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Stefano Arienti "Altana" 

Tre distinti interventi site specific sulle pendici del Titano, realizzati in importanti sedi pubbliche museali istituzionali per l’arte contemporanea. 

Nella Repubblica di San Marino dal 18 settembre 2022 prende corpo la mostra Altana di Stefano Arienti, a cura di Fabio Cavallucci. Il progetto espositivo, fortemente voluto da Claudio Poleschi - mancato purtroppo qualche settimana fa - e dedicato alla sua memoria, trova l’ospitalità e la collaborazione della Segreteria di Stato per l’Istruzione e la Cultura, degli Istituti Culturali – Musei di Stato – Galleria Nazionale di San Marino.

Tre distinti interventi site specific sulle pendici del Titano, realizzati in importanti sedi pubbliche museali istituzionali per l’arte contemporanea – la Galleria Nazionale, le Cisterne di Palazzo Pubblico e la Ex Galleria Ferroviaria Il Montale –, sono la sostanziale premessa dell’esposizione presso la Claudio Poleschi Arte Contemporanea situata sul confine del piccolo Stato.

Stefano Arienti è uno dei maggiori artisti italiani contemporanei che ha caratterizzato la scena artistica italiana degli anni Novanta. Arienti è già parte del percorso e della storia artistica di San Marino nella cui Galleria Nazionale, nel 1995, ha esposto nella mostra Le Mille e una Volta curata da Giacinto Di Pietrantonio e Laura Cherubini.

Alla Galleria Nazionale, che nelle sue sale presenta opere della collezione permanente – da Vedova, Cagli, Birolli e Guttuso a Enzo Mari e Luigi Ontani – Stefano Arienti interviene sulle grandi finestre con una serie di disegni disposti come tende, visibili in controluce. Intitolati Viste, sono vedute di paesaggi osservati dal Titano. Lo sguardo a volo d’uccello ricorda i paesaggi che non lontano da qui, sullo sfondo dei ritratti di Piero dei Duchi di Urbino, aprivano a una cultura nuova, moderna, europea, la cui concezione prospettica avrebbe ben presto unificato le varie visioni locali medievali.

Nelle antiche Cisterne del Palazzo Pubblico, che fino agli anni Sessanta hanno rappresentato la principale fonte di approvvigionamento d’acqua della Repubblica e che da poco hanno ospitato School of waters – Young Artists Biennial MEDITERRANEA19, Arienti gioca sugli effetti di luccicanza del vetro costruendo una sagoma d’Europa attraverso l’accostamento di contenitori di forme e riflessi diversi. Gocce, vista dall’alto, baluginante nell’oscurità degli antri sotterranei, nel cuore profondo del piccolo stato, sembra suggerire l’anelito di tante diverse individualità che aspirano a riconoscersi come un’unica comunità.

Arienti interviene inoltre nell‘Ex Galleria Ferroviaria Il Montale, celebre per avere ospitato, durante la Seconda guerra mondiale, migliaia di rifugiati del comprensorio per salvarsi dai bombardamenti sotto l’ombrello di neutralità del Governo del Titano. Nel primo tunnel che venne riaperto per ospitare una delle prime manifestazioni dedicate all’arte pubblica site specific nel 1991 – Provoc’Arte a cura di Roberto Daolio – Arienti erige Castello, una struttura di pietre e libri, resi coesi da miele e strutto. Nel cuore della terra, in un anfratto da cui si apre un corridoio che consente uno sguardo verso l’esterno, sul paesaggio, la struttura è una sorta di omaggio a Joseph Beuys e raccoglie gli elementi fondamentali di cui il mondo è costituito: il pensiero e la materia, la res cogitans e la res extensa, quasi a rappresentare la base, il cuore pulsante dell’esistenza.

Infine, alla Claudio Poleschi Arte Contemporanea Arienti espone esempi di gran parte del suo percorso artistico.

