Mostre

 




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Michel Blazy, Fleurs de bain moussant, 2000, Plastica, 6 elementi, Dimensioni variabili, Courtesy l'artista e Art : Concept, Paris - Foto: Romain Darnaud
© Michel Blazy, by SIAE 2021

 

 

NULLA È PERDUTO  Arte e materia in trasformazione alla GAMeC

Il progetto coinvolge storici dell’arte, curatori, filosofi e scienziati per affrontare un discorso trasversale attorno al tema della materia, attivando un dialogo con la storia delle scoperte scientifiche e con lo sviluppo delle teorie estetiche. 

Dal 14 ottobre al 13 febbraio la GAMeC di Bergamo presenterà la mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione, a cura di Anna Daneri e Lorenzo Giusti, il secondo capitolo della Trilogia della Materia, un progetto espositivo pluriennale inaugurato nell’ottobre 2018 con la mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, a cura di Sara Fumagalli e Lorenzo Giusti.

Il progetto coinvolge storici dell’arte, curatori, filosofi e scienziati per affrontare un discorso trasversale attorno al tema della materia, attivando contestualmente un dialogo con la storia delle scoperte scientifiche e con lo sviluppo delle teorie estetiche. Il programma prevede un ciclo di tre mostre, accompagnate da altrettante pubblicazioni, contraddistinte dalla presenza di autori e opere di generazioni diverse.

Dopo il primo appuntamento del ciclo, dedicato all’essenza della materia in dialogo con le teorie della fisica moderna, la seconda mostra in programma rivolge lo sguardo al lavoro di quegli artisti che, in momenti diversi, hanno indagato le trasformazioni della materia traendo ispirazione dalla vita degli elementi per sviluppare una riflessione sulla realtà delle cose, sul mutamento e sul tempo.

“Rien ne se perd (nulla si perde)” è l’incipit della celebre massima attribuita a Lavoisier con la quale il chimico francese spiegava il senso generale della sua legge della conservazione della massa, la quale affermava che, nel corso di una reazione chimica, la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti. La materia, in altre parole, non si crea e non si distrugge.

Da questo principio fondamentale sarebbero scaturite alcune idee chiave per la modernità, che avrebbero portato poi alla definizione della teoria della relatività, all’individuazione di una sostanziale equivalenza tra massa ed energia e quindi alla convinzione, raccontata da scienziati, artisti, filosofi, di una materia sempre viva, sempre presente, e di un mondo in continua trasformazione.

Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione occuperà interamente gli spazi della GAMeC sviluppando un percorso di forte impatto sensoriale, data la natura materica e sinestetica delle numerose opere esposte, provenienti da importanti collezioni internazionali, sia pubbliche sia private. Le quattro sezioni della mostra – Fuoco, Terra, Acqua e Aria – riferiscono agli elementi naturali, intesi come stati di aggregazione della materia, e ne sondano le relazioni e le trasformazioni: fuoco/stato ardente; terra/stato solido; acqua/stato liquido; aria/stato gassoso.

Attraverso una ricca selezione di opere, la mostra andrà a comporre un quadro articolato capace di mettere in luce il forte legame che da sempre lega gli artisti alla chimica degli elementi e alle trasformazioni della materia. Un campo di indagine e di sperimentazione che nel nostro tempo trova anche una significativa declinazione sul piano della riflessione attorno all’impatto dell’azione dell’uomo sugli equilibri naturali (dalla reperibilità delle risorse alle trasformazioni climatiche).

