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 Pier Paolo Pasolini, Roma  1971 – foto di Sandro Becchetti

Fotogrammi di pittura - Mostra Focus in apertura del centenario pasoliniano

Il progetto dell’esposizione trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico.

A pochi mesi dal centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (avvenuta il 5 marzo 1922 a Bologna) la mostra focus che verrà allestita dalla  Fondazione Magnani-Rocca nella sontuosa Villa di Mamiano di Traversetolo (Parma) fino al 12 dicembre 2021, intende evidenziare la piena apertura del poeta-regista al dialogo fra letteratura, cinema, arti figurative alla ricerca di quelle “corrispondenze” che furono al centro dell’interesse intellettuale anche di Luigi Magnani, fondatore della Magnani-Rocca, che visse a Roma nello stesso periodo di Pasolini e che ne possedeva le pubblicazioni. Particolare rilievo verrà dato ai riferimenti artistici ed estetici nei film di Pasolini.

Il progetto dell’esposizione – a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera – dal titolo Pier Paolo Pasolini. Fotogrammi di pittura, trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita, indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico, più per stile che per iconografia, spesso costruendo le inquadrature come scene dipinte, senza tuttavia farne citazioni semplicemente estetiche ma esprimendo efficacemente contenuti molto complessi, resi così universalmente comprensibili. L’inquadratura immaginata come un quadro spiega la preferenza di Pasolini per il campo fisso: “come se io in un quadro – dove, appunto, le figure non possono essere che ferme – girassi lo sguardo per vedere meglio i particolari”; quindi la pittura risulta un mezzo congeniale per un linguaggio filmico di impronta “astorica”. La citazione artistica viene espressa attraverso la messa in posa, i lunghi primi piani che sottolineano la ieraticità dei volti (di attori presi il più delle volte dalla strada) e la ricostruzione di veri e propri tableaux vivants.

In mostra sontuosi costumi realizzati per i film, prestati dallo CSAC di Parma, e indossati da celebri attrici, come Silvana Mangano, locandine originali dei film, al tempo spesso considerati scandalosi e quasi sempre vietati ai minori di 18 anni, rare fotografie d’epoca e la galleria fotografica delle opere d’arte che Pasolini ebbe come riferimento, in accostamento alle scene tratte dai film. 

Particolarmente nel suo primo film Accattone (1961) emerge l’influenza del celebre studioso e critico d’arte Roberto Longhi, del quale Pasolini fu allievo all’Università di Bologna, e delle sue lezioni sul Romanico, su Masaccio e su Caravaggio. Sulla scelta del protagonista del suo secondo film Mamma Roma (1962), spiegava Pasolini:  “Ho visto Ettore Garofolo mentre stava lavorando come cameriere in un ristorante dove una sera ero andato a mangiare, […], esattamente come l’ho rappresentato nel film, con un vassoio di frutta sulle mani come la figura di un quadro di Caravaggio”; la drammatica immagine finale del ragazzo, sconvolto dalla rivelazione del “mestiere” della madre, morente e legato nell’infermeria della prigione, riprende il Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna, in una evidente sovrapposizione del sacrificio di Cristo con le sofferenze dei miseri.

Ne La ricotta, episodio da RoGoPaG (1963), Pasolini attraverso i dettami di Orson Welles, nel ruolo di un regista suo alter-ego che dirige un film sulla Passione di Cristo, ricostruisce a tableau vivant, due opere di manieristi toscani: la monumentale Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino (1521) e l’altrettanto imponente pala, di analogo soggetto, del Pontormo (1526-1528). Numerosi sono i riferimenti pittorici anche ne Il Vangelo secondo Matteo (1964) e Teorema (1968) – in particolare Piero della Francesca e Francis Bacon -, poi ne Il Decameron (1971) col regista che dichiara il suo debito verso Giotto e Velázquez; ma la grande arte è presente nella concezione estetica di tutti i film di Pasolini, fino all’ultimo, lo scandaloso quanto lucidissimo e profetico Salò o le 120 giornate di Sodoma.

L’estremo tableau vivant è la morte caravaggesca del regista a Ostia il 2 novembre 1975.