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Carlo Valsecchi, # 01135 Rotzo, Vicenza, IT. 2020, C-Print, plexiglass con/with dibond, 180 x 220 cm © Carlo Valsecchi

Collezione Maramotti presenta Bellum di Carlo Valsecchi

 

Un nuovo progetto artistico commissionato a Carlo Valsecchi.

In occasione del Festival di Fotografia Europea 2022, dedicato al tema “un’invincibile estate” – tratto da “Ritorno a Tipasa” di Albert Camus, un inno alla capacità di resistere alle avversità e alla creazione di nuove reazioni e considerazioni sull’esistenza umana – Collezione Maramotti presenta Bellum, un nuovo progetto artistico commissionato a Carlo Valsecchi.

Le quarantaquattro fotografie di grande formato che costituiscono Bellum – tutte presenti nel volume che accompagna la mostra, e di cui una ventina in esposizione – raccontano il conflitto ancestrale tra uomo e natura e tra uomo e uomo; l’uso della natura come difesa dall’altro uomo e parimenti la difesa dell’uomo dalla natura. Con la montagna come sua simbolica rappresentazione – espressione naturale estrema e insieme luogo dell’ultima guerra di posizione – il progetto origina da un’esplorazione dei territori e delle costruzioni fortificate del nord-est italiano legati al primo conflitto mondiale, uno degli ultimi momenti nella storia dell’umanità occidentale in cui il destino e l’esperienza dell’uomo erano strettamente connessi all’ambiente naturale, alla sua conformazione, alle sue leggi e al suo controllo. Cosa resta di quel paesaggio di un secolo fa? Quali sono le tracce del patto che l’umanità aveva stretto, in quel momento storico, con la natura?

Attraverso un lavoro durato circa tre anni, Valsecchi ha percorso quelle montagne con il suo banco ottico, dall’inverno alla primavera si è messo in ascolto di quei luoghi per affacciarsi sull’abisso di un conflitto cieco, sublimando nei suoi scatti una realtà cruda in forma spesso astratta, intimamente estetica e assoluta nella sua essenza. Le immagini di Bellum diventano squarci, portali fatti di luce e composizione, sospesi in un tempo senza termine tra silenzio, isolamento e attesa.

Stretti passaggi e cunicoli, trincee abitate da corpi perduti e rinata vegetazione; interstizi e fenditure, cavità rocciose, lacerazioni interne e interiori; forti militari e i loro resti, intrappolati tra il bianco compatto della neve e il bianco abbacinante della luce, sipari tra la realtà presente e un indefinibile oltre, un orizzonte negato; arche-rifugio e luoghi di morte, piattaforme di artiglieria, cupole metalliche, grotte e pareti bruciate da centinaia di esplosioni, riconquistate da muschi e concrezioni organiche e minerali, (di)segnate dall’umidità; boschi evanescenti velati dalla nebbia o dall’aria fitta della neve, schermi di rami intricati che occultano il paesaggio retrostante; pozzanghere e specchi d’acqua opaca che riflettono, metallici, il cielo sopra la montagna. In questa serie di fotografie di Valsecchi, densa di analogie visive e concettuali, la natura talvolta si fa architettura o si antropomorfizza, mentre il costruito si ibrida con l’ambiente naturale in un processo di scambio e mimesi reciproci, in cui tuttavia risuonano silenziosi i cicli della natura e lo scorrere del tempo – il lento processo di mutamento e di cancellazione del passaggio dell’uomo e dei suoi segni inesorabilmente effimeri sulla terra.

In occasione della mostra sarà pubblicato un libro omonimo con testi di Florian Ebner, curatore capo del Cabinet de la Photographie del Centre Pompidou di Parigi, e Yehuda E. Safran, critico d’arte e di architettura e professore presso il Pratt Institute di New York.

1° maggio – 31 luglio 2022

Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.

Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30

L’apertura al pubblico della Collezione e della mostra è soggetta alle disposizioni governative per il contenimento della pandemia.

Per accedere alla Collezione è necessario indossare la mascherina di tipo chirurgico o superiore.
 

Note biografiche

Carlo Valsecchi (nato a Brescia nel 1965) vive e lavora a Milano.

