Basir Mahmood 2

Basir MahmoodSunsets, everyday,2020Video, 14’ 55’’Courtesy l’artista e Fondazione In Between Art Film

La Fondazione In Between Art Film è lieta di annunciare l’opera Sunsets, everyday di Basir Mahmood

È uno dei tre film vincitori del prestigioso Ammodo Tiger Short Award.

  1. Gió Marconi ha il piacere di annunciareCielo digiugno, la prima personale di Enrico David in galleria.Il percorso espositivo, palesando una personalissima declinazione alla leggerezza coniugata a una grande sete diorizzonte, nasce in parte a seguito dell’esperienza di Venezia, nel senso che i materiali originari, note, bozze edisegni che normalmente generano tutta l’opera di David sono stati pensatieappuntati durante il periodo diconcepimento dei contributi per il Padiglione Italia della 58° Biennale.Cielo digiugnomarca una soglia nellapratica di Enrico David: è la prima volta che una sua mostra si compone esclusivamente di lavori grafici, di “inizi”e di “indizi” che in altre circostanze vengono poi tramandati inmedia e linguaggi differenti. La loro sequenza,oscillando tra approssimazione e distanza, l’affondare e il sorvolare, sottolinea la posizione di Enrico David comepittore e ha comepretesto un’esteriorità fatta di aria e atmosfera, di pulviscolo e luce, di vento calante e primobuio. Il sole e la luna e il campo largo. L’osservare diventa un qualcosa che equivale al sedersi su una zolla di terrao su un’impossibile panca ad aspettare un resto irriducibile. Ecco allora che l’orizzonte è quell’utopia che comescriveva Edoardo Galeano è piuttosto una tensione, ci si vorrebbe avvicinare ma lei si sposta sempre più in là e inpratica serve solo a questo, a permetterci semplicemente di continuare ad andarle incontro.La mostra si compone essenzialmente di tre nuclei di dipinti. Le opere che occupano le pareti più corte dellospazio costituiscono una sorta di parentesi e, una dirimpetto all’altra, ne racchiudono icontenuti.Il fraternosilenzio del fango(2020) eZattera viva(2020) sono due tele di grandi dimensioni che, come in un’architettura,costituiscono la struttura portante per gli altri lavori e rappresentano i tralicci su cui il resto si inceppa. E ancora,aquiloni che si impigliano nell’aria, in una luce non più trasmettitrice di materia e con l’eterno sogno dellamalinconia si abbandonano alla caducità, ozattere, il cui il colore si fonde e si dissolve con la consuetaintonazione riflessiva e meditativa, che tengono insieme terra e cielo, ciò che è materiale con ciò che non hacorpo e rischia di andare perduto. Le piccole tele sono invece quasi degli studi, composizioni visive che come inuna sorta di acrostico esplorano le possibilità del dipingere, omeglio, del come fare della pittura nel modo menopittorico possibile.Bassa marea al molo,Fossa madre,Cielo trema o niente, oPunti di fiamma,Salvezza trovata in cielotutti del2020, comeCielo di giugnoche da il titolo alla mostra, sono tele in cui l’immagine succede in un tempo piùrapido, con il gesto vivo di un qualcosa che accade o che sta per accadere, momenti che girano in tondo per poiricadere su se stessi seminando segni di sentimento. Sono immagini scultoree che fanno riferimento ad elementidi natura quali l’erba, le canne di bambù o il fango, materiali frequenti nella pratica di Enrico David. Le pareti dellospazio sono dipinte dello stesso colore naturale della tela, una modalità per cercare in maniera artificiale lamaterialità o l’assenza di materialità della superficie che accoglie i dipinti.Cielo di giugno, cielo di Acrab, la “signora del blu”, al di là della scorsa primavera mai vissuta, oltre lo scontro trala caducità umana e l’impassibile ciclicità della natura, al dì la di questo lungo inverno, l’estate non sopravviveall’estate e ciò che resta è una strana e disagiante tenerezza.Enrico David (n. 1966, Ancona, Italia) vive e lavora a Londra.Tra le suemostre più recenti:Gradations of Slow Release,MCA, Chicago,Hirshhorn Museum and SculptureGarden, Washington (2019);58°Biennale di Venezia, Padiglione Italia a cura di Milovan Farronato, Venezia (2019);Fault Work, Sharjah Art Foundation, Sharjah (2016);Autoparent, Lismore Castle Arts, Lismore(2016); TheHepworth Wakefield, West Yorkshire (2015); Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2015); UCLA Hammer Museum,Los Angeles (2013);55°Biennale di Venezia a cura diMassimilano Gioni, Venezia (2013);Head Gas, NewMuseum, New York (2011);Repertorio Ornamentale, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2011);How DoYou Love Dzzzzt by Mammy?, Museum für Gegenwartskunst, Basilea (2009);Bulbous Marauder, Seattle ArtMuseum, Seattle (2008);Ultra Paste, ICA, Londra (2007)e50°Biennale di Venezia a cura diFrancesco Bonami,Venezia (2003).
     
