Art Brut. Come i disegni cominciarono a diventare Arte? 

 

August Natterer

August Natterer, “Testa di Strega” (Hexenkopf)

   

Agli inizi del ventesimo secolo il primario di psichiatria dell’ università di Heidelberg, Emil Kraepelin (1856 – 1926), conservava i disegni e altre opere dei propri pazienti. Facendo questo, sperava di ottenere un accesso possibile alla loro complicata interiorità. All’epoca la psicoanalisi di Freud iniziava il proprio trionfo. Era pero anche il periodo della prima Guerra Mondiale e del dopoguerra: Il Dadaismo faceva parlare di se, l’Espressionismo stava portando un nuovo stile e mirava ad una nuova percezione epocale. Su questo terreno si modificava anche la valutazione dell’arte. Pertanto per Kraepelin il fattore artistico-estetico non entrava in considerazione e neppure il valore commerciale degli elaborati dei suoi pazienti.

Al contrario, nell’apprezzamento di queste opere si stava sviluppando l’idea dell’ ”arte degenerata” (entartete Kunst), che poi diventò attuale sotto un potere politico dittatoriale “oscurantista”. Fortunatamente i primi lavori dei pazienti psichiatrici sono stati salvati grazie a un giovane assistente incaricato da Kraepelin.

Hans Prinzhorn (1886 -1933) prima dello studio di medicina aveva ottenuto una laurea in storia dell’arte e potè così, con la sua funzione, diventare il perno e l’interprete tra opere di malati e oggetti d’arte. Fu pioniere di un’idea, seguito alla quale, altri psichiatri cominciarono ad interessarsi di disegni, scritti e creazioni dei propri pazienti ed a guardarli senza preconcetti. Le opere furono però spesso viste e interpretate nel contesto della malattia e del visuto del paziente, delle sue capacità di affrontare i propri problemi. Ma Prinzhorn intuiva già un probabile movimento verso l’arte moderna e nel 1922 publicò un libro “Quadri dei malati mentali” (Bildnerei der Geisteskranken).

Oggi giorno, la collezione “Prinzhorn Sammlung” a Heidelberg è forse la più importante al mondo per l’Art Brut e sarà illustrata qui con un unico esempio:

 

August Natterer occhi

August Natterer, “i miei occhi durante l’apparenza” (Meine Augen während der Erscheinung)

 

August Natterer  (detto "Neter") 1868 – 1933, elettrotechnico di formazione, ha lavorato nel suo mestiere in Europa e visitato gli Stati Uniti. Fondò poi la propria ditta, ma nel 1907, cominciò a sviluppare allucinazioni uditive e visive, poi idee deliranti. Dalle cartelle cliniche-psichiatriche durante il ricovero risulta che la sue descrizione delle allucinazioni avviene con un parlare rozzo, ma anche sorprendentemente captante. Similmente impressionanti, carichi di espressioni e rifiniti in modo perfetto i suoi quadri. Più tardi sviluppò idee megalomani, non è escluso in relazione con la sifilide di cui era affetto. Vedeva per esempio la propria nonna quale figlia di Napoleone e di Isabella di Parma (tra l’altro 20 anni più vecchia del fantasmato marito). Ma ciò non disturbava la pseudologica di Natterer, che si sentiva comunque un salvatore del mondo.

Nella clinica Waldau di Berna, sotto la direzione di Walter Morgenthaler (1882 -1965) era ospedalizzato Adolf Wölflin (1864 – 1930). Morgenthaler (un uomo molto sensibile, dalle ampie vedute, che si dedicava ad un migioramento delle condizioni di vita dei suoi pazienti e anche della formazione professionale degli infermieri in psichiatria) mise a disposizione di Wölflin il materiale e anche il luogo dove poteva concentrarsi sulle proprie creazioni. Molto presto Morgenthaler raccolse queste opere publicandole (“un malato mentale quale artista”) (ein Geisteskranker als Künstler) a scopo di una migliore comprensione publica per i malati psichici.

Il lavoro di Wölfli (immagine e poesia) (Bild und Dichtung) venne così per la prima volta definito “opera d’arte”. Durante i 30 anni di ospedalizzazione Wölfli realizò migliaia di opere, il che sta ad indicare una estrema ossessiva spinta all’attività.

La sua storia personale ha molto da fare con le oppressioni subite: orfano di madre fu dal padre (alcolizzato) mandato a servizio, collocato, messo in appalto in famiglie di contadini. Divenne servo, poi finì in prigione per tentativo di violenza carnale, ma fu ritenuto incapace di intendere.

Nel 1895 entrò nella clinica psichiatrica Waldau e vi restò per la vita. Qui cominciò a creare pagine cariche di illustrazioni nelle quali racconta la sua problematica infanzia, ma anche le proprie (mai vissute) gloriose avventure, scoperte e atti eroici. Lavorava insistentemente e frenetico, pitturando fino ai margini dei fogli e solo il titolo permetteva, difficilmente, di deciffrare il confuso contenuto dell’opera, che pertanto affascina con le forme quasi arabesche, simmetriche e il modo in cui esprime la propria interiorità.

 

Aldof Wölfli

Aldof Wölfli

 

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Die Führ Hamm’r Schlange, 1921

 

Anche Hans Steck (1891 – 1980), primario della clinica psichiatrica Cery, conservava i lavori dei pazienti perchè li riteneva parte del processo di guarigione e publicò in riviste mediche la nozione di “parallelisme schizo-primitifs”, in cui la definizione di “primitivo” concernente lo stile non è pensata svalutante. Già prima, verso il 1900, Picasso avevo avuto una fase di “arte primitiva” con studi di oggetti provenienti dal Senegal e dal Sudan (come altri già prima di lui). Steck cercò un’approccio all’ arte convenzionale in collaborazione con Jacqueline Porret-Forel, che gestiva la sua collezione.

 

  picasso

Picasso:arte primitiva

 

Aloise Corbaz (1886 – 1954), paziente per la vita a Cery, nei sogni di infanzia voleva diventare cantante e, avendo una bella voce, beneficiò di una formazione musicale. Ma la sua vita si svolse in modo differente: presto orfana, dopo la scolarità diventò sarta, lavorò poi, fino alla Prima Guerra Mondiale come governante a Potsdam e qui si manifestarono i primi segni di una schizofrenia. Ospedalizzata a Cery cominciò a disegnare i suoi temi esposti in modo teatrale come su palcoscenico operistico: Napoleone, belle donne, principesse con colori intensi e vivi, gioisi, quadri emotivamente accattivanti.

 

Aloise Corbaz

Aloise Corbaz

L’eleganza, che riempie i suoi quadri fino al bordo non necessita un’analisi verbale. Malgrado ciò sembra che dal quadro si sviluppi una dimensione spirituale corrispondente al vissuto stesso di Aloise. Quando nel 1948 Jean Dubuffet vide la collezione di Aloise a Lausanne, ne rimase impressionato e non volle credere alla malattia mentale di Aloise. È stato lui a definire questi lavori nel contesto di “Art Brut” integrandoli nell’Olimpo dell’arte ufficiale museale.

 

Aloise Corbaz im

Aloise Corbaz

 

Dubuffet, artista antiintellettuale, non ancora mondialmente noto, aveva suscitato vari scandali e furori con le proprie opere naive e primitive, soprattutto negli Stati Uniti. La sua vita aveva avuto a lungo un percorso distante dalla scena dell’Arte e pertanto è grazie a lui che queste opere considerate oggi quali “outsider art”, abbiano poi trovato il loro posto inglobate nell’insieme con quelle di altri artisti ben noti, qui non elencati. 

 

Dubuffet

Jean Dubuffet

I tre esempi summenzionati sono nati nella psichiatria senza alcun tratto mirante all’estetica, nè a valori commerciali, ma creati da mani non istruite e motivati e spinti solo dal dolore e da una malattia mentale: “Arte di sofferenza” (“Leidenskunst”) così Abi Warburg definiva l’Art Brut.

Malgrado ciò questi disegni sono riusciti a suscitare interesse e a far parte della nuova tendenza dell’arte. Mi pongo la domanda: cosa sarebbero state queste opere senza Dubuffet?

Disegni inclusi nelle cartelle mediche, sogni, allucinazioni? Pertanto la loro bellezza è certa e ci entra nell’anima; e in fine: questi pazienti con i loro lavori sono diventati artisti o sono rimasti dei malati?

 

Dott.ssa Heidi Wolf Pagani

Neurologia FMH