Diverse sono le tipologie di lavori, dai più recenti, come le immagini stampate su microciniglia o i paesaggi riprodotti su carta poi stropicciata per conferirle una materica tridimensionalità, dalle immagini perforate e mostrate solo dal retro a quelle, di invenzione recentissima, con coaguli di gocce che filtrano vedute fotografiche, fino ai più vecchi, come gli storici poster di celebri dipinti ritoccati con plastilina che sono diventati una sorta di cifra stilistica dell’artista. Arienti non limita la sua presenza nelle sale espositive, ma la espande negli uffici e nei magazzini, invadendo con i suoi lavori gli spazi dove continuano a essere collocate le opere della collezione della galleria, da Licini a Schnabel, da Uncini a Paladino, con le quali entra in dialogo.

Il progetto raccoglie dunque una serie di interventi diversi, precisi e meditati, in cui l’artista rivisita tecniche e metodi sviluppati nel corso della sua carriera e rilancia il suo interesse per l’intervento negli spazi pubblici, rinnovando la tradizione italiana che ha visto sempre l’arte nascere in chiese e in palazzi piuttosto che in musei. È un’occupazione discreta quella di Stefano Arienti a San Marino, che l’artista ama pensare come l’”altana d’Europa”, dalla cui altezza, la vista del mondo che cambia si allarga, collocando le vicende della cronaca nella dimensione ampia della storia umana.

Gli interventi negli spazi istituzionali e la mostra in galleria resteranno visibili fino al 31 gennaio 2023.

Altana di Stefano Arienti non è un progetto isolato, ma il primo appuntamento di una serie di iniziative intitolata SM-Art. Sensibilità artistiche dagli anni Novanta, promosso dalla Claudio Poleschi Arte Contemporanea che nel corso del tempo punterà a esporre alcuni dei più significativi artisti di quella generazione e a farli dialogare con il territorio e le sue istituzioni. SM-Art. Sensibilità artistiche dagli anni Novanta si avvale di un comitato scientifico composto da Fabio Cavallucci, Giacinto Di Pietrantonio e Angela Vettese.

INFO

Stefano Arienti - Altana

a cura di Fabio Cavallucci

dal 18 settembre 2022 al 31 gennaio 2023

San Marino:

– Galleria Nazionale di San Marino

dalle 9 alle 16.30, tutti i giorni compresi i festivi (tranne 2 novembre, 25 dicembre, 1 gennaio)

– Antiche Cisterne del Palazzo Pubblico

(prenotazione necessaria 0549 888241, visite a piccoli gruppi)

– Ex Galleria Ferroviaria Il Montale

aperta al pubblico in ogni orario

– Claudio Poleschi Arte Contemporanea

dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 16.00 e su prenotazione

 



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Aldo Rossi. Design 1960-1997, Installation view at Museo del Novecento. Ph: Francesco Carlini

 

Prorogata la mostra di "ALDO ROSSI. DESIGN 1960-1997" al Museo del Novecento

 

Prosegue anche il public program che fino al 4 novembre approfondisce la figura di uno dei protagonisti della cultura visiva del XX secolo con talk, proiezioni di film e documentari.

Il Museo del Novecento annuncia la proroga fino al 6 novembre 2022 di Aldo Rossi. Design 1960-1997 a cura di Chiara Spangaro.

La mostra - che racconta l’universo di Aldo Rossi in nove sale, in cui emerge la relazione tra opere grafiche e prodotti artigianali e industriali, con riferimenti alle sue architetture e al suo spazio privato - espone per la prima volta più di 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati da Rossi dal 1960 al 1997.

Accanto alla mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, con un progetto di allestimento firmato da Morris Adjmi - MA Architects - collaboratore e associato di Rossi a New York – prosegue anche il public program con talk e proiezioni di film e documentari che, attraverso un dialogo interdisciplinare tra le arti, approfondiscono la figura di Rossi architetto, designer, teorico e critico, tra i maggiori protagonisti della cultura visiva del XX secolo.

 

20 settembre 2022, ore 19.00 | PROIEZIONE - Aldo Rossi Design (2022) e Ornamento e delitto (1973)

Cinema Arlecchino

via San Pietro all’Orto 9 - Milano

Ingresso libero fino a esaurimento posti

4 ottobre 2022, ore 18.00 | TALK - Aldo Rossi, Milano, Il Duomo e l’anima della città

Museo del Novecento, piano terra

Piazza Duomo 8 - Milano

Ingresso gratuito con prenotazione

19 ottobre 2022, ore 18.00 | PROIEZIONE - Aldo Rossi Design (2022)

Museo del Novecento, piano terra

Piazza Duomo 8 - Milano

Ingresso gratuito con prenotazione

4 novembre 2022, ore 18.00 | TALK - Aldo Rossi. Piccole e grandi architetture

Museo del Novecento, piano terra

Piazza Duomo 8 - Milano

Ingresso gratuito con prenotazione

Aldo Rossi. Design 1960-1997

a cura di Chiara Spangaro

Museo del Novecento

Fino al 6 novembre 2022

Ingresso compreso nel biglietto di accesso al Museo Intero € 10,00 | Ridotto € 8,00

Sede

piazza Duomo 8, Milano

Orari

Da martedì a domenica dalle 10.00 alle 19.30 Giovedì orario prolungato alle 22.30

Lunedì chiuso

Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura

Contatti

tel. 02 88444061 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

per prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

www.museodelnovecento.org

Facebook: MuseodelNovecento | Twitter: @museodel900 | Instagram: @museodel900

 



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Mostra "Fiori della scogliera" del duo Bloom&me in occasione della 17a edizione di Milano Photofestival

 

In mostra le tavole originali che hanno dato vita all'omonimo libro d'artista FIORI DELLA SCOGLIERA. Il volume racconta e interpreta la potenza e la bellezza della natura di Porto Venere. 

In occasione della 17a edizione di Milano Photofestival allo Spazio Fular è aperta fino al 29 settembre "Fiori della Scogliera" del duo Bloom&me (Carolina Trabattoni e Valeria Vaselli). In mostra le tavole originali che hanno dato vita all'omonimo libro d'artista FIORI DELLA SCOGLIERA. Il volume, a tiratura limitata, racconta e interpreta la potenza e la bellezza della natura di Porto Venere. 

Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà, che ha scritto anche l'introduzione del libro: "La natura vince sempre: in modo silenzioso e inesorabile, fessura dopo fessura, granello dopo granello, rielabora e rioccupa gli spazi occupati solo momentaneamente dall'essere umano. Fiori della scogliera del duo Bloom&Me è una sorta di favola contemporanea per adulti che racconta e rende omaggio alla discreta potenza della natura. Il punto di partenza è un luogo dalla storia esemplare, la cava dismessa dei Fratelli Canese a precipizio sul mare ligure di Portovenere. Per secoli da queste cave si estrasse il prezioso Portoro, stupendo marmo nero venato di oro, ma ogni intervento umano non dura per sempre e così oggi la natura ha ritrovato qui il proprio posto e prospera all’interno del Parco Naturale di Portovenere. La brezza marina ci accompagna attraverso il susseguirsi incalzante delle opere realizzate dalle artiste – Carolina Trabattoni e Valeria Vaselli - unendo la fotografia con il disegno a china. Lo sguardo fotografico di Carolina (sempre fotografia digitale da cellulare), che ritrae la natura sempre dal basso verso l'alto, trasforma i fiori in monumentali architetture. Se grazie al suo sguardo una ritrovata grandiosa natura riprende forma, dal segno sottile di Valeria si genera un intenso gioco di luci, ombre e rimandi caleidoscopici. Le artiste riescono così non solo a cristallizzare la bellezza della natura, ma anche a sublimarne il continuo e incessante divenire: non c’è turbamento, tutto è perché deve essere nel mondo e nella natura che spesso calpestiamo non curanti. Le pagine del libro ci trasportano così in medias res in un mondo onirico al di là del tempo in cui regna un'armonia giocosa, quasi infantile. I colori pastello, la luce diffusa, il cielo in lontananza ci fanno vivere l'emozione di essere api in un eden fiorito che volano all'ombra di ricche fronde tra fiori finora solo sognati, che parlano allo stupore dei nostri più caldi ricordi di infanzia ... coricati su un prato, cullati dal vento e dal mare".
 
