L’ARDUA DETERMINAZIONE DELLA PATERNITÀ DI UN’OPERA D’ARTE: IL SUO AUTORE PUÒ DISCONOSCERLA? di Beatrice Molteni

 

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Determinare la paternità di un’opera d’arte non è affatto semplice ed anzi costituisce ad oggi una delle problematiche più dirompenti nel mondo dell’arte visto che spesso si rischia di introdurre nel mercato beni ed opere erroneamente attribuite e stimate.

Di conseguenza, si ritiene che il potere di rilascio delle “autentiche” appartenga, oltre che al suo autore se vivente, a soggetti ritenuti competenti nel settore (i.e. esperti d’arte, critici, periti con comprovati titoli culturali del settore), i quali hanno l’onere di garantire l’autenticità dell’opera, la sua attribuzione all’artista, la provenienza dell’opera con i possibili passaggi noti, le essenziali caratteristiche tecniche realizzative.

Tuttavia, il mercato non sempre riconosce pacificamente i certificati di autenticità, le expertise o le varie dichiarazioni accompagnatorie delle opere d’arte, tanto da assistere al sorgere di conflitti tra gallerie, esperti, fondazioni ed archivi di artista.

Per tale ragione, sono assai frequenti i ricorsi all’autorità giudiziaria per contestare i pareri resi da esperti circa la paternità delle opere d’arte e per ottenere l’accertamento giudiziale della sua autenticità.

Tuttavia, non spetta certo al giudice sostituirsi al perito d’arte poiché la sua giurisdizione è rivolta esclusivamente a giudicare di “diritti” e, solo strumentalmente all’affermazione delle pretese che ne conseguono, può prendere in esame i fatti costitutivi.

Quel che è certo è che l’esperto, chiamato ad esprimere il proprio giudizio professionale su un’opera, deve essere scevro da qualsiasi influenza e non deve adeguare il proprio giudizio a quello da altri desiderato.

Il suo parere, infatti, deve essere espressione della sua libertà di pensiero, anche se comunque resta fermo per l’autore il diritto di rivendicare la paternità di un’opera d’arte ove erroneamente attribuita ad altri, o, viceversa, disconoscerne la provenienza.

Infatti, la tutela del diritto di rivendicare la paternità dell’opera realizza allo stesso tempo un interesse privato e un interesse pubblico, in quanto da un lato assicura all’autore la possibilità di farsi conoscere attraverso l’opera e dall’altro lato garantisce alla collettività di evitare ogni inganno nell’attribuzione della paternità intellettuale.

Se da una parte l’artista ha certamente il diritto di mantenere segreta la sua opera, financo di distruggerla, liberamente, finché rimane sua, dall’altra, una volta che le opere sono poste in circolazione con il suo consenso, la richiesta dell’artista che non gli siano più attribuite costituisce un’evidente forzatura e comporta, nei fatti, una rilevante incertezza giuridica e un grave danno verso i terzi, oltre che verso l’artista stesso.

Si rammenta, inoltre, che la legge sul diritto d’autore riserva all’artista lo sfruttamento dell’opera in ogni forma e modo, originale o derivato (art. 12 l.d.a.) compatibili con il tipo di opera realizzata, e gli riserva altresì la possibilità di opporsi a qualsiasi modifica e ad ogni atto a danno dell’opera stessa che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione (art. 20 ss. l.d.a.), oltre che il diritto di beneficiare dei successivi incrementi di valore della propria opera, nelle vendite successive alla prima, a determinati presupposti e condizioni (il c.d. droit de suite).

Tuttavia, la legge sul diritto d’autore non regola espressamente il diritto dell’autore di disconoscere l’opera né vi sono altre disposizioni normative che prevedano un’autonoma tutela privatistica contro le false attribuzioni di paternità.

Il fondamento giuridico del diritto di disconoscere un’opera d’arte, che si sostanzia nel diritto di un soggetto ad inibire l’attribuzione del proprio nome a opere delle quali non sia il creatore, nel diritto di disconoscere come proprie opere i falsi, e nel diritto alla così detta non paternità, è, quindi, rimesso all’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che si divide tra due principali orientamenti.

Da una parte, coloro che riconducono tale diritto nell’alveo della disciplina a tutela del nome e dello pseudonimo, prevista dagli artt. 7, 8 e 9 c.c., in quanto il disconoscimento si traduce sostanzialmente in una tutela contro l’uso indebito del nome che può essere fatto valere, congiuntamente all’autore, da chiunque abbia, rispetto alla tutela del nome, un interesse fondato su ragioni familiari degne di essere protette.

Dall’altra, coloro che, invece, sostengono che tale diritto trovi fondamento nell’art. 20 l.d.a. e rientri tra i diritti morali riconosciuti all’autore.

Il diverso inquadramento comporta differenti conseguenze e tutele; infatti, nel primo l’usurpazione non configurerebbe un’ipotesi di reato e dopo la morte dell’autore saranno legittimati ad agire tutti i portatori di un interesse fondato sulle ragioni famigliari, mentre nel secondo caso l’usurpazione configurerebbe il reato previsto dall’art. 171 l.d.a. e, dopo la morte, i soli soggetti legittimati sarebbero quelli previsti dall’art. 23 l.d.a..

La giurisprudenza maggioritaria riconduce non solo il diritto a disconoscere un’opera falsamente attribuita ad un soggetto ma anche il diritto dell’autore di essere altresì riconosciuto come tale e di rivelarsi al pubblico in modo da poter rivendicare la legittima paternità nei confronti di chi la contesta, nell’ambito dei diritti di autore.

Il diritto al disconoscimento della paternità dell’opera incontra, però, dei limiti?

Alla luce dell’orientamento prevalente, ribadito da ultimo dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 14 ottobre 2021, all’artista non spetta un diritto al disconoscimento assoluto ed incondizionato, poiché se da una parte è pur vero che la legge sul diritto d’autore riconosce all’artista determinati diritti sulle opere da lui messe in circolazione, dall’altra è pur sempre necessario effettuare un equo bilanciamento con gli interessi e i diritti dei terzi.

Più nello specifico, il diritto di rivendicare la paternità dell’opera (e quindi il correlato diritto a non esserne riconosciuto l’autore) e quello di opporsi a eventuali interventi o modifiche lesive dell’onore o della reputazione dell’artista possono essere esercitati fintanto che tali modificazioni non siano state conosciute e accettate dall’artista stesso e l’opera non sia uscita dalla sua sfera di controllo.

Il diritto dell’autore è quindi riconosciuto e tutelato dall’ordinamento solo quando vi è un concreto pericolo che possa essere arrecato un danno alla sua reputazione, al suo onore o alla sua immagine poiché, se così non fosse, si rischierebbe di legittimare l’esperimento, in modo arbitrario ed indiscriminato, delle azioni di disconoscimento da parte di quegli artisti che decidono di ripudiare le loro opere fino a decidere di ritirarle dal mercato.

Infatti, il diritto al disconoscimento, anche nella sua accezione più ampia, non può assolutamente prescindere dall’esistenza di ragioni obiettive che salvaguardino, qualora sia già intervenuta la circolazione dell’opera, i diritti acquisiti dai terzi e, più in generale, la certezza dei rapporti giuridici.

È senz’altro evidente che spesso un’opera circola anche in quanto attribuita ad un determinato autore e l’eventuale disconoscimento impatta sulle qualità essenziali di tale bene, intese non soltanto in senso artistico, ma anche economico.

Ai fini di completezza, si rammenta che l’oggetto del contendere, nel caso sottoposto dinanzi ai giudici milanesi, era la scultura denominata “The Serpents” n. 2/3, appartenente alla serie “Banality” del celebre artista Jeff Koons, il quale, già a fine anni novanta aveva tentato, senza successo, di bloccarne la vendita all’asta affermando che si trattava di un’opera contraffatta e ancor più recentemente si era rifiutato di rilasciare la sua autentica ad un gallerista italiano perché riteneva il prototipo “insoddisfacente”.

A conferma della sentenza di primo grado, la Corte di Appello di Milano ha negato all’artista il diritto di disconoscere la suddetta opera per le ragioni così come sopra esposte.

Beatrice Molteni

Associate presso Loconte&Partners