 
 
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La Fondazione In Between Art Film è lieta di annunciare che l’opera Sunsets, everyday di Basir Mahmood – commissionata e prodotta in occasione del progetto Mascarilla 19. Codes of Domestic Violence – è uno dei tre film vincitori del prestigioso Ammodo Tiger Short Award, assegnato nel corso della cinquantesima edizione dell’International Film Festival Rotterdam.

La giuria, costituita da Anna Abrahams, Amira Gad e Vincent Meessen ha selezionato, tra le 22 opere in concorso, il video di Mahmood con la seguente motivazione:

“Questo è un film coraggioso che si avvale di strumenti cinematografici, indizi visivi e simbolici per introdurre lo spettatore a un argomento delicato. La giuria è rimasta colpita dalla capacità del regista di realizzare a distanza un’opera così complessa. L’artista mette in discussione l’autorità del regista e amplia il ruolo dello spettatore. È un lavoro complesso che coinvolge il pubblico in un processo intimo di interpretazione, costringendoci a essere testimoni attivi della messa in scena per poter comprendere la narrazione. Il regista adotta un approccio sensibile a un argomento delicato, conducendo lo spettatore in un viaggio emotivo che inverte la relazione tra gli ambienti dominati dagli uomini e la dimensione domestica, e offrendo uno sguardo ravvicinato per poi mostrare l’ampiezza del tema trattato.”

“Sono emozionato e onorato di aver ricevuto questo prestigioso riconoscimento per il mio film ‘Sunsets, everyday’ – dichiara Basir Mahmood –. Un film che, durante la sua realizzazione, si è rivelato essere il più complesso che io abbia fatto sino ad ora. L'Ammodo Tiger Short Award dell’International Film Festival Rotterdam mi stimola a correre rischi e a sviluppare opere ancora più complesse in futuro. Questo progetto è stato una sfida entusiasmante da affrontare durante il periodo difficile della pandemia, che presto è diventata sia il contesto sia la condizione stessa del film. Vorrei ringraziare il Festival e i membri della giuria per aver apprezzato il film e riconosciuto l'urgenza dell’argomento. Voglio esprimere la mia gratitudine verso Beatrice Bulgari e la sua Fondazione In Between Art Film per aver concepito il progetto ‘Mascarilla 19 - Codes of Domestic Violence’, che ha ispirato profondamente tanti di noi. Infine, un ringraziamento speciale al curatore Leonardo Bigazzi per avermi invitato a far parte di questa commissione e aver reso possibile questo film da tutti i punti da vista; un film che credo abbia spinto la mia pratica in una nuova direzione.”

IFFR ha inoltre nominato Flowers blooming in our throats di Eva Giolo per gli European Film Awards (EFA) nella categoria cortometraggi. Gli European Film Awards sono assegnati ogni anno dal 1988 dalla European Film Academy per riconoscere l'eccellenza del cinema europeo. Il vincitore sarà selezionato dai 24 film nominati da altrettanti Festival internazionali, tra cui i Festival di Berlino, Venezia e Locarno, e annunciato l'11 Dicembre 2021 a Berlino.

“Sono davvero orgogliosa che l'opera di Basir Mahmood abbia ricevuto un premio così ambito e importante – afferma Beatrice Bulgari, fondatrice e Presidente della Fondazione In Between Art Film –. Questo riconoscimento è una conferma della qualità del suo lavoro e uno stimolo per noi a proseguire nel sostegno agli artisti emergenti di tutto il mondo, che è uno degli scopi principali della Fondazione In Between Art Film. Quando Basir ha accettato il nostro invito a realizzare un film su commissione per il progetto ‘Mascarilla 19 - Codes of Domestic Violence’, ci è apparso subito evidente che il suo approccio a un tema così delicato e drammatico si sarebbe sviluppato in modo non convenzionale. Insieme con il mio team di curatori, sono felice che la sua visione, il suo coraggio intellettuale e il suo modo di girare ‘in absentia’ siano stati riconosciuti in un ambito così prestigioso come l' International Film Festival di Rotterdam.

Quest'edizione dell'IFFR ha rappresentato per il nostro progetto 'Mascarilla 19' un'importante momento di conferma e di apprezzamento, cui si aggiunge la candidatura da parte del Festival dell'opera di Eva Giolo 'Flowers blooming in our throats' agli European Film Awards”.

Sunsets, everyday di Basir Mahmood e Flowers blooming in our throats di Eva Giolo sono due delle otto opere video che compongono Mascarilla 19. Codes of Domestic Violence, un progetto di commissioni promosso da Fondazione In Between Art Film per promuovere la conoscenza e la sensibilizzazione intorno al tema della violenza domestica sulle donne e il suo inasprirsi a livello globale in conseguenza delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19. Il progetto, a cura di Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini e Paola Ugolini, ha visto la partecipazione, oltre che di Basir Mahmood (Pakistan/Paesi Bassi, 1985) e Eva Giolo (Belgio, 1991), degli artisti Iván Argote (Colombia/Francia, 1983), Silvia Giambrone (Italia/Gran Bretagna, 1981), MASBEDO (Italia, Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni, 1970), Elena Mazzi (Italia, 1984), Adrian Paci (Albania/Italia, 1969), Janis Rafa (Grecia, 1984)

 

BASIR MAHMOOD

SUNSETS, EVERYDAY, 2020

Video, 14’ 55’’

Formatosi come scultore, Basir Mahmood (n. 1985, Lahore; vive e lavora ad Amsterdam) utilizza il video e la fotografia per riflettere sui meccanismi di costruzione del linguaggio cinematografico e per confrontarsi con il valore estetico e politico della realtà quotidiana.

Sunsets, everyday è il risultato di una ricerca iniziata dall’artista immaginando il processo, sia fisico che cinematografico, che genera le immagini di violenza domestica. Durante il lockdown alcune vittime hanno coraggiosamente utilizzato i social media per condividere fotografie dei loro volti, per incoraggiare altre donne a denunciare. Le ferite e i segni sui loro corpi erano l'unica prova tangibile dei colpi e del dolore che avevano subito, e per l’artista sono state il punto di partenza per riflettere su tutto quello che accade lontano dal nostro sguardo.

Mahmood ha quindi commissionato a un team di produzione cinematografica in Pakistan di ricreare e filmare in sua assenza una scena ripetuta di violenza domestica, seguendo le sue istruzioni e alcune immagini di riferimento. Mentre la troupe principale era impegnata a lavorare, due cameramen avevano l’indicazione di filmare in continuo l'intero processo e gli elementi del set nei minimi dettagli. Questa metodologia di lavoro a distanza, da lui spesso utilizzata, attiva una riflessione su un piano concettuale sul ruolo dell’artista e sulla sua autorialità, rendendolo testimone e osservatore della sua stessa opera.

La messa in scena della violenza è quindi ciò che genera le immagini sullo schermo, ma l'atto in sé è quasi del tutto negato allo spettatore. Sono infatti visibili solo stretti primi piani e piccole porzioni di corpi femminili. L’artista rifiuta così qualsiasi spettacolarizzazione e si concentra invece sul processo cinematografico e sui codici del suo linguaggio. Un metacinema della violenza i cui protagonisti sono tecnici e membri della troupe sottoposti alla richiesta estenuante di ripetere la scena per 16 ore consecutive di riprese. Il set stesso è indagato dalla telecamera con uno sguardo forense, e gli oggetti che lo compongono sono portati sullo stesso piano di valore delle persone. Testimoni forzati della violenza che si consuma di fronte a loro. La riproposizione quasi ossessiva degli stessi gesti, come la pulizia del pavimento, diventa così espressione della quotidianità della violenza. Un atto che si ripete attraverso una tragica continuità. Tutti i giorni, inevitabile come un “tramonto”.

EVA GIOLO

FLOWERS BLOOMING IN OUR THROATS, 2020

16mm trasferito su supporto digitale, 8’ 42"

Eva Giolo (n.1991 Bruxelles) è un’artista visiva che impiega strategie documentarie per indagare storie personali e familiari, con uno sguardo intenso e sensibile sul mondo femminile. Nella sua pratica utilizza spesso riprese in 16mm e found footage provenienti da archivi di home video e dal suo privato.

Filmato in 16mm subito dopo il lockdown dovuto alla pandemia di COVID-19, Flowers blooming in our throats è un ritratto cinematografico intimo e poetico dei fragili equilibri che regolano la quotidianità nel contesto domestico. L’artista riprende un gruppo di donne, con cui condivide legami di amicizia, mentre nelle loro case eseguono piccole azioni seguendo le sue indicazioni. Giolo sceglie di percorrere un confine labile dove i gesti rimangono simbolicamente ambigui, espressione di una violenza non immediatamente riconoscibile. Mani che cercano di sostenersi e di sottrarsi, ma anche di stringere e colpire, in un gioco sottile di suoni e riferimenti che alimenta il senso di tensione e disagio nello spettatore. Una conversazione gestuale, composta da sequenze visive che si ripetono, in cui il tempo è scandito dalla rotazione di una piccola trottola, anch’essa instabile e precaria come gli equilibri in una relazione affettiva.

L’artista utilizza ripetutamente un filtro rosso sull’obiettivo, creando un dispositivo concettuale che sfrutta un elemento di astrazione per occultare e trasfigurare le immagini. L’inserimento meccanico del filtro nell’obiettivo diventa così una simulazione di un atto violento, che immediatamente cambia la nostra percezione della memoria di uno stesso gesto già visto in precedenza.

Questa compresenza di opposti si ritrova anche nel titolo che metaforicamente associa alla bellezza di un fenomeno naturale, e implicitamente all’amore, il rischio di trasformarsi in un impulso soffocante.