendosi senza alcuna gerarchia. La tecnica - questo credo sia un principio generale che non riguarda solo l’arte - è un mezzo che l’uomo sfrutta per realizzare fini e idee e che nel corso dell’evoluzione dell’arte ha sempre consentito la convivenza di pratiche antiche e innovative.

Con un percorso leggermente diverso mi accosto ai materiali, la cui conoscenza profonda è fondamentale quanto la tecnica. Essi contengono un significato che si associa tanto all’idea quanto alla pratica, tesaurizzando l’esperienza della vita quotidiana.

Da quanto sopra deriva anche uno dei miei principali interessi: quello del rapporto tra la memoria, l’arcaico e la vita attuale,  soprattutto nella loro dimensione collettiva, per trovare dei fili di continuità tra il presente e il passato, senza alcuna nostalgia, al fine di   evidenziare quella mutabilità, ma anche quella forza misteriosa e inalterabile che da sempre hanno spinto l’uomo e l’artista a creare immagini e forme capaci di dialogare con chi le fruisce. Mi preme in tal senso sottolineare che per i greci, gli eoni, le età del mondo, si susseguivano ciclicamente e ciò costituiva il principio alla base dell’armonia totale, che permetteva di attualizzare nel divenire del tempo una dimensione di eternità primitiva solo apparentemente perduta.

Parliamo di influenze, di stimoli. I suoi provengono dal mondo esterno o interno? Alcuni dicono che la sola breve permanenza in una città, può caratterizzare il nuovo lavoro dell’artista… Il suo è un lavoro dettato dal luogo, o si tratta di esternazione di ‘’cose’’ del tutto pensate come teorie?

Provengo da un contesto familiare in cui l’arte ha sempre avuto un valore e una posizione importante tanto per l’educazione quanto per le aspirazioni personali. Ciò soprattutto dal lato materno. La presenza di alcuni scrittori nella genealogia familiare era stata tra l’altro motivo di approfondimenti, letture, racconti e suggestioni particolarmente importanti durante la mia formazione. Sono nato in Sardegna e ho vissuto anche tanti anni in Sicilia: questi due contesti sono stati sempre fonte d’ispirazione per il mio lavoro, così come lo è Parigi, città in cui vivo da alcuni anni. Nella mia vita ho sempre attribuito all’esperienza del viaggio un valore fondamentale, sia in termini di conoscenza sia di confronto con il contesto di proveninenza. Tuttavia ritengo che solo vivere realmente un luogo possa dare la possibilità di eviscerarne l’essenza attraverso un linguaggio espressivo. Infatti pur vivendo di sensazioni ed emozioni sono sempre portato alla ricerca dell’essenza, partendo dalla radice di ogni cosa o luogo, rifuggendo dalla superficie e dalla banalità.

 

 

Atlantropa 2015 installazione photo Fabio Sgroi

Atlantropa, 2015, installazione, Foto Fabio Sgroi.

 

Molti sostengono che l’arte contemporanea per essere compresa del tutto, attuale, utile più che altro, deve parlare anche dei problemi della società. Lei cosa ne pensa?

Certamente, ne sono convinto e credo che l’arte in generale abbia sempre svolto un ruolo sociale, indipendentemente dalla sua immediata comprensibilità. La complessità dei linguaggi, tra cui quello artistico, merita una grande attenzione soprattutto in un momento in cui le sollecitazioni esterne, sia a livello individuale che collettivo, tendono ad appiattirne l’essenza e la stessa sopravvivenza. Come in tutto a volte ci sono delle distorsioni ma questo non fa venire meno l’importanza dell’arte per la vita stessa degli uomini.

Chi è stato il suo maestro, l’arte di quale artista gli ha permesso di creare il suo modus operandi?

Il mio maestro è stato un architetto sardo da cui ho appreso innanzitutto l’importanza della libertà in ogni forma di espressione. Idealmente però riconosco un ruolo importante agli insegnamenti di Antonio Gramsci, soprattutto per quel che riguarda l’impegno intellettuale e l’esigenza di approfondimento nella lotta contro l’indifferenza. Tanti sono gli artisti che ho ammirato e da cui ho appreso qualcosa, forse troppi per elencarli e anzi alcuni ancora anonimi dopo secoli.

