In continuo equilibrio tra storia e ricerca, tra autenticità e innovazione

 

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ph. R. Colombani
 

La storica dell'arte Marzia Ratti, ci porta all'interno del ''fattore arte'' e del fattore ''arte contemporanea'', mostrandoci da vicino quel vasto universo, che grazie alla contaminazione di nuovi linguaggi, supera i limiti della sua stessa storia.

By Camilla Delpero

 

Cos’è l’arte contemporanea?

Credo sia un lavoro di continuità sul filo di ciò che c’è stato prima e di ciò che ci sarà dopo. Il contemporaneo gioca su questo equilibrio, perennemente instabile. L’arte nasce sempre dall’arte: chi pensa di essere un grande innovatore, o si sbaglia o non sa vedere il cammino che è stato fatto precedentemente e che permette anche a lui di esprimersi. L’arte è un linguaggio contemporaneo e, come ogni linguaggio, evolve assieme alla nostra condizione. È un continuo mutamento. Non vedo mai cesure o fratture, salvo certi scarti generazionali che sono fisiologici ai processi storici. Il contemporaneo è un universo largo, ampio dove si muovono varie componenti, i linguaggi si contaminano e i confini si spostano ogni giorno più in là.

 

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Ububaj (CAMeC 2013) ph. Enrico Amici

 

Il Camec è un punto di riferimento per ogni artista di livello internazionale. Qual è la strategia espositiva che rende il Camec così appetibile?

Da quando ha aperto i battenti, cioè dal 2004, il Camec ha cercato di mantenere una propria linea espositiva basata sulla ricerca e sulla valorizzazione delle collezioni, sulla presentazione di artisti noti e meno noti ma sempre di provata qualità. L’attenzione al territorio è stata un altro asse portante, ma sempre coniugato a progetti di inadagine, di studio o di storicizzazione. Una proposta in grado di suscitare interrogativi e curiosità: spero che questo possa continuare anche in futuro. Non abbiamo mai voluto far vedere alle persone ciò che già sanno che è la cosa più facile e di maggior successo: accade sovente nell’arte, come nella musica e nel cinema, ma non produce niente di nuovo. Per i nostri progetti partiamo da interessi di studio, andiamo a scandagliare la collezione del Camec, che è composta da migliaia di opere, le studiamo meglio, le mettiamo a confronto, scegliamo tagli di lettura trasversali. Questa è stata la nostra linea prevalente: orientarsi sulla ricerca, sulla sperimentazione e sulla documentazione editoriale.

 

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Ph. EnricoAmici con Marzia Ratti, Renato Barilli e Alessandra Belluomini - Mostra L'urlo dell'immagine, la grafica dell'Espressionismo Italiano (Palazzina delle Arti, 2013)

 

Qual è il progetto a cui è più legata?

È una domanda che non mi sono mai posta fino ad oggi. Malgrado il mio carattere un po’ marziale (come d’altronde il mio nome), in realtà sono legata alle persone, sono molto affettiva, quindi, per risponderle, sono più legata ai progetti attraverso cui ho conosciuto meglio le persone, che siano artisti, collezionisti o colleghi. Sono legata a quelle mostre che mi hanno dato in dono l’amicizia di alcuni artisti di vaglia, fra cui Walter Valentini, Giovanni Campus, Giuliano Tomaino, Concetto Pozzati, Vincentiu Gregorescu, Armando Pizzinato. Da ciascuno di loro ho potuto imparare qualcosa e questo per me non solo è cosa preziosa ma anche fonte di energia. L’affettività secondo me è una componente bella e importante, se il curatore, oltre ad avere conoscenza dell’artista, sa anche costruire un’amicizia autentica, allora sarà ancor più responsabilizzato e metterà più amore nel progetto espositivo. Tutto ciò alla fine emergerà rafforzando la qualità della proposta.

 

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CAMeC 2016, mostra Giulio Turcato dalla forma poetica alla pittura di superficie. Ph E. Amici

 

Come nasce Marzia Ratti?

L’attrazione verso l’arte l’ho sempre avvertita, forse è nata con me: certi interessi per i colori, per i disegni e le forme li ho avuti sin nei miei primi pensieri. Come professionista nasco a Pisa. Devo essere grata alla mia università e ai miei Maestri che mi hanno indirizzata in modo rigoroso al mondo della ricerca che prima ho sperimentato riguardo al Medioevo - sono nata infatti medievista, grazie alla ricchezza di quel patrimonio nella città toscana - poi ritornando nella mia città - La Spezia - mi sono indirizzata al Contemporaneo. Essenziale è stato poi il lavoro sul campo: aver progettato interi musei, alcuni ex-novo, come il Museo Lia, mi ha insegnato il metodo dell’azione complessa che comprende l’acquisire una visione generale del contesto museologico e il coraggio della selezione narrativa. Devo dire che nei miei interessi di sempre il Contemporaneo e il Medioevo sono sempre stati due poli di attrazione che non considero opposti; ad essi potrei aggiungere anche il mondo spirituale e formale della Preistoria. Sono tutti momenti della storia umana che condividono l’essenzialità dell’espressività, che mi ha sempre affascinata..

 

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CAMeC 2012, Mostra Superfici sensibili ph E. Amici

 

Come nasce un’idea di vita?

