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Love di Luisa Rabbia

 

Mamma Mia! di Emma Hart - Love di Luisa Rabbia  

La Collezione Maramotti è lieta di presentare queste due mostre visitabili dal 15 ottobre fino al 18 febbraio 2018

Collezione Maramotti è lieta di annunciare le mostre Mamma Mia! di Emma Hart e  Love di Luisa Rabbia, che apriranno al pubblico da domenica 15 ottobre 2017 fino al 18 febbraio 2018. 

Emma Hart, vincitrice della sesta edizione del Max Mara Art Prize for Women, dopo la prima tappa londinese alla Whitechapel Gallery (12 luglio – 3 settembre 2017) presenta la nuova grande installazione Mamma Mia! alla Collezione Maramotti, da cui sarà acquisita. L’allestimento dell’artista alla Collezione presenta delle interessanti variazioni rispetto alla mostra londinese, in base alle caratteristiche dello spazio che la ospita.

L’installazione consiste di una famiglia di grandi teste di ceramica che sembrano dialogare tra loro: ogni scultura ha la forma di una brocca, in cui il becco rappresenta un naso e l’apertura una bocca. Prodotte dall’artista a Faenza in stretta collaborazione con gli artigiani della ceramica, le sculture sono smaltate e incorporano sulla loro superficie e al loro interno motivi vivaci, disegnati e dipinti a mano dall’artista, frutto di una ricerca condotta sui disegni e sulla pratica della tradizione italiana della maiolica. Mamma Mia! inoltre rappresenta il risultato finale di un’indagine sui modelli visivi e sugli schemi del comportamento psicologico, su come disegnarli e poi sovvertirli e sulle riflessioni intermedie. Lo spazio tra lo spettatore e l’oggetto è come sempre fondamentale nel lavoro di Hart, uno spazio arricchito da una visione molto personale che l’artista ha tratto dalle sue esperienze in Italia: il calore, la luce e il colore, il linguaggio e le dinamiche familiari in un contesto insolito.

La mostra è il risultato di una residenza di sei mesi organizzata specificamente per il suo progetto, che, a partire da giugno 2016, si è svolta in tre città italiane: Milano, Todi e Faenza, con una tappa a Roma. Nel corso della residenza, Hart ha potuto frequentare, alla scuola Mara Selvini Palazzoli, lezioni sull’Approccio Sistemico di Milano, un metodo costruttivista di terapia familiare che prevede rievocazioni fisiche e studio dei comportamenti reiterati. A Roma Emma Hart ha visitato una serie di monumenti funerari insieme a Katherine Huemoeller, una ricercatrice dell’Università di Princeton che ha condotto recentemente indagini sulle relazioni e sulle strutture familiari nell’antica Roma. A Todi, in Umbria, Hart ha scoperto la maiolica, la tecnica a smalto della tradizione ceramica italiana, che l’ha portata a creare i motivi inseriti nella sua opera prima di concludere la residenza a Faenza, luogo in cui ha iniziato a consolidare e sperimentare nuove tecniche ceramiche.

La mostra è accompagnata da un catalogo illustrato, corredato da alcuni contributi critici. Mamma Mia! sarà esposta anche alla Fruitmarket Gallery di Edimburgo nell'autunno del 2018. Emma Hart realizza opere che catturano la confusione, lo stress e il disgusto indotti dall’esperienza del quotidiano. Alla costante ricerca di vita ed emozioni reali, Hart impiega la ceramica per creare installazioni claustrofobiche che coinvolgono fisicamente ed emotivamente il pubblico o per dare vita a opere più piccole che si protendono verso chi osserva. Di frequente nei suoi lavori sono presenti emanazioni verbali e visive, e l’impiego della creta è spesso corporeo, teso a formare elementi che mimano parti del corpo, surrogati dell’azione e del lavoro umano.

La mostra di Luisa RabbiaLove, accoglie un corpo di dieci opere realizzate dal 2009 al 2017, tutti lavori acquisiti dalla Collezione Maramotti che da molti anni segue la sua ricerca.

Love include interventi su carta e su tela – che rappresentano un passaggio significativo del suo lavoro dal disegno alla pittura – un libro d’artista e un’importante opera site-specific, realizzata direttamente sulla parete dello spazio espositivo durante la sua residenza in Collezione. La mostra prende il titolo da un grande dipinto, mai esposto in precedenza, che fa parte della trilogia Love-Birth-Death, l'ultimo progetto dell’artista.

Accompagna l’esposizione una pubblicazione, realizzata per l’occasione, con un contributo di Mario Diacono.

Nella sua opera Rabbia riflette sulla condizione esistenziale, sulla connessione fra gli esseri umani e l'ambiente che li circonda. I suoi lavori evocano membrane composte da ragnatele di segni leggeri che convivono con improvvise amputazioni e rotture, con linee decise, con impronte che ci conducono all’interno di una nebulosa, di una fluida struttura organica al contempo intima e sociale.

L’impiego del colore blu rimanda a mondi interiori, al sangue nelle vene e alla linfa che scorre in radici profonde, ma il blu è anche il colore di una pelle universale che si estende fino a diventare un sottile e fragile paesaggio. Impronte digitali, ripetute su ampie superfici, conferiscono e rafforzano un movimento, uno spostamento ondivago di energia fisica all’interno dell'opera, un corpo a corpo con la pittura. Rimandano ad un'umanità non classificabile attraverso sesso o etnia, ma pur sempre composta di molteplici singolarità. Cellule del corpo o tracce umane, le impronte nei quadri dell'artista invitano l'osservatore a cercare parallelismi fra un paesaggio interiore ed esteriore, fra storie e memorie personali e collettive.

Per Luisa Rabbia il segno, realizzato con matite colorate, rappresenta una scelta d’elezione, capace di costruire istintive narrazioni. La continuità del suo gesto fisico nello spazio della carta o della tela, nutre il ritmo della creazione attraverso un'accumulazione di tracce capaci di restituirci una dimensione che va oltre al tempo, in una prospettiva di crescita infinita.