Dopo essere stato selezionato per la Biennale di Architettura di Venezia nel 1992, il suo lavoro è stato esposto in numerose istituzioni in tutto il mondo. Tra le ultime mostre personali: The Open Box, Milano (2019); Salone degli Incamminati, Pinacoteca Nazionale di Bologna (2019); Ex Ospedale dei Bastardini, Biennale di Fotografia dell’Industria e del Lavoro, Bologna (2017); Galerie Walter Keller, Zurigo (2013); Mart, Rovereto (2011); Galleria Carla Sozzani, Milano (2011); Musée de l’Elysée, Losanna (2009). Ha inoltre preso parte a numerose mostre collettive, tra cui di recente: MMCA Seoul (2018); Fondazione MAST, Bologna (2016, 2015); Palazzo Da Mosto, Festival di Fotografia Europea, Reggio Emilia (2015); Museo della Merda, Piacenza (2015); Somerset House, Londra (2013); Ivorypress, Madrid (2012).

 



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CALEIDOSCOPIO | Suono Luce Tempo

 

Una mostra e un ciclo di conferenze promosse da DIDE Genova a cura di Fortunato D’Amico e Chiara Ferella Falda.

“CALEIDOSCOPIO | Suono Luce Tempo” è una mostra e serie di incontri interdisciplinari e multiculturali che si terranno dal 18 al 22 maggio 2022, all’interno degli spazi del convento di Santa Maria di Castello, durante le giornate di Genova BeDesign Week.

Sono stati invitati a portare il loro contributo architetti, designer, artisti, musicisti, che da punti di vista differenti convergeranno le loro proposte e suggestioni, su alcuni tra più interessanti elementi progettuali su cui si fonda la percezione dell’ambiente reale: il suono, la luce e il tempo. Elementi che concorrono a determinare la condizione qualitativa dello spazio abitativo nella quale fluttuiamo quotidianamente.

La mostra CALEIDOSCOPIO è promossa da DIDE (Distretto del Design di Genova) e si inserisce nel palinsesto della nuova edizione della design week che quest’anno si rinnova e si differenzia ancora di più da tutte le altre manifestazioni analoghe, aggiungendo un elemento di indiscussa eccellenza, il design nautico. Rimane invece invariata e anzi valorizzata la mission che da sempre anima la manifestazione, la rigenerazione concreta e visibile del territorio e la valorizzazione e diffusione della cultura del design. Il distretto del design quest’anno si amplia coinvolgendo altre zone della città, a cominciare dal quartiere del Molo.

Nello spettacolare scenario della chiesa di Santa Maria di Castello e annesso convento, datati XII secolo, prende vita la mostra CALEIDOSCOPIO curata da Fortunato D’Amico e Chiara Ferella Falda, in un momento particolare dell’attuale crisi globale, in cui le discipline del progetto e della creatività sono chiamate a correggere gli errori disegnati dalle prospettive consumistiche e a dare risposte in un periodo difficile ed estremamente complesso della storia dell’umanità.

La visione caleidoscopica, intesa in campo medico, è il sintomo di un’alterazione della vista causato da un’emicrania visiva che influenza l’udito e l’olfatto. Da un’angolazione completamente diversa, quella proposta dal caleidoscopio, è invece un punto di vista che assume connotati positivi per la peculiare caratteristica dello strumento di specchiare otticamente oggetti messi alla rinfusa all’interno di un tubo a forma di cannocchiale e di riorganizzarli sotto un aspetto ordinato ed esteticamente piacevole. La metafora del caleidoscopio consente di approcciare, con una chiave di lettura straordinariamente efficace, i problemi che oggi devono affrontare le principali discipline della creatività tecnico, scientifica, come l’architettura e il design. A loro spetta il compito di redigere i progetti degli oggetti che andranno a formare l’insieme dell’habitat artificiale in cui sono immerse le nostre vite e a ridisegnare gli scenari futuri.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, aiuterà il pubblico a orientarsi nella lettura delle opere esposte e servirà da guida per tutti coloro che la utilizzeranno per comprendere i contesti nei quali è necessario intervenire urgentemente e adottare comportamenti idonei a raggiungere la sostenibilità economica, sociale e ambientale entro il 2030. L’approccio suggerito dall’agenda è interdisciplinare e multiculturale, stimola un confronto e un dialogo tra i professionisti in antitesi con l’approccio multi-specialistico che ha creato barriere spesso invalicabili. E’ necessario aprire un dibattito costante tra creativi e

professionisti, il matematico deve dialogare con l'artista, l’architetto con l’ingegnere, il musicista con il manager, le istituzioni tra di loro. La sostenibilità non riguarda solo l’ambiente ma l’urgenza di dare a tutti la possibilità di vivere in un mondo sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale, economico. Un profondo cambiamento che riguarda le imprese, i Governi, le Amministrazioni, l’opinione pubblica, e ovviamente la cultura.

