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I finalisti del PINI ART PRIZE 2021-2022

AMBRA CASTAGNETTI, GAIA DE MEGNI ed ELEONORA LUCCARINI a febbraio 2022 esporranno il loro lavoro negli spazi della fondazione.

La Fondazione Adolfo Pini annuncia i tre finalisti della prima edizione del Pini Art Prize, scelti dalla Giuria, quest'anno composta da Valentino Catricalà, Marco Meneguzzo, Adrian Paci, Roberta Tenconi e Mirjam Varadinis, tra una rosa di quindici nomi proposta dal team di selezionatrici: Lucrezia Calabrò Visconti, Virginia Lupo e Alessia Romano.

Il Pini Art Prize, con il patrocinio del MIC – Ministero della Cultura e del Comune di Milano, è nato con l'intento di promuovere e sostenere i giovani artisti, come previsto dallo statuto che riflette lo spirito di mecenatismo di Renzo Bongiovanni Radice e Adolfo Pini. Il premio biennale, aperto ad ogni forma di espressione artistica afferente al settore dell'arte contemporanea, valorizza e onora l'opera di artisti under 35 domiciliati in Italia.

I tre giovani finalisti avranno l'occasione di esporre i loro progetti alla Fondazione Adolfo Pini, con una rassegna curata da Marco Meneguzzo, Comitato Scientifico della Fondazione. In occasione dell'inaugurazione la Giuria del Pini Art Prize decreterà il vincitore, che riceverà un premio in denaro del valore di 10.000 euro.

Ambra Castagnetti, Genova 1993, vive e lavora a Milano. Si laurea in antropologia a Bologna e in Arti Visive alla Naba con un cortometraggio curato da Adrian Paci. Tra i progetti più recenti: Palazzo Monti (Brescia, 2021); Manifattura Tabacchi (Firenze, 2021); Atelier di Modigliani (Parigi, 2021). Viene selezionata per la Biennale College della Biennale di Venezia 2022 curata da Cecilia Alemani. Nel 2021 inaugura la sua mostra personale alla Galleria Rolando Anselmi (Roma).

Attraverso la scultura, il video, l'installazione e la performance l'artista crea dei mondi possibili all'interno dei quali il vivente è libero di o costretto a muoversi, sfidando le variabili delle circostanze. Il suo lavoro riflette sulla nozione di corpo, inteso come corpo individuale, politico, animale, vegetale, e sulla sua capacità di trasformare se stesso e l'ambiente che lo circonda al fine di attuare una liberazione attraverso la consapevolezza.

Gaia De Megni, Santa Margherita Ligure 1993, vive e lavora a Milano. Consegue la laurea magistrale in Arti Visive e Studi Curatoriali alla NABA di Milano. Le mostre e i progetti recenti includono: Il mito dell'eroe (San Bruzio e Tagliata Etrusca), Hypermaremma 2021 (Maremma Toscana, 2021); The Wild State, Ars Electronica Festival (Linz, 2020); Propaganda, Museo del Novecento (Milano, 2019). Vincitrice del premio Arte Accademia del DUCATO prize (2019) e il premio Lydia (2019).

Il lavoro di Gaia De Megni analizza l'immaginario collettivo e le sue rappresentazioni attraverso alcune strutture preesistenti, come l'archivio cinematografico, il mito e l'archivio digitale. Attivando un processo di frammentazioni, l'intento è quello di generare una suddivisione in livelli d'interpretazione soffermandosi sull'unicità di ognuno di essi. De Megni rielabora il concetto di display rendendo protagonista la regia dell'occhio di chi guarda, dove il pensiero trova respiro lontano dal canone e dalla nomenclatura.

Eleonora Luccarini, Bologna 1993, vive e lavora tra Bologna e Amsterdam. Si forma presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, l'Università IUAV di Venezia e il Sandberg Institute. Espone presso Manifattura Tabacchi (Firenze, 2021), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2021), MACRO - Museo D'Arte Contemporanea (Roma, 2021). Partecipa al progetto di residenza Nuovo Forno del Pane presso MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna (2021).

La ricerca artistica di Eleonora Luccarini (Bologna, 1993) è multidisciplinare e incentrata sulle possibilità performative del linguaggio, considerato uno strumento di rivoluzione e trasformazione attraverso l'uso di finzione, ambiguità e potenzialità. Ponendo la scrittura in costante interazione con altri media, quali performance, video, animazione e scultura, la sua pratica interroga il rapporto tra parola, immagine e corpo, riflettendo le possibilità di sovversione di norme sociali e codici culturali, legate alla performatività del sé.

La Giuria del Pini Art Prize, che si rinnova a ogni edizione, è composta da cinque membri: due interni e tre esterni. I membri esterni sono scelti, in ambito nazionale e internazionale, tra artisti, critici, collezionisti, galleristi, direttori di musei e istituzioni culturali.

Il premio aperto ad ogni forma di linguaggio dell'arte contemporanea tra video, fotografia, pittura, installazioni, performances, scultura, è concepito esclusivamente su invito. La rosa di concorrenti, presentata alla Giuria del Pini Art Prize, è frutto di una lunga, attenta e vasta selezione realizzata sul territorio da tre selezionatori di età inferiore ai 35 anni.

 



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Fondazione Palazzo Magnani presenta ORIZZONTI DEL CORPO Arte / Danza / Realtà Virtuale

Un incontro innovativo tra danza, arti visive, performative e tecnologia in un continuo scambio.

Dal 12 novembre 2021 al 16 gennaio 2022 la Fondazione Palazzo Magnani e la Fondazione Nazionale della Danza – Aterballetto presentano nello spazio espositivo di Palazzo da Mosto a Reggio Emilia la mostra ORIZZONTI DEL CORPO. Arte / Danza / Realtà Virtuale.

Nato dal comune intento delle Fondazioni di sperimentare un incontro innovativo tra danza e arti visive, ORIZZONTI DEL CORPO è un progetto inedito che unisce arti visive, performative e tecnologia in un continuo scambio: l’arte, con le opere di tredici artisti contemporanei invitati negli spazi di Palazzo da Mosto; la danza, con le MicroDanze ideate da cinque coreografi internazionali in un dialogo con le opere moltiplicatore di emozioni; e la tecnologia, con strumenti virtuali e immersivi che consentiranno ai visitatori di continuare ad assistere alle performance,permettendo di incontrare sia la fisicità dei danzatori che la materia dell'arte in un modo del tutto inedito e innescando una nuova relazione con lo spazio.

Interverranno:

Annalisa RABITTI, assessora alla cultura Comune di Reggio Emilia

Davide ZANICHELLI, direttore Fondazione Palazzo Magnani

Gigi CRISTOFORETTI, direttore generale della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto

Marina DACCI, curatrice arte contemporanea e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani.

 

 



 thomas

 

 

LE DONNE E LA FOTOGRAFIA alla Fondazione Luciana Matalon di Milano

Un'esposizione dedicata allo sguardo femminile nell’arte fotografica e al contributo innovativo che le donne hanno dato a tale linguaggio.

È dedicata allo sguardo femminile nell’arte fotografica e al contributo innovativo che le donne hanno dato a tale linguaggio, l’ampia esposizione “Le donne e la fotografia” presentata alla Fondazione Luciana Matalon di Milano dall’8 ottobre al 28 novembre 2021.

La mostra, organizzata in collaborazione con l’associazione culturale Mandr.agor.art, nasce da un accurato lavoro di selezione svolto dai curatori Maria Francesca Frosi e Dionisio Gavagnin che hanno scelto 90 fotografie originali di altrettante artiste fotografe per raccontare il punto di vista femminile in campo fotografico e il suo processo di evoluzione nell’arco di quasi un secolo, con opere che vanno dal 1925 fino al 2018.

Molti i nomi di rilievo: da Diane Arbus a Margaret Bourke-White, da Lisetta Carmi a Regina José Galindo, passando per Gerda Taro, Lisette Model, Sandy Skoglund, Marina Abