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TESTIMONIANZA AUTENTICA DI UNA SITUAZIONE SPONTANEA ERNESTO FANTOZZI, FOTOGRAFIE 1958-2018 

La mostra omaggio al grande fotografo è l’inizio di un lavoro di valorizzazione, studio e catalogazione del suo archivio, recentemente donato al Museo.

Ernesto Fantozzi è il protagonista del prossimo appuntamento espositivo del Museo di Fotografia Contemporanea.La mostra omaggio al grande fotografo è l’inizio di un lavoro di valorizzazione, studio e catalogazione del suo archivio, recentemente donato al Museo. Il fondo rappresenta l‘intera sua produzione fotografica e consta di circa 75mila unità, tra stampe alla gelatina bromuro d’argento, negativi e provini.

Il percorso espositivo pensato dai tre curatori Carlo Cavicchio, Maddalena Cerletti, Sabina Colombo ripercorre la sua intera produzione e restituisce, attraverso due differenti modalità di visione, i periodi della sua attività. Le stampe in mostra raccontano l’avvio della sua attività e sono state realizzate direttamente da Fantozzi negli anni Novanta, quando ha ripreso in mano il suo archivio e ha ricominciato a fotografare. Una proiezione presenta invece le fotografie degli anni Novanta-Duemila. Completa la mostra un apparato documentario e bibliografico volto a mostrare oggetti originali donati dall’autore e conservati presso l’archivio del Museo e alcune delle numerose pubblicazioni in cui il suo lavoro è stato presentato dagli anni Sessanta ad oggi.

 “Questa fotografia è testimonianza autentica di una situazione spontanea” – è la frase manifesto appuntata meticolosamente dall’autore sul verso di ogni stampa. Poche parole che esprimono la sua idea di fotografia documentaria lontana da ogni formalismo estetico, radicata, invece, nella realtà. Non si tratta solo di esplicitare la natura di una fotografia diretta e non manipolata come valore morale ma di manifestare un atteggiamento di empatia e di viva partecipazione nei confronti delle “cose della vita” e della gente comune, che vengono descritte “così come sono”.

Ernesto Fantozzi inizia a fotografare alla fine degli anni Cinquanta fino ai primi anni Settanta e, dopo una pausa di vent’anni, durante la quale si dedica principalmente all’insegnamento, riprende l’attività fino ai giorni nostri.

Egli stesso si definisce un ‘fotografo documentarista’, un ‘fotografo della realtà’ e realizza fotografie in bianco e nero, escludendo volutamente il colore. Rivolge il suo sguardo alla quotidianità che conosce, agli aspetti meno appariscenti e ordinari della vita. Documenta la città di Milano e il suo hinterland soffermandosi sul paesaggio urbano e suburbano e sul racconto della vita sociale all’interno della metropoli con un’attenzione alle abitudini, alle relazioni, alle persone che la attraversano, che scorrono e si intrecciano.

Partendo dalla fotografia “della famiglia seduta nel tinello che guarda il Festival di Sanremo alla televisione” (Milano, 1958) - che l’autore stesso definisce in un’intervista del 2002 “la mia prima foto, che potrei definire “consapevole” - le opere in mostra seguiranno un ordine in parte cronologico e tematico che accosta la produzione più famosa degli anni Sessanta a quella meno cosciuta del secondo periodo, a partire dai primi anni Novanta.

Leitmotiv di tutta la sua produzione è la trasformazione in atto sia nel paesaggio - con la nascita del “paesaggio industriale” costellato di fabbriche negli anni Sessanta e con lo sviluppo delle infrastrutture e della logistica negli anni Novanta -, sia dell’aspetto sociale e culturale condizionato dalla crescita dell’occupazione, dall’emigrazione e dagli effetti del boom economico.

Nelle sue fotografie, stratificate e dense di particolari, convivono il vecchio e il nuovo, la tradizione e la modernità. Con rapidità di visione e profonda intuizione coglie la spontaneità di gesti ed espressioni, l’istante decisivo carico di significato che rende la fotografia emblema di una situazione. Chi guarda le immagini di Fantozzi viene proiettato nella maglia di relazioni, sguardi e dialoghi che invitano ad avvicinarsi per sentire meglio le conversazioni ed osservare con attenzione tutti i dettagli della scena, fotografia dell’atto teatrale della vita.

BIOGRAFIA

Ernesto Fantozzi (Milano, 1931) si avvicina alla fotografia alla fine degli anni Cinquanta quando riceve in dono dalla sua fidanzata che poi diventerà sua moglie la sua prima macchina fotografica: una Kodac Retinette. Studia fotografia da autodidatta ed entra a far parte del Circolo Fotografico Milanese del quale è tuttora Socio Onorario e Benemerito. Fin da subito si dedica al reportage in bianco e nero, influenzato dalle fotografie di Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, ma anche dal cinema neorealista italiano. Nel 1962 riceve il titolo di AFIAP (Artista della Federazione Internazionale dell’Arte Fotografica) e negli stessi anni espone le sue fotografie in occasione di mostre personali e collettive. Insieme a Carlo Cosulich e Mario Finocchiaro fonda il “Gruppo 66”, composto da fotoamatori con un ideale e un obiettivo comune: documentare i cambiamenti di Milano e del suo hinterland con uno sguardo lontano da ogni velleità artistica. Fantozzi non farà mai della fotografia la sua professione, ma continuerà a portare avanti progetti personali. Dopo la chiusura del gruppo nella metà degli anni Sessanta si allontana progressivamente dalla pratica fotografica e si dedica all’insegnamento presso il Circolo Fotografico Milanese. Nei primi anni Novanta, quasi vent’anni dopo, torna a fotografare con lo stesso sguardo rivolto alla città e alle sue dinamiche sociali. Nel 2002 viene nominato “Autore dell’anno” dalla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e un anno dopo riceve il titolo di “Maestro della fotografia italiana”. Il suo lavoro è stato esposto in diverse istituzioni e pubblicato su riviste e volumi. Sue fotografie sono conservate in collezioni pubbliche e private italiane e straniere, tra cui il MoMa e il Metropolitan Museum di New York.

La mostra inaugura sabato 3 dicembre e prosegue fino al 29 gennaio 2023, in contemporanea con la rassegna ‘PAESAGGIO DOPO PAESAGGIO. Fotografie di Andrea Botto, Claudio Gobbi, Stefano Graziani, Giovanni Hänninen, Sabrina Ragucci, Filippo Romano’.