Per info e visite scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
335 7748726

Fiori della scogliera
Bloom&me (Carolina Trabattoni e Valeria Vaselli) 
a cura di Sabino Maria Frassà
aperta al pubblico 16-29 settembre 2022
In occasione della 17a edizione di Milano Photofestival

Spazio Fular
Via Melzo 34, Milano
lun-ven 11:00 - 14:30 / 17:00 - 19:30
sab - dom 17:00 - 18:30

 



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Pietro Roccasalva, La Sposa Occidentale, 2021, olio su tela, 72.7 x 57.3 cm. Collezione privata, Genova.

 

Pietro Roccasalva "Chi è che ride" in mostra alla Collezione Olgiati di Lugano

 

La mostra, la prima dedicata all’artista da un’istituzione svizzera, nasce con l’idea di presentare e ricostruire alcuni nuclei fondamentali della sua produzione attraverso un progetto che mette insieme circa 50 opere 

Dal 18 settembre al 18 dicembre 2022 la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta Chi è che ride, una mostra personale dell’artista italiano Pietro Roccasalva.

La mostra, la prima dedicata all’artista da un’istituzione svizzera, nasce con l’idea di presentare e ricostruire alcuni nuclei fondamentali della sua produzione attraverso un progetto che mette insieme circa 50 opere, dalla fine degli anni Novanta ad oggi, tra nuove produzioni, lavori inediti provenienti dallo studio dell’artista e altri da prestigiose collezioni pubbliche e private.

Il lavoro di Pietro Roccasalva ha a che fare con la pittura come campo di azione specifico, anche quando contempla l’utilizzo di altri media che sono sempre parte integrante del processo che precede e segue la realizzazione di un’immagine pittorica. La ricerca formale e concettuale che l’artista ha portato avanti negli ultimi vent’anni, si muove infatti all’interno di un campo d’indagine ampio in cui la pratica pittorica incrocia altri mezzi espressivi come scultura, fotografia, video e performance, all’insegna di una contaminazione linguistica che ha però sempre il suo punto di partenza e di arrivo nella pittura. Attraverso una pluralità di riferimenti che spaziano dal quotidiano alla storia dell’arte, dal cinema, la letteratura e la filosofia alla cultura digitale e mediatica, Roccasalva ha elaborato un vasto repertorio iconografico fatto di personaggi, oggetti, architetture e un vocabolario molto personale in cui le tecniche e i generi pittorici più tradizionali incontrano le più recenti pratiche digitali.

Ad aprire il percorso espositivo è un’insegna al neon Chi è che ride (2022) che, oltre a dare il titolo alla mostra, fa da introduzione all’intero progetto perché racchiude il senso di tutta la ricerca dell’artista: una riflessione sulla crisi del Soggetto, e dunque dell’identità, dell’immagine e della forma.

Alle spalle della grande insegna al neon, la prima sala mette insieme per la prima volta un gruppo significativo di opere pittoriche tratte da Just Married Machine #1, il tableau vivant del 2012 con una coppia di sposi all’interno di un paesaggio affollato di oggetti ideati e realizzati per l’occasione. In mostra la restituzione pittorica di questo soggetto passa attraverso diversi momenti che ne raccontano la genesi e l’evoluzione, a partire dagli studi su carta nascosti sul retro delle moleskine di Rear Window (2016) fino alle grandi tele che ritraggono la coppia, Study from Just Married Machine (2018; 2019; 2022), e ai piccoli dipinti in bianco e nero della serie Hetalvó (2018).

Il personaggio della sposa diventa anche protagonista di un’intera sala che mette insieme una selezione di trenta disegni inediti e una serie di dipinti recenti intitolati La Sposa Occidentale (2021), mentre l’incontro tra maschile e femminile, animato e inanimato ritorna in The Argon Welder (2019), un ciclo che tematizza il gesto artistico e il suo potere di sublimare l’ordinario cambiando la sostanza delle cose. Non mancano dipinti dedicati ai personaggi forse più noti del repertorio dell’artista: l’ascensorista di The Skeleton Key (2007; 2015) e il cameriere de Il Traviatore (2012; 2014). Queste opere raccontano l’evoluzione stilistica che si accompagna al susseguirsi delle variazioni iconografiche, oltre che la versatilità tecnica di Roccasalva che usa indifferentemente la pittura a olio o ad acrilico, così come il carboncino o il pastello morbido non fissato.