CALEIDOSCOPIO agiterà riflessioni sulla questione del Suono e dei paesaggio sonori, sempre più artificiali e meno naturali, ed esaminerà la luce come fenomeno cromatico, anche nei suoi risvolti psicologici e simbolici, così come in quelli del suo utilizzo nei moduli fotovoltaici, che sfruttano l'energia solare per produrre energia elettrica. Luce per comprendere le ombre delle meridiane e lo scorrere delle ore del Tempo diurno ma anche di quello musicale.

Alla velocità della luce il nostro mondo sta mutando, proiettando il futuro in una dimensione inaspettata e fantascientifica dell’esistenza. Chi avrebbe mai detto, solo qualche anno fa che improvvisamente il frenetico pianeta Terra, antropizzato dalla globalizzazione, si sarebbe bloccato all’unisono, imponendo una brusca frenata di tutte le attività economiche, sociali, culturali, costringendo tutti noi ad un rapido ripensamento e riadattamento delle abitudini e dell’abitare il pianeta?

Sono protagonisti di CALEIDOSCOPIO | Suono Luce Tempo: gli architetti Massimo Facchinetti, Enrico Frigerio, Massimo Roj in dialogo con gli artisti Maria Cristina Carlini, Max Casacci, Mario De Leo, Flavio Di Renzo, Pina Inferrera, Flavio Lucchini, Max Marra, Ercole Pignatelli, Pier Paolo Pitacco, Alfredo Rapetti Mogol, Giangiacomo Rocco di Torrepadula, Giovanni Ronzoni, Michele Sangineto, Giorgio Scianca.

Un evento di Sopramaresotto e Associazione Pensare Globalmente Agire Localmente.

Con il Patrocinio di: ADI - Associazione per il design industriale, ALA - Assoarchitetti, Dedalo Minosse - Premio internazionale alla committenza di architettura, DiDe.

Main Sponsor: ItalMesh

Media Partner: ARCA International

Sponsor tecnici: SlashFolder, Studio Ronzoni

 



art weekPresentazione della monografia di Antonino Bove "L’arte più potente della fisica" a cura di Bruno Corà

 

La monografia raccoglie le opere realizzate dall’artista in cinquanta anni di attività, analizzando il progetto di oltrepassare la metafora artistica e concepire l’immortalità della fisica. 

Mercoledì 11 maggio, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea presenta la monografia sull’opera di Antonino Bove dal titolo L’arte più potente della fisica, curata da Bruno Corà e pubblicata dalla Casa Editrice Forma di Firenze. Al termine della presentazione, Antonino Bove effettuerà la performance Acronos dona la formula dell’immortalità.

La monografia raccoglie le opere realizzate dall’artista in cinquanta anni di attività, analizzando il progetto di oltrepassare la metafora artistica e concepire l’immortalità della fisica.

Nello scorrere continuo della vita ci pensiamo eterni e in questa ottica rimane irrisolta la tragedia della morte relegata nel segreto della sfera personale. Come scrive Corà nel suo saggio all’interno della monografia, l’immaginario artistico di Bove antesignano e originale interprete del pensiero post-umano, ha come obiettivo imprescindibile di impedire la degradazione cellulare, porre argine all’entropia e addirittura osare ostacolare il raffreddamento termico dell’universo. In questa ottica vanno letti i periodi artistici della sua ricerca a partire da Materializzazione dei sogni e Società degli Onironauti (1973), all’Arte Vivente tramite organismi unicellulari come alghe marine e lievito che si riproducono all’infinito sempre uguali a se stessi, contenendo un principio di immortalità (anni ‘80 e ‘90), alle Cerebralizzazioni e alla Memoria Indelebile (1990 e primi anni 2000), ad Acronos (un essere completamente sostanziato di cervello), alle attuali opere sulla Luce afisica non di origine elettromagnetica.

