L'universalità di una forma che diventa opera nello spazio

 

mazzucchelli ritratto
 

Uno degli obbiettivi dell'arte è quello di compiere un superamento positivo del tempo in cui viviamo. Incontro con l'artista Franco Mazzucchelli.

By Camilla Delpero

 

Cos’è l’arte contemporanea per lei?

L'arte contemporanea è semplicemente l'arte dei nostri giorni. E' difficile capire ciò che dell'arte di oggi sarà contemporaneo anche tra dieci o vent'anni. Io non so se son un arista contemporaneo. Non ho mai cercato il successo immediato e la ribalta: io ho fatto l'artista semplicemente perché non potrei fare nient'altro nella vita. Non sono un grande paroliere e ho sempre lasciato che i critici e curatori spiegassero il mio lavoro. È il mio lavoro, non io, a dire come vedo il mondo. Ho sempre creato arte mosso da uno spirito e idea del mondo chiara, che negava l'arte per il successo e che vedeva nell'arte un'importante modo per esprimersi: c'è chi ha il dono delle parole, chi dell'orecchio, chi come spero di averlo io, riesce a vedere forme nello spazio.

 

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I musei le fondazioni le mostre istituzionali quanto sono importanti nella carriera di un artista? E nella sua?

Senz'altro è importante il sistema dell'arte, ma io ho sempre rifuggito la mercificazione dell'arte, perché è frutto di una visione limitata all'oggi e non all'universalità dell'arte. Non ho mai cercato il contatto con gallerie o musei. Ho avuto la fortuna che sono stati loro a venirmi a trovare. Detto così sembra che tutto sia stato facile. In realtà il non cercare ha determinato senz'altro il fare meno cose di altri artisti, ma ho sempre fatto ciò in cui ho creduto e perciò non rimpiango nulla. Se avessi "venduto" la mia arte - senza alcuna critica per chi l'ha fatto e lo fa - semplicemente non sarei stato Franco Mazzucchelli ed è difficile nel lungo periodo vivere "il personaggio" qualcuno che non si è.

 

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L’esposizione e il progetto a cui è più legato in quanto molto importante nella sua carriera.

Sono molto legato alle opere bidimensionali dedicate all'intervento artistico che organizzai alla Alfa Romeo (1971) e che oggi sono in mostra al Museo del Novecento all'interno della mostra "Non ti abbandonerò mai" curata dall'amico Sabino Maria Frassà con cui lavoro da anni e da Iolanda Ratti, conservatrice del Museo. Si tratta di opere che nascono da un intervento artistico del 1971, che per fortuna mi scappò di mano e coinvolse un intero quartiere milanese (ndr il Portello): bambini e operai "giocarono" per due ore con le mie opere gonfiabili. Non c'era alcuna programmazione o progetto politico solo la volontà di avvicinare l'arte alle persone comuni, portare l'arte a chi non l'aveva. E così fu: in queste opere realizzate nei mesi seguenti ho interpretato e riportato quello spirito gioioso che permeò l'intervento.

 

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La rivista si chiama quid magazine lei dove lo intravede il quid, quella scintilla che caratterizza ogni creazione?

Riguardo al quid che dovrebbe avere un artista probabilmente è quello di non essere soffocato dal tempo in cui vive, ma di saperlo interpretare. Non è facile e non puoi capire se hai questo quid fino a quando sei grande ... In fondo forse se hai questo quid non sei tu a capirlo, ma sarà la Storia, non il mercato, a dirlo nel lungo termine.