L’esposizione raccoglierà opere di periodi diversi tra loro, dalle creazioni dada e surrealiste, indicative dell’interesse di alcuni autori – come Marcel Duchamp, Max Ernst, Man Ray o Leonora Carrington – per il tema dell’alchimia, alle produzioni di alcuni tra i più importanti esponenti delle neoavanguardie – da Yves Klein a Otto Piene, da Robert Smithson ad Hans Haacke – includendo le composizioni di alcuni artisti affini alle poetiche dell’Arte Povera – Pier Paolo Calzolari e Paolo Icaro –, opere scultoree e installazioni di autori emersi negli anni Ottanta – come Rebecca Horn o Liliane Lijn – fino ad arrivare alle ricerche recenti di alcuni tra i più significativi artisti internazionali delle ultime generazioni, come Olafur Eliasson, Wolfgang Tillmans, Cyprien Gaillard, Otobong Nkanga, Erika Verzutti e numerosi altri.

Sulla linea della pubblicazione che accompagnava Black Hole, il catalogo di Nulla è perduto sarà costituito dai contributi dei due curatori e da approfondimenti sulle opere in mostra affidati a storici dell’arte e curatori internazionali. Ogni sezione sarà introdotta da un testo di natura scientifica che indagherà le tematiche della mostra dalla prospettiva di esperti ricercatori.

Accompagneranno la mostra anche un ricco programma di attività per le scuole e un ciclo di incontri aperti al pubblico che vedranno la partecipazione di scienziati, ingegneri, chimici, storici dell’arte, artisti e filosofi.

Il programma, che prevede anche proiezioni di film, documentari e opere in video, si avvarrà per alcune parti della collaborazione di BergamoScienza e sarà orientato alla divulgazione scientifica e alla sensibilizzazione verso i linguaggi dell’arte, affrontando tematiche di vario genere, dalle nuove scoperte della chimica alle applicazioni del sapere nei diversi campi dell’industria, fino al rapporto tra arti visive e scienza.

La mostra si avvarrà della collaborazione della Fondazione Meru/Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica, già promotrice, tra il 2013 e il 2017, con Associazione BergamoScienza e GAMeC, del prestigioso Meru Art*Science Award, finalizzato alla promozione di progetti artistici legati allo sviluppo delle ricerche scientifiche.

Il nuovo programma di ricerca – Meru Art*Science Research Program – finanzierà la realizzazione di un progetto site-specific per lo Spazio Zero della GAMeC.

Per Nulla è perduto l’artista svedese Nina Canell presenterà una nuova installazione ambientale volta a indagare il territorio di confine tra le dimensioni dell’organico e dell’inorganico, tra materia vivente e materia inerte.

Partner della mostra alla GAMeC sarà la Fondazione Dalmine. Nata nel 1999 per iniziativa di TenarisDalmine con l’obiettivo di promuovere la cultura industriale, la fondazione si farà promotrice, sia nella sua sede di Dalmine sia in altre sedi, di una serie di laboratori per le scuole, incontri, corsi e altre attività coordinate dai Servizi Educativi della GAMeC legate alla trasformazione della materia nell’industria, alla tecnologia, alla robotica e alla città industriale, e guidate da un approccio creativo attento ai temi dell’ecologia e della rigenerazione dei materiali.

ARTISTI IN MOSTRA: Ignasi  Aballí, William Anastasi, Davide Balula, Lynda Benglis, Alessandro Biggio, Karla Black, Michel Blazy, Renata Boero, Dove Bradshaw, Victor Brauner, Dora Budor, Pier Paolo Calzolari, Nina Canell, Leonora Carrington, Giulia Cenci, Tony Conrad, Tania Pérez Córdova, Lisa Dalfino & Sacha Kanah, Giorgio de Chirico, Edith Dekyndt, Marcel Duchamp, Olafur Eliasson, Leandro Erlich, Max Ernst, Joana Escoval, Cerith Wyn Evans, Lars Fredrikson, Loïe Fuller, Cyprien Gaillard, Pinot Gallizio, Hans Haacke, Roger Hiorns, Rebecca Horn, Roni Horn, Paolo Icaro, Bruno Jakob,  Yves Klein, Gary Kuehn,  Liliane Lijn, Gordon Matta-Clark, David Medalla, Ana Mendieta, Otobong Nkanga, Jorge Peris, Otto Piene, Man Ray, Pamela Rosenkranz, Mika Rottenberg, Namsal Siedlecki, Roman Signer, Robert Smithson, Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger, Yves Tanguy, Wolfgang Tillmans, Erika Verzutti, Andy Warhol.

