Il contemporaneo è uno choc positivo, che per comunicare necessita di una continuità con la storia

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Lo storico dell'arte Claudio Strinati ci parla di arte contemporanea, portandoci all'attenzione del bello oggettivo e dell'ispirazione, affermando che l'artista è pioniere di un concetto di superamento della visione comune.

 

By Redazione

Lei conosce benissimo l'atteggiamento degli artisti del passato nei confronti della committenza o di quello che oggi è il mercato/sistema dell'arte. Diciamo che l'artista fino ai primi anni del '900 aveva ancora a che fare con degli aspetti professionali simili a quelli di un architetto o di un operatore del restauro, ecc. Oggi l'arte contemporanea, almeno nella maggior parte dei casi, riconosce gli artisti operativi nel sistema solo se appartengono al mercato dell'arte: quotazioni, mostre, aste, ecc. Secondo lei può l'artista odierno definirsi professionista pur non appartenendo a questo sistema?

Si, se ha fatto il giusto percorso, può ritenersi professionista sicuramente, però è anche vero che finché non entrerà nel grande sistema i suoi committenti saranno limitati. Si può essere professionisti senza essere parte di un sistema, ma è anche vero che è il sistema che sostiene il professionista, quindi se un artista resta isolato, rischia di non essere riconosciuto adeguatamente. Tuttavia se si rimane completamente indipendenti, non si raggiunge quel tipo di committente che ti permette di raggiungere una grande fama e un grande successo commerciale. In conclusione, non è necessario, ma è molto utile.

C'è chi afferma che l'arte prettamente moderna non allude al bello oggettivo. Non necessita di modelli eppure funziona, il perché è dovuto ad un disturbo; l'arte del nostro tempo, o per lo meno quella che si distacca da un certo manierismo che se pur moderno rimane prettamente accademico, non ha una pretesa di generare un'aura, ma di provocare uno choc. Ciò è semplicemente diverso da una concezione dell'arte ''storica'' o è un elemento negativo ampiamente giustificato dal sistema?

È diverso dall'arte storica, non è un elemento negativo è solo una caratteristica del nostro tempo, in questo periodo storico è vero che gli artisti spesso lavorino per scioccare il pubblico, ciò può sembrare strano ma non lo è, in quanto il pubblico di oggi è abituato a tante forme di comunicazione (internet, la radio, ecc.) e quindi dall'arte ha bisogno di qualcosa di diverso dalla comunicazione normale, è normale che un artista voglia scioccare il suo pubblico altrimenti si mette sullo stesso piano della comunicazione quotidiana, del giornalismo, del tweet o di facebook, l'artista deve superare la normalità per raggiungere il suo pubblico, in un certo senso è quasi un obbligo. Scioccare in senso buono non lo giudico negativamente ma positivamente.

Lei è uno dei principali esperti del Caravaggio. Da qui vogliamo cercare di fare un collegamento, ritornando alla pittura odierna, e cercando di non essere banali. Come può un artista contemporaneo ispirarsi al Michelangelo Merisi senza riportarne in modo esplicito l'iconografia e i dettagli più comuni? In breve, come può rilasciare al fruitore lo stesso pathos con una chiave estetica diversa?

L'artista contemporaneo, si può ispirare al Caravaggio senza essere banale, ciò è possibile solo se si utilizza un linguaggio diverso. Molti critici credono che molti registi traggano ispirazione dal Caravaggio, molti direttori delle luci tipo Storaro, che lo ha detto in modo esplicito. Trarre ispirazione non significa usare lo stesso linguaggio, ma lo stesso spirito che si realizza con mezzi con cui l'artista ha la gestione. Caravaggio aveva i pennelli, olio, tele, oggi gli strumenti per fare arte sono tanti, pensiamo al cinema. È probabile che se Caravaggio fosse vissuto oggi avrebbe fatto il regista piuttosto che il pittore.

Quindi diciamo che non sono cambiati gli artisti, ma è cambiata la visione e la percezione di chi osserva l'arte "è l'artista che ha imposto un nuovo stilema o è stato un mutamento generico?"