Senza averla teorizzata, specie da giovane; sono tanti puntini che si sono collegati quasi naturalmente, come diceva Steve Jobs: volevo lavorare nei musei. Sin dagli anni dell’università avevo chiaro questo obiettivo, lavorare in un museo. Ho cominciato con l’attività didattica al San Matteo di Pisa, poi con le mostre medicee che si tennero in Toscana negli anni Ottanta e da quel momento non ho mai smesso. Però ho dovuto fare la mia strada, non è stato un percorso lineare, semplice e immediato, c’è voluta tenacia ed esperienza.

 

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Valentini, Ratti, Torri al lavoro per la mostra

 

Quando si può dire che un artista abbia successo nel mondo dell’arte?

Sicuramente l’artista ha successo quando è conosciuto ad ampio spettro, quindi quando non è solo conosciuto nel mercato degli intenditori, di nicchia, ma diventa “popolare”. Come lo si diventa è complesso. Non sempre è correlato alla qualità intrinseca dell’artista, entrano in gioco il sistema dell’arte e anche il ruolo dei musei. Purtroppo, molto spesso la legittimazione si basa su operazioni finanziarie. Tra qualità e quotazioni a volte c’è uno iato che sembrerebbe incomprensibile, senza conoscere i meccanismi del sistema dell’arte. Per fortuna c’è anche il fattore tempo che sarà il Gran Giudice. Persone famosissime oggi, tra 100 anni magari verranno dimenticate, oppure il contrario, ma saranno diversi fattori a determinarlo, tra cui gli andamenti del gusto. Per me è importante che l’arte arrivi a parlare alle persone, arrivi alla mente ma anche al cuore dell’osservatore e che sappia suscitare domande e riflessioni sul presente e sulla storia. Il successo non sempre bacia gli artisti che fanno una ricerca degna di questo nome e penso che i musei possano e debbano controbilanciare i fattori collegati alla moda e alle operazioni speculative.

Un artista a cui lei è legata, moderno o contemporaneo?

Nel moderno ho sempre amato gli artisti poco allineati e di forte personalità, ho amato più Michelangelo di Leonardo, più Borromini di Bernini e nei contemporanei, tutti gli alfieri del costruttivismo e della non figurazione nelle loro varie declinazioni. Poi, come accennavo prima, gli artisti che ho conosciuto di più e meglio.

 

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CAMeC La Spezia. Raccolte permanenti. Ph. Enrico Amici

 

La rivista si chiama Quid Magazine dove intravede Marzia Ratti quella scintilla che caratterizza le cose e le rende particolari?

Una domanda intrigante che di solito non mi pongo. Ho un nichilismo spirituale che mi porta ad avere una semiseria considerazione di ogni sforzo umano. Credo tuttavia che siamo tutti destinati ad essere ciò che siamo e ognuno dà il proprio contributo alla vita accogliendola senza travestimenti e menzogne; credo in questo, e qui sta la mia analogia con gli artisti ribelli e stravaganti. Sul piano personale e professionale ho sempre ricercato l’autenticità. La schiettezza delle persone trasmette qualcosa, non è soggetta alle mode; gli artisti autentici si riconoscono, le loro opere continuano a parlarci oltre ogni tempo, così come la forza del carattere. L’autenticità nell’arte come nella vita penso sia una componente del Quid.

 

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 con Concetto Pozzati  (mostra Cornice cieca, CAMeC 2012) ph. Enrico Amici

 

Vuole parlare di qualcosa che le sta a cuore?

Sono stata fortunata a poter realizzare cose creative nella museologia e a essere tutt’ora a contatto con artisti di grande profilo. La mia generazione penso abbia potuto dare un contributo di libero pensiero e di ricerca alla storia dei musei italiani e europei. Vedo il pericolo del restringimento della libertà professionale. Oggi la censura è preventiva purtroppo. Dalla mia esperienza lo noto da tempo, l’attuale sistema non fa sprigionare le migliori energie, perché laddove c’è una vera libertà e autonomia professionale, che indubbiamente deve essere governata da interessi più generali, deve esserci un dialogo tra la governance e i saperi delle varie professioni, in un rispetto reciproco, non ci deve essere condizionamento da parte del sistema di potere. Questa libertà mi sta a cuore per le giovani generazioni, la mia ha avuto la fortuna di riconoscerla e di viverla, ma temo un restringimento che riguarda non solo i musei, ma anche le università, tutte le professioni tecniche, tra cui anche quelle accademiche. Laddove c’è un eccesso di burocratizzazione, di negazione o di condizionamento delle competenze, che sia negli ospedali, nei musei, nelle università, ciò impoverisce i contesti progettuali e gestionali, toglie linfa e avvilisce le intelligenze. Mi sta a cuore perché è una cosa che vedo come un pericolo per le energie che spesso in Italia abbiamo. Nei musei ci vuole l’impegno quotidiano: non basta la creatività curatoriale, l’idea geniale, ci vuole un lavoro sistematico e approfondito perché siamo temporanei custodi di patrimoni da tramandare al futuro. La presenza continua e sistematica è indispensabile, non si può pensare di sostituirla con figure o con incarichi variabili o a breve termine. La grandezza dei musei del mondo è correlata a chi li ha diretti e gestiti per tempi lunghi.

 

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Mostra Concetto Pozzati, Cornice cieca (CAMeC 2012) ph. Enrico Amici

 

A un giovane che volesse intraprendere la sua carriera cosa consiglia?

Direi quello che consiglio ai miei allievi: andate dove c’è una lamentela, dove si dice “ qui non c’è niente”, sviluppate le vostre idee, portate progetti e vedrete che sbocceranno molti fiori, molte piante. Ci sono territori dove c’è ancora troppo poco, lì si deve costruire facendo il bene proprio e della collettività.