Alla base di questi orientamenti, le ricerche di etno-antropologia caratterizzate da interessi sociali, politici e storici, aperti tuttavia alla sfera mistica, utopica e onirica.

Lo sviluppo esponenziale inarrestabile della tecnologia con l’intelligenza artificiale, l’ingegneria genetica, le neuroscienze, le nanotecnologie, il cyborg, la robotica migliorano ed emendano la natura, potenziano la fisiologia umana ma contemporaneamente innescano forti problematiche etiche e filosofiche. In una futura evoluzione della specie umana, superati i primordiali istinti e pulsioni di violenza e crudeltà della quale

ancora l’uomo è fortemente permeato, Bove intravede una umanità immortale dalle facoltà e capacità cerebrali aumentate e dai sentimenti espansi, oggi a noi sconosciuti. Tale iperumano, depositario delle migliori qualità come l’empatia, la compassione e il rispetto verso il proprio simile, finalmente potrà accede alla completa conoscenza dei segreti del cosmo e addirittura essere in grado di agire su di esso per evitare la scomparsa della coscienza del sé e del patrimonio umano di intelligenza e di ingegno accumulatosi, attraverso i secoli, sul nostro pianeta.

Presentazione della monografia di Antonino Bove L’arte più potente della fisica a cura di Bruno Corà

Mercoledì 11 maggio, ore 17.30 - Sala delle Colonne

Intervengono: Bruno Corà, docente, critico e curatore, direttore della Fondazione e Museo Alberto Burri di Città di Castello

Alessandro Picchiarelli, ingegnere e teologo Alessandro Vezzosi, fondatore del Museo Ideale Leonardo da Vinci

 



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Etel Adnan & Simone Fattal: Working Together alla Fondazione Antonio Dalle Nogare

 

Prima doppia personale in Italia delle due artiste, compagne di vita dagli anni Settanta. Una mostra intima e domestica, che attraverso più di sessanta opere cerca di restituire il calore della loro pratica pittorica, scultorea, letteraria.  

Dipinti, sculture ma anche libri, poesie e oggetti di uso quotidiano. Etel Adnan & Simone Fattal: Working Together, a cura di Vincenzo de Bellis, è la prima doppia personale delle due artiste in Italia, compagne di vita e di lavoro dagli anni Settanta. Dal 6 maggio al 5 novembre 2022 la mostra ricostruirà una dimensione intima e domestica negli ambienti della biblioteca della Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano, utilizzati per la prima volta in assoluto come spazi espositivi.

Etel Adnan (Beirut, 1925 – Parigi, 2021) e Simone Fattal (Damasco, 1942) si sono conosciute a Beirut negli anni Settanta. Da allora hanno vissuto insieme tra Parigi, Beirut e la California settentrionale, lavorando e sperimentando con i media più differenti. Prima di essere artiste visive sono state artiste letterarie, Adnan poetessa e pittrice, e Fattal scultrice e fondatrice di Post-Apollo Press, una casa editrice specializzata in testi di storia, politica, scienze sociali, studi di genere.
La forza del loro lavoro sta proprio nella multidisciplinarietà e nelle influenze letterarie con le quali si sono sempre confrontate.

Il loro vivere insieme è parte integrante della loro pratica artistica. Nella loro casa parigina una stanza era dedicata allo studio di Etel Adnan dove, seduta alla stessa scrivania, si dedicava alla scrittura delle sue poesie e dipingeva. Nel resto della casa Simone Fattal ha distribuito le sue ceramiche – sculture o oggetti di uso quotidiano – realizzate in uno studio poco lontano dall’abitazione.

Nel corso degli anni non sono mancati i momenti in cui l'una è entrata nell'opera dell'altra, e quel luogo così intimo che è la loro casa rappresenta più di ogni altro l'essenza delle due artiste sia individualmente che come coppia. Da qui la scelta di realizzare per la mostra un ambiente domestico, per provare a restituire al visitatore, con una lettura intima, il calore delle loro opere.
Per questo la Fondazione ha scelto di utilizzare, per la prima volta per una mostra, la propria biblioteca, trasformandola in uno spazio dal sapore casalingo: un po’ zona living, un po’ libreria, un po’ cucina e un po’ sala da pranzo.

L’esposizione comprende un ampio numero di opere: circa trenta lavori di Etel Adnan, tra dipinti, arazzi, leporelli e disegni, e trenta opere tra sculture e arazzi di Simone Fattal, che si mescolano ad oggetti personali, libri scritti dall'una, editi dall'altra, o relativi al loro lavoro, o ancora di autori che le hanno influenzate o di cui sono state amiche. Nel corso della mostra il pubblico, oltre ad ammirare le opere, potrà leggere i libri, sfogliare i cataloghi e prendersi del tempo per immergersi nella vita e nell'arte delle due artiste, magari accompagnati da un tè o da un caffè serviti nelle tazze realizzate da Simone Fattal.

Etel Adnan & Simone Fattal: Working Together è un progetto unico, non solo perché per la prima volta mette insieme le due artiste dopo la recente scomparsa di Etel Adnan, ma soprattutto perché per la prima volta mette in luce, in un contesto che abitualmente è dedicato all’arte visiva, l’importanza della letteratura nella carriera di entrambe, della sua influenza sulla loro pratica visiva, personale e di coppia.

 



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Flavio Favelli NUOVA MIXAGE in occasione di Arte Fiera Promosso da Gruppo Montenegro

 

L’artista presenta quindici composizioni inedite che consistono in serie di bottiglie senza etichetta, esposte nella grande parete a specchio del bar.  

Nuova Mixage è il progetto che Flavio Favelli inaugura martedì 10 maggio alle ore 18.00 presso il Bar Vittorio Emanuele di piazza Maggiore 1, a Bologna, nell’ambito di ART CITY Bologna in occasione di Arte Fiera, accompagnato da un testo che presenta un dialogo con lo scrittore Emanuele Trevi.

L’artista presenta quindici composizioni inedite che consistono in serie di bottiglie senza etichetta, esposte nella grande parete a specchio del bar. L’opera si interroga sulla forma della bottiglia sempre nascosta rispetto all’etichetta, una forma-figura-modello fondamentale della storia del mondo dell’Occidente e dell’arte.

Tutte le quarantacinque bottiglie che costituiscono l’operazione d’arte sono originali, ed esposte in varie ripetizioni, in colori e forme diverse, mostrando un lato inedito del contenitore. Le marche hanno fatto la storia dell’industria del design applicato alla cultura del bere e annoverano alcuni dei prodotti più significativi del Made in Italy: Amaro Montenegro, Vecchia Romagna, Select, Rosso Antico, Coca Buton, Oro Pilla e Grappa Libarna. Tutti prodotti le cui bottiglie/il cui contenitore sono anche il simbolo dell’evoluzione, sempre fedele alle origini e alla tradizione, dei loro brand nel corso degli anni.

Il mobile bar è stato per decenni un piccolo luogo fondamentale nel governo della casa borghese. Le riviste degli anni Settanta e Ottanta, da Oggi a Gente, da Playboy a Epoca mostravano una grande varietà di pubblicità di superalcolici, tratto distintivo dell’uomo moderno e affermato, e della sua famiglia. Ed è su questi temi che l’artista sviluppa la sua ricerca sull’oggetto bottiglia dagli inizi degli anni Duemila con collage, ricomposizioni e assemblaggi e diventate presenze significative all’interno di opere installative più complesse, come La terza camera (2007), attualmente nella collezione di arte contemporanea del MAXXI di Roma: oggetti che personificano il loro stesso mistero, o per usare un concetto di Emanuele Trevi, che dialoga sul progetto Nuova Mixage con l’artista, queste opere danno una forma visibile al tempo.

In occasione di ART CITY Bologna 2022 Flavio Favelli torna ad aprire Jugopetrol, lo spazio privato dell'artista in viale Silvani 10/A, a pochi passi dal MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna.

Scrive Flavio Favelli: In fondo fin dall’appartamento di Via Guerrazzi 21 a metà anni novanta la cosa è sempre stata quella di avere un luogo da immaginare, ma anche dove potere immaginare e anche dare un’idea di un ambiente agli altri. Del resto si è soli solo quando si creano spazi di solitudine da presentare agli altri. Per Jugopetrol si scende una rampa, è come una tomba, come quella degli Egizi; loro la allestivano per i morti, invece questa è per i vivi, anche se l’idea viene dai morti. In entrambi i casi è una faccenda di eternità.