 

 




Maurizio Cattelan PHB 01 1140x760 

 Maurizio Cattelan, Breath, 2021, veduta dell'installazione presso Pirelli HangarBicocca, marmo di carrara, Courtesy l'artista, galleria Marian Goodman Gallery, Pirelli HangarBicocca, ph. Agostino Osio

  

MAURIZIO CATTELAN "Breath Ghosts Blind" al Pirelli HangarBicocca

 

Una visione della storia collettiva e personale attraverso una rappresentazione simbolica del ciclo della vita.

La mostra personale “Breath Ghosts Blind” di Maurizio Cattelan è a cura di Roberta Tenconi e Vicente Todolí negli spazi del Pirelli HangarBicocca e sarà visibile dal 15 luglio fino al 22 febbraio 2022.

È uno degli artisti italiani più noti al mondo. Attraverso la sua pratica e nel corso della sua trentennale carriera artistica, ha messo in scena azioni considerate spesso provocatorie e irriverenti. Le sue opere sottolineano i paradossi della società e riflettono su scenari politici e culturali con profondità e acume. Facendo uso di immagini iconiche e di un pungente linguaggio visivo, i suoi lavori suscitano spesso accesi dibattiti favorendo un senso di partecipazione collettiva. Nel concepire opere a partire da immagini che attingono a momenti, eventi storici, figure o simboli della società contemporanea – evocata a volte anche nei suoi aspetti più disturbanti o traumatici – l’artista invita lo spettatore a cambiare punto di vista e a riconoscere la complessità e l’ambiguità del reale. 

Maurizio Cattelan ha concepito un progetto espositivo specifico per gli spazi di Pirelli HangarBicocca, offrendo una visione della storia collettiva e personale attraverso una rappresentazione simbolica del ciclo della vita.

Nel coniugare nuove opere con la riconfigurazione di un lavoro storico, la mostra si sviluppa in una sequenza di atti distinti che affrontano temi e concetti esistenziali come la fragilità della vita, la memoria e il senso di perdita individuale e comunitario. L’inedito progetto site-specific metterà in discussione il sistema di valori attuale, tra riferimenti simbolici e immagini che appartengono all’immaginario collettivo.

Suoi progetti e mostre monografiche sono state presentate in istituzioni di rilievo internazionale, tra cui Blenheim Palace, Oxfordshire (2019); Monnaie de Paris (2016); Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2016 e 2011); Fondation Beyeler, Riehen/Basilea (2013); Ujazdowski Castle Centre for Contemporary Art, Varsavia (2012); Palazzo Reale, Milano, The Menil Collection, Houston, Deste Foundation Project Space, Hydra (2010); Kunsthaus Bregenz (2008); MMK Museum für Moderne Kunst, Francoforte (2007); Fondazione Nicola Trussardi, Milano, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento (2004); MOCA Museum of Contemporary Art, Los Angeles, Ludwig Museum, Colonia (2003); Museum of Contemporary Art, Chicago (2002).

Maurizio Cattelan ha inoltre preso parte a importanti rassegne collettive, tra cui Yokohama Triennale (2017 e 2001); Biennale di Venezia (2011, 2009, 2003, 2001, 1999, 1997 e 1993); Gwangju Biennale (2010); Biennale of Sydney (2008); Whitney Biennial, New York, Seville Biennial (2004); Biennale de Lyon (2003), Skulptur Projekte Münster (1997).Finalista del Guggenheim Hugo Boss Prize (2000), l’artista ha ricevuto il premio Quadriennale di Roma (2009), l’Arnold-Bode Prize, Kassel (2005), la laurea honoris causa in Sociologia dall’Università degli Studi di Trento (2004) e il titolo diProfessore honoris causa in scultura dall’Accademia di Belle Arti di Carrara (2018).