 

immagine dellatelier photo Marc Domage

Immagine-dell'atelier. Foto di Marc Domage.

 

Ha esposto in numerosi eventi nazionali ed internazionali: personali, collettive, ecc., quale mostra ricorda più volentieri e perché?

Ogni esposizione è sempre stata una esperienza fondamentale nel mio percorso, ma forse quella che ho vissuto maggiomente è stata la mostra collettiva Nel Mezzo del Mezzo tenutasi a Palermo nel 2015. Essa nasceva infatti da una idea, un progetto a cui ho lavorato con passione e impegno sin dalla sua genesi, partecipando infine con la mia installazione Atlantropa. Con questa mostra volevo mettere in evidenza il debito della cultura contemporanea europea e non solo quella mediterranea, verso gli scambi culturali, le migrazioni, le influenze che hanno caratterizzato la storia del Mare Nostrum. Palermo è la città in cui sono cresciuto e questa atmosfera la respiravo sin da bambino, trovando nel suo patrimonio artistico millenario un messaggio di civiltà che oggi più che mai andrebbe riaffermato e questa mostra mi ha dato la possibilità di farlo grazie anche a tutti coloro, artisti, curatori e istituzioni, che hanno sposato questo impegno.

 

immagine dellatelier photo Giorgia Fanelli

Immagine-dell'atelier. Foto di Giorgia Fanelli.

 

Lei è uno degli artisti della 57. Biennale di Venezia - mostra Viva Arte Viva, vuole anticiparci qualcosa?

Presenterò una installazione dal titolo Janas Code, ispirata alle Domus de Janas sarde. L’opera installata nel Padiglione delle Tradizioni all’Arsenale, costituisce la ricostruzione immaginaria di un sito archeologico, tanto magico quanto mentale, legato alle strutture funerarie neolitiche, che ho lungamente esplorato e studiato in Sardegna, ricodificate come case delle fate dalle leggende popolari dell’isola, trasmesse sino ad oggi nella loro essenza mitica anche attraverso l’arte e la letteratura.

Quanto è importante per un artista il mezzo mediatico, la visibilità sui principali portali e riviste del settore?

I media hanno certamente un ruolo rilevante nel contesto dell’arte attuale. Intendendo l’arte anche come forma di comunicazione, credo che i media possano svolgere un ruolo di amplificatore accompagnando le mostre, l’attività dei musei e conseguentemente quella degli artisti verso una più ampia e auspicabile condivisione sociale.  

La galleria è ancora la miglior forma di rappresentanza che tuteli e valorizzi le opere dell’artista?

La galleria, il gallerista, sono importanti tanto per l’artista quanto per il pubblico e le istituzioni. Svolge un ruolo cardine che spero non debba mai prescindere dalla ricerca riducendo al solo aspetto mercantile la propria attività. Sarebbe una perdita irreparabile. 

 

From the eternity of life 2015 installazione photo Natsuko Uchino

From the eternity of life, 2015, installazione. Foto Natsuko Uchino. 

 

Qual è il suo rapporto con i suoi collezionisti?

Con alcuni di essi sono diventato amico spesso condividendo sogni e progetti. Mi affascinano l’amore e l’impegno che i collezionisti dedicano all’attività degli artisti, da sempre nella storia dell’arte.

Progetti imminenti, su cosa sta lavorando?

Ho presentato l’opera The density of the transparent wind a Documenta 14 di Atene e tra breve anche a Kassel, uno spazio sonoro di circa 40 minuti che viene diffuso durante i sei mesi della esposizione, a partire dal 16 aprile e fino al 17 settembre, su Documenta 14 Radio Kassel e su nove networks radio associati (Grecia, Colombia, Camerun, Brasile, Stati Uniti, Libano, Indonesia e Germania). Una immersione nell’universo della vita e attività dei pescatori, attraverso le rotte del Mar Mediterraneo. Un omaggio al rapporto di questa gente con la natura, con le leggi tecnocratiche e, in modo evidente, il loro quotidiano esemplare impegno e spirito di solidarietà nella tragedia delle migrazioni che delinea un atteggiamento alternativo positivo e percorribile per il mondo attuale e futuro. Inoltre sto preparando una mostra personale per il Museo MAN di Nuoro, mia città natale, dove presenterò i due percorsi di ricerca relativi alle opere di Venezia e Kassel.