Ci sono entrambe le cose, c'è il senso della continuità tra gli artisti, per cui ogni artista che vive in un certo momento storico può guardare al passato come gli pare. L'artista non è un critico o uno storico, è un artista. Quando l'artista guarda un suo collega del passato lo vede come se fosse vicino a lui, quindi la continuità c'è sempre nella mente degli artisti, anche nella mente di quello più audace e visionario c'è un senso di continuità verso un passato che sceglie lui. L'artista avverte una sintonia, essa è una garanzia di continuità. Nella valutazione dell'arte non esiste esattamente il passato e il presente ma esiste l'opera che può essere validissima oggi, poi dopo cento anni essere dimenticata poi dopo altri cento anni ritornare all'attenzione del pubblico. Io sono un forte sostenitore della continuità. Non c'è bisogno di rinnegare nulla, bisogna solo affermare se stessi, se no l'artista non farebbe l'arte se non volesse affermarsi.

Oggi tanti maestri riescono benissimo a ritrarre soggetti riconoscibili senza accennarne i connotati, ciò è un superamento della visione comune e quindi un evoluzione oppure è un involuzione in quanto questo modo di ''vedere'' ci sta sottraendo la visione soggettiva delle cose?

È un'evoluzione perché io sostengo che la visione obiettiva delle cose non esista, ma non che non esista oggi, non è mai esistita. Tutto quello che noi facciamo, diciamo e creiamo è soggettivo quindi non è che un tempo c'era e ora non c'è più, c'era un'altra visione delle cose. Oggi un artista che crea ha una visione oggettiva delle cose però dal suo punto di vista, quindi non c'è differenza tra Piero della Francesca e un artista che lavora oggi e può vedere le cose con lo stesso occhio con cui le vedeva un pittore del Rinascimento, per poi rappresentarle in un'altra maniera coerente con il suo tempo e la sua sensibilità. Io non credo che quando si fa la critica d'arte si possa applicare il criterio dell'oggettività, non c'è, le cose vengono viste secondo il nostro sentimento, la nostra cultura e il nostro pensiero. Gli artisti più di ogni altro sono le persone che vedono la realtà con un occhio superiore, per cui in realtà lui rappresenta sempre il reale, ma filtrato dalla sua intelligenza e dalla sua sensibilità. In certi casi sembra che la riproduca così come la vede, in altri casi è lontanissimo dal concetto della riproduzione, ma la verità è che l'arte è sempre uguale: è sempre la raffigurazione della realtà e della nostra percezione interiore. Ad esempio i personaggi di Piero della Francesca erano veri ed erano così veramente? Non credo proprio, sono stati prelevati dalla realtà e reinterpretati. Oggi è uguale, solo che oggi c'è una concettualizzazione molto più forte, che trasforma la realtà in un modo profondissimo, come gli antichi ma con altri linguaggi. Concludo che si tratta di un'evoluzione e non di un'involuzione.

 

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Quando un artista affermato può ritenersi storicizzato? Ci sono artisti che pur avendo avuto tanti successi, vengono ancora considerati come ''fenomeno in ascesa''. Ad alcuni manca il mercato, ad altri la presenza permanente nelle istituzioni. Quindi il connubio mercato - istituzione è il binomio perfetto?

In un certo senso si, ci sono sempre state le istituzioni e c'è sempre stato un mercato. Si può dire che un artista può dirsi storicizzato quando la sua personalità viene considerata non solo dagli esperti e dai tecnici, ma dalla società. Quando un artista viene citato da un politico o da un economista, dalla gente che cammina per strada, che magari non lo conosce, ma che ne ha sentito il nome, allora si può dire che quell'artista è storicizzato. Storicizzare significa entrare nella storia, la storia cos'è, è la comunità delle persone, quindi io direi che un artista è storicizzato quando entra in ambienti diversi da quelli dell'arte stessa, quando esce dalla stretta specializzazione, dalla cerchia e diventa membro di una società, qualcuno lo loda, qualcuno lo disprezza, ma esiste. La storicizzazione è uscire dalla nicchia.