 

 




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  Lisetta Carmi, Orgosolo (bambino vicino al murale), 1962, courtesy Archivio Lisetta Carmi

  

Il MACTE – Museo di Arte Contemporanea di Termoli presenta LISETTA CARMI Voci allegre nel buio

 

Una selezione di fotografie e materiali d’archivio inediti che raccontano quel paesaggio naturale e sociale condiviso da Sardegna e Molise, oggi quasi scomparso.

Al MACTE di Termoli verrà presentata una rilettura della mostra prodotta dal MAN di Nuoro nel 2020 che propone fotografie scattate tra il 1962 e il 1976 da Lisetta Carmi in Sardegna, ritraendo luoghi, persone e mestieri in vicinanza.

Dal 15 settembre 2021 al 16 gennaio 2022 la mostra LISETTA CARMI. Voci allegre nel buio, a cura di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini, porta al MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli il lavoro di una delle fotografe italiane più importanti del Novecento: un progetto ambizioso, testimone di un sentire comune, e di un paesaggio naturale e antropologico condiviso tra Sardegna e Molise.

70 fotografie realizzate da Lisetta Carmi tra il 1962 e il 1976 in Sardegna, insieme a materiali d’archivio inediti compongono, nel primo museo di arte contemporanea del Molise, un racconto capace di travalicare i confini geografici.

“Grazie a questa mostra costruiamo un ponte metaforico tra Sardegna e Molise – sottolinea Caterina Riva, Direttrice del MACTE – reso possibile dalle straordinarie immagini realizzate da Lisetta Carmi e dall'attenta curatela di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini. Sono felice che un nuovo pubblico possa scoprire il lavoro di una figura centrale del Novecento italiano, e abbracciare con lo sguardo un paesaggio naturale, sociale e antropologico comune"

La mostra viene riconfigurata per gli spazi del MACTE ponendo l’accento su quei tratti in comune che caratterizzano il paesaggio del Sud Italia: scatti del paesaggio che si modifica con l’intervento umano, i corsi d’acqua, la pastorizia e la montagna si accompagnano a ritratti di vita sociale, di lavoro e di celebrazioni.

Due sale del MACTE ospitano una selezione di opere della collezione permanente del museo che articolano diverse interpretazioni di “paesaggio”, come nelle opere della Collezione del Premio Termoli di Elisa Montessori, Bianca Santilli, Mario Schifano e Giulio Turcato.

Lisetta Carmi (Genova, 1924) nasce da una famiglia borghese di origini ebraiche e sarà per questo costretta all'esilio in Svizzera in tenera età. Dopo un lungo periodo dedicato alla musica e al pianoforte, Carmi abbandona la carriera di pianista per dedicarsi alla fotografia come mezzo di impegno politico e di personale ricerca interiore. Autodidatta, impara le basi del mestiere lavorando per tre anni come fotografa di scena al teatro Duse, nella sua città, quindi compie una serie di reportage, come quello sui lavoratori del porto di Genova. Il suo impegno nella fotografia prosegue compiendo numerosi viaggi in Israele tra il 1958 e il 1967, quindi in America Latina nel 1969, per spostarsi poi in Oriente, visitando l'Afghanistan, il Pakistan, l'India e il Nepal. Tra il 1962 e il 1974 si reca con frequenza in Sardegna, documentando con i suoi scatti la vita sociale dell'isola, in particolar modo in Barbagia.

Nel 1972 è pubblicato il volume I travestiti, che provoca un certo scandalo. In uno dei viaggi in Oriente conosce Babaji, un incontro che segna una svolta radicale nella sua vita e la porta nel 1979 a fondare l'ashram Bhole Baba a Cisternino in Puglia, dove si dedica alla pratica e alla divulgazione degli insegnamenti del suo maestro.