Dalle scene affollate di oggetti e figure della prima sala, si arriva nell’ultima a una serie di dipinti apparentemente monocromi, che sono allo stesso tempo imprimiture – il primo strato di un nuovo dipinto – e d'après di celebri quadri futuristi che l’artista ha realizzato mescolando tutti i pigmenti delle opere originali. Roccasalva immagina i futuristi nel loro slancio verso il progresso fondersi come degli Icaro per essersi avvicinati troppo al sole. Quello del sole è un motivo centrale nell’universo visionario dell’artista: Giocondità, una cattedrale con al posto della cupola uno spremiagrumi che ruota con la luce del giorno, ne visualizza l'entropia e la graduale morte. In mostra una sequenza di sei dipinti ritrae questa architettura da diversi punti di vista e in vari momenti della giornata, dall'alba al tramonto. A chiudere il percorso espositivo è Fanfaro (2014): un fanciullo che gioca a mordere la coda di un varano mentre l’animale tiene tra gli artigli un arancino, elemento che ricorre nel lavoro dell’artista come immagine del sole morto. La scultura sembra il rovesciamento del “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio ma evoca tanto altro, per esempio il Putto sopra un Drago di Bernini, il drago cinese con la sfera fiammeggiante, e anche il fanciullo-faro di cui parla Duchamp negli appunti su Il grande vetro.

Nel ricostruire diverse fasi della produzione di Roccasalva, la mostra sottolinea i legami e i continui rimandi tra temi, iconografie, tecniche e linguaggi, restituendo la complessità di un percorso che è simile a un viaggio in un “mondo intermedio” affollato di visioni tra le quali l’artista si fa spazio con ogni mezzo a disposizione, primo fra tutti la pittura.

Catalogo

La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, edito da Mousse Publishing, Milano, che include una esaustiva documentazione fotografica della stessa e testi critici degli storici dell’arte Ara H. Merjian, Professor alla New York University e Flavia Frigeri, Curatore alla National Portrait Gallery di Londra. Il saggio di Ara H. Merjian ripercorre la produzione di Roccasalva attraverso un confronto con la storia dell’arte del Novecento, mentre Flavia Frigeri offre una lettura del lavoro attraverso il prisma dello slippage, temporale, spaziale e narrativo.

Pietro Roccasalva, From Just Married Machine, 2018, acrilico su tela, 194 x 160 cm. Collezione dell'artista. Foto: Todd White Art Photography

Pietro Roccasalva

Pietro Roccasalva (1970, vive e lavora a Milano) ha esposto con mostre personali presso diverse istituzioni tra cui: Fürstenberg Contemporary, Donauschingen (2019); The Power Station, Dallas (2016); the Kölnischer Kunstverein, Colonia (2014); Le Magasin, Grenoble (2013); GAMeC, Bergamo (2007); Fondazione Querini Stampalia, Venezia (2006). Ha partecipato a importanti manifestazioni espositive internazionali, come la Biennale di Venezia (2009) e Manifesta (2008), e il suo lavoro è stato incluso in mostre collettive presso istituzioni come Walker Art Center, Minneapolis; David Roberts Art Foundation, Londra; Centre for Contemporary Art, Varsavia; MoMA PS1, New York; Bonniers Konsthall, Stoccolma; Museum of Contemporary Art, Chicago; MAXXI, Roma; Kadist Art Foundation, Parigi; S.M.A.K., Gent.

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, aperta al pubblico nello spazio espositivo adiacente al centro culturale LAC, espone oltre duecento opere di grande rilievo artistico selezionate con modalità differenti a seconda degli allestimenti. La Collezione, tra le più significative per quanto riguarda l’arte italiana dal primo Novecento ad oggi, i Nouveaux Réalistes e l'arte contemporanea internazionale, viene riproposta due volte l’anno con allestimenti sempre diversi alternati a mostre temporanee dedicate ad approfondimenti dell’opera di artisti già inclusi in Collezione. Giancarlo e Danna Olgiati ritengono che la città di Lugano, con il MASI, possa diventare naturale erede della Collezione; perciò dal 2012 la Collezione viene concessa in usufrutto alla città di Lugano e, nel 2018, i due Collezionisti donano settantasei opere al MASI, consolidando il rapporto con il Museo della città ed in linea con la tradizione museale elvetica che lega da sempre istituzione pubblica a collezionismo privato.

Informazioni

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Lungolago Riva Caccia 1, 6900 Lugano

+41 (0)58 866 4240

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www.collezioneolgiati.ch | www.masilugano.ch

Orari:

Venerdì - domenica: 11:00 – 18:00

Ingresso gratuito

 



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Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta Massimo Bartolini. Hagoromo 

Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato dedica un'importante mostra a Massimo Bartolini.

Con Hagoromo il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato dedica un'importante mostra a Massimo Bartolini (Cecina, 1962) dal 16 settembre 2022 all'8 gennaio 2023. La mostra è un nuovo capitolo del ciclo di monografie che il Centro organizza annualmente per presentare al pubblico l'opera di artisti e artiste italiane.

La mostra, a cura di Luca Cerizza con Elena Magini e realizzata in partnership con Intesa Sanpaolo, presenta una nuova installazione – la più grande mai realizzata dall’artista – appositamente concepita per gli spazi del museo, una sorta di nuova spina dorsale che guida lo spettatore alla scoperta di opere appartenenti a momenti diversi della sua carriera. Eludendo il carattere retrospettivo, l’organizzazione cronologica e tematica, la mostra funziona come un itinerario fatto di incontri sorprendenti e rivelatori.

Hagoromo è il titolo di una nota pièce del teatro Noh giapponese, che racconta la storia di un pescatore che un giorno trova l’hagoromo, il manto di piume della tennin, spirito celeste femminile di sovrannaturale bellezza parte della mitologia giapponese. Alla richiesta dello spirito di riavere indietro il manto senza il quale non avrebbe potuto tornare in cielo, il pescatore risponde che glielo avrebbe consegnato solo dopo averla vista danzare.

Hagoromo (1989) è anche il titolo di quella che Bartolini considera la sua prima opera matura: all’interno del suo vecchio studio, su un palco illuminato, un musicista improvvisa una musica per sassofono. Una danzatrice reagisce alla musica, muovendosi dentro un parallelepipedo su ruote, che ha le sembianze di una minuscola unità abitativa.

In questa performance sono già anticipati alcuni dei temi e dei caratteri che accompagnano ancora oggi la sua ricerca: la dimensione narrativa, che si sviluppa a partire da omaggi, riferimenti, prelievi di altre storie, opere e biografie; il rapporto con l'architettura e lo spazio; la relazione con il contesto teatrale e performativo, anche attraverso l’uso del suono e della musica; la delineazione all’interno dell’opera di rapporti tra opposti apparentemente inconciliabili.

La mostra è accompagnata da Hagoromo: Massimo Bartolini, la più ampia pubblicazione mai dedicata all'artista toscano. A cura di Luca Cerizza e Cristiana Perrella, e pubblicato da NERO, il volume è un progetto realizzato grazie al sostegno dell'Italian Council (X edizione 2021), programma di promozione internazionale dell'arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Con più di 400 pagine, il volume presenta un ricco apparato iconografico che segue in ordine cronologico tutto il percorso dell’artista accompagnato da dettagliati apparati bio-bibliografici; la pubblicazione comprende testi di: a.titolo, Fiona Bradley, Luca Cerizza, Laura Cherubini, Carlo Falciani, Chus Martínez, Jeremy Millar, Cristiana Perrella, Marco Scotini, David Toop, Andrea Viliani.