Possono oggi le Fondazioni replicare il prestigio dei Musei perché in un certo senso sono due strutture accostabili  in quanto più che curare l'aspetto commerciale curano l'aspetto culturale?

Si le Fondazioni sono le eredi delle antiche associazioni culturali e allo stesso tempo delle banche, degli istituti di credito che hanno soldi e che quindi possono sostenere la cultura. Poi sovente le Fondazioni vengono istituite da persone che hanno curato e hanno avuto a cuore la cultura e che desiderano lasciare il segno della propria personalità, raccogliendo l'arte perché non c'è cosa più preziosa per lasciare memoria di sé che nell'arte. Quindi le Fondazioni sono oggi a mio avviso una presenza importante, in futuro lo saranno  sempre più, in quanto le strutture pubbliche si sono indebolite a differenza delle Fondazioni che si sono consolidate.

La rivista si chiama Quid Magazine  in quanto vuole indagare sul quid che stimola il processo creativo. Per Claudio Strinati che cos'è, e dov'è il Quid?

Oserei dire nella capacità di estrarre nuove idee dalla nostra testa. C'è chi dice che lo scopo principale di una nazione è l'innovazione tanto più un paese investe nell'innovazione tanto più è grande e prospero. Il Quid è l'innovazione non c'è forse strumento più importante dell'arte per arrivare a questo. Tempo fa parlavo con un bravo artista dei nostri tempi, Gilberto Zorio, un maestro bravo e intelligente, gli ho chiesto tu perché fai arte? E lui mi ha risposto: perché creo un'opera che prima non c'era, dato che è necessario farla, io l'ho fatta. Il Quid dell'arte è riuscire a fare qualcosa che prima non c'era, c'è questa esigenza, è deve essere fatta, questa è certamente una spinta verso l'innovazione.

In un'intervista il maestro Enzo Cucchi affermava di ispirarsi per tutto il suo lavoro a Piero della Francesca, diciamo che l'autore dell'intervista è rimasto spiazzato riguardo l'accostamento, ovviamente non per una questione tecnica, ma per un fattore di stilema, può esserci un nesso tra due modi di vedere la pittura in questo modo?

Certamente si, infatti lei ha usato la parola nesso, non si tratta di un'imitazione il punto è distinguere tra nesso e imitazione. Quando un artista si ispira non sta dicendo che lo sta imitando, ma sta dicendo che trova un  nesso, quell'artista a cui si ispira è un anello di una catena dopo di ché il risultato, in certi casi, può essere l'imitazione, a volte divertente, ma non è il punto. Il nesso è questo, vedere nell'altro qualcosa di analogo a quello che ho io, dopo parto da quello per fare una cosa assolutamente diversa, ma il punto di partenza è lì. Il termine più adatto in un certo senso è ''rubare'', prendere qualcosa e farla mia. Ad esempio è come dire mi piace quella macchina, la rubo e vado dove voglio, il proprietario magari sarebbe andato da un'altra parte, tuttavia ci sarebbe andato con lo spirito e lo stato d'animo di chi è proprietario di quella macchina. Cucchi vede in Piero della Francesca una macchina, un mezzo potente.

I suoi progetti futuri?

Ho creato diverse trasmissioni televisive, ora ne sto progettando un'altra, in parte ripete la struttura di StrinArte, ma in parte sarà molto diversa, se riesco a realizzarla, sarà un'esplorazione sui grandi sentimenti dell'essere umano attraverso l'arte, una mia invenzione, che se viene realizzata andrà in onda l'anno prossimo. Poi sto preparando una mostra su alcuni aspetti di Giorgio De Chirico, perché sono entrato nel board della Fondazione De Chirico e il presidente mi ha affidato il compito di curare una mostra su alcuni momenti del Maestro, da me molto amato. Progetto che se si realizza, vedrà luce sempre il prossimo anno.