 

 




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  Iva Lulashi. Più pallida dell'erba, 2021. Olio su tela, 90x90 cm. Courtesy l'artista

  

Il Comune di Vernazza presenta Iva Lulashi “Libere e desideranti” Da un’idea e a cura di Giuseppe Iannaccone

 

Sono esposti per la prima volta in questa occasione i dipinti più recenti dell'artista, realizzati nel corso del 2021, tutti inediti e ispirati da un periodo di permanenza di Iva Lulashi a Corniglia.

Il Comune di Vernazza è lieto di presentare “Libere e desideranti”, mostra personale di Iva Lulashi (Tirana, 1988. Vive e lavora a Milano) da un’idea e a cura di Giuseppe Iannaccone, all'Oratorio dei Disciplinati di Santa Caterina di Corniglia (SP), aperta al pubblico dall’8 agosto 2021 e visitabile fino al 30 settembre 2021.

Sono esposti per la prima volta in questa occasione i dipinti più recenti dell'artista, realizzati nel corso del 2021, tutti inediti e ispirati da un periodo di permanenza di Iva Lulashi a Corniglia.

Nel cuore antico del borgo ligure, la pittura si confronta con uno spazio e un contesto inediti, nel dialogo prezioso con l'architettura settecentesca dell'Oratorio dei Disciplinati e con la sua semplice ma intatta dimensione spirituale, in un contatto ravvicinato con la vita che scorre intorno, fuori, nei vicoli e nelle piazze e nella natura, Patrimoni Unesco, delle Cinque Terre.

La mostra, realizzata grazie al contributo di Fondazione Carispezia nell’ambito del Bando Aperto 2021 nel settore Arte e Cultura, fortemente voluta dal Comune di Vernazza e nata da un’idea dell'avvocato e collezionista Giuseppe Iannaccone, vuole essere la prima di una serie di iniziative ed eventi espositivi da realizzarsi nelle Cinque Terre “di modo da porre all’attenzione questi territori, non soltanto per la loro grande bellezza, ma anche quali terre d’arte”, suggerisce il Sindaco di Vernazza Francesco Villa, che, in collaborazione con Giuseppe Iannaccone, immagina in questo contesto nuove possibilità dedicate in particolare alla giovane arte italiana.

Giuseppe Iannaccone afferma: “Mi è venuta questa idea pensando ai grandi artisti che negli anni si sono innamorati delle Cinque Terre, fra tutti cito solo Renato Birolli, Alighieri Boetti e da ultimo Michelangelo Pistoletto che ha accolto questa iniziativa con grande entusiasmo”.

In questa occasione un'opera di Iva Lulashi, scelta dagli abitanti di Corniglia tra quelle esposte sarà donata al paese di Corniglia dall'ideatore della mostra Giuseppe Iannaccone: "Quello che vorrei realizzare alle Cinque Terre è un punto di riferimento della giovane arte italiana da mostrare ai turisti che in estate arrivano qui da tutto il mondo."

La pittura di Iva Lulashi indaga la complessità della dimensione collettiva e dell'esperienza individuale, mescolando i confini tra le sfere del politico, del sociale, del vissuto.

A partire da frammenti di video rintracciati nel flusso continuo della rete, Lulashi sovrappone memorie passate e immaginari presenti e pone al centro della propria riflessione la centralità del corpo, dell'erotismo e del desiderio nella determinazione dell'esistenza.

Dopo aver ripercorso le tracce di un passato politico, quello albanese, solo parzialmente vissuto, attingendo ai filmati della propaganda comunista per le opere che hanno trovato spazio per la prima volta nel 2018 nella collettiva di artisti albanesi organizzata in collaborazione con Adrian Paci nello studio di Giuseppe Iannaccone a Milano e nella prima mostra personale dell'artista alla Prometeo Gallery di Milano, la ricerca dell'artista si concentra ora sulla potenza e la seduzione delle immagini erotiche.

Privilegiando un punto di vista dichiaratamente femminile e trasformando una strategia estetica in una battaglia etica e politica contro gli stereotipi culturali e visivi dominanti, il campo della pittura mira a sovvertire il controllo che il potere esercita sulle vite degli individui.

La mostra è accompagnata da un catalogo con un’intervista e testi di Giuseppe Iannaccone, Antonio Grulli, Cristina Masturzo, Rischa Paterlini, Carlo Sala e Gloria Vergani.

 

 




Vittorio Accornero 

 

 
Vittorio Accornero – Edina Altara. "Gruppo di famiglia" con immagini al MAN
 

Vuole riportare l’attenzione sull’operato dei due artisti e illustratori, indagando le complesse vicende biografiche e creative che li hanno visti uniti a partire dalle loro prime opere individuali.

Gruppo di famiglia con immagini, mostra curata da Luca Scarlini e dedicata a Vittorio Accornero de Testa (Casale Monferrato, 1896 - Milano, 1982) e Edina Altara (Sassari, 1898 - Lanusei, 1983) vuole riportare l’attenzione sull’operato dei due artisti e illustratori, indagando le complesse vicende biografiche e creative che li hanno visti uniti a partire dalle loro prime opere individuali degli anni Venti sino agli anni Ottanta del Novecento.

In questa occasione e con il contributo importante di un gruppo di scenografi attivi con il Teatro di Sardegna – Loïc Hamelin, Sabrina Cuccu e Sergio Mancosu – il MAN si trasforma in un libro di fiabe, un caleidoscopio di immagini d’eleganza novecentesca. Va in scena la fiaba di due artisti sospesi tra la Sardegna, l’Italia continentale e il mondo. La mostra è un racconto della fiaba di Altara e Accornero scandito in capitoli nelle sale della mostra, tra i territori della grafica - come nel caso delle immagini per il transatlantico Rex, e l'invenzione di oggetti tra design e architettura - gli specchi di Edina e le rivisitazioni architettoniche neo-rococò di Accornero in Piemonte.

La mostra è accompagnata da un importante catalogo edito dal MAN con Silvana Editoriale e corredato da saggi critici di Luigi Fassi, Luca Scarlini, Pompeo Vagliani, Silvia Mira, Lauretta Colonnelli, Aurora Fiorentini, Giorgia Toso e Federico Spano.

Il progetto Via San Gennaro è vincitore della quarta edizione dell’Italian Council (2018), concorso ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del MiC- Ministero della Cultura per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo, finanziando nuove opere di alcuni dei più significativi artisti italiani in collaborazione strategica con istituzioni museali italiane e internazionali. In questa occasione il MAN ha sviluppato un percorso di sostegno a Sonia Leimer in partnership con l’International Studio & Curatorial Program (ISCP) di New York - uno dei più affermati incubatori di produzioni innovative di arte contemporanea a livello globale - dove il progetto è stato presentato in anteprima dal settembre 2019 al gennaio 2020 a cura di Kari Conte e Luigi Fassi.

Via San Gennaro è l’esito di una residenza intensiva di diversi mesi dell’artista a New York. Nel corso del soggiorno Sonia Leimer ha condotto una ricerca sulle memorie italiane di Little Italy a Manhattan, quartiere newyorchese simbolo della storia della migrazione italiana negli Stati Uniti, in particolare dalle regioni meridionali e mediterranee, crocevia di destini individuali e collettivi tra il Novecento e il nuovo millennio.

Articolata in opere scultoree, video e disegni, la mostra è una ricognizione di un insieme di tracce, fenomeni e sedimenti urbani capaci di raccontare le trasformazioni di Little Italy assieme all’inesorabile sparizione delle memorie italiane. La mostra prende titolo dalla celebrazione della Festa di San Gennaro che ha luogo ogni anno a settembre a Little Italy dal 1924.
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo edito dal MAN con ISCP e Mousse Publishing e corredato da saggi critici di Alessandra Cianchetta, Kari Conte e Luigi Fassi.