Info

11 - 12 - 13 maggio ore 15.00-20.00

14 maggio ore 15.00-22.00

15 maggio ore 15.00-18.00 

Jugopetrol

Viale Silvani 10/A Bologna

 



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ORECCHIE D’ASINO NELL’AMBITO DI ART CITY BOLOGNA 2022 PRESENTA “DUEDUO” ALLA FONDAZIONE GAJANI

 

Il risultato sarà un inseguimento site-specific all’interno dell’appartamento bolognese che è stato teatro di ripresa per numerose sperimentazioni e dimora dell’artista Gajani. Oggi quell’appartamento è sede della Fondazione Carlo Gajani ed è anche spazio espositivo.

Nell'ambito di ART CITY Bologna 2022 in occasione di ARTEFIERA, la Fondazione Carlo Gajani presenta DueDuo, installazione site- specific e performance del duo Orecchie D’Asino (OD’A), composto dalle giovani artiste Ornella De Carlo e Federica Porro e curato da Luca Monaco e Giuseppe Virelli.

OD’A dialogherà attraverso il tempo con un altro duo d’artisti: Carlo Gajani e Gianni Celati. Le fonti testuali e progettuali del duo maschile attivo negli anni Settanta verranno ripresi dalla pratica artistica e dalle opere del duo femminile a distanza di cinquant’anni. Casa Gajani si animerà mediante un processo di ‘disseminazione artistica’ in cui installazioni sonore, proiezioni video e performance daranno vita a un dialogo a distanza in cui le diverse opere potranno confrontarsi in una serie di rimandi e rapporti fra immagini e voci, oggetti e azioni, spazio e tempo.

Il risultato sarà un inseguimento site-specific all’interno dell’appartamento bolognese che è stato teatro di ripresa per numerose sperimentazioni e dimora dell’artista Gajani. Oggi quell’appartamento è sede della Fondazione Carlo Gajani ed è anche spazio espositivo.

Orecchie D’Asino è un duo artistico formato da Ornella De Carlo (Taranto 1991), laureata in Arti Visive, e Federica Porro (Como 1994), laureata in lettere moderne, attivo dal 2018. Dal 2019 prendono parte a festival quali Sifest OFF e Paratissima; nel 2021 vincono la menzione per fotografia contemporanea del Premio Francesco Fabbri e espongono presso la galleria Baco di Bergamo durante la mostra Metafotografia. La pratica di Orecchie D’Asino inizia con degli esercizi di improvvisazione teatrale e si espande verso la ricerca del quotidiano e l’attività onirica, attraverso diversi linguaggi e metodologie artistiche. Da un testo improvvisato si passa alla sua messa in scena all’interno di un’installazione effimera che comprende immagini, video e oggetti di diversa natura.  

Gli avanzi talvolta vengono ulteriormente rielaborati negli angoli e negli spazi anonimi della casa, prendendo la forma del totem, o proseguono all’interno di un videologue, termine coniato dalle artiste per indicare uno o più video che simulano un dialogo in cui gli elementi precedenti si uniscono con nuove suggestioni. In altri casi, dopo aver attraversato le parole, l’oggetto e le loro immagini, OD’A passa alla creazione di esperienze ed eventi per mezzo di azioni performative o pratiche partecipative pensati come piccoli gesti, giochi di società e spettacoli.

INFO

TITOLO: DueDuo

A CURA DI: Luca Monaco e Giuseppe Virelli

PREVIEW PER LA STAMPA: Venerdì 6 maggio 2022, alle ore 17:30

INAUGURAZIONE: Venerdì 6 maggio 2022, dalle ore 18:30 alle ore 21:00

DOVE: Fondazione Carlo Gajani, Via de' Castagnoli, 14, 40126 Bologna

QUANDO: Dal 7 al 15 maggio 2022

ORARI: sabato 7 e domenica 8, da martedì 10 a venerdì 13 maggio 2022 ore 17:30 - 21:00

Sabato 14 maggio 2022 ore 17.30-24.00

Domenica 15 maggio 2022 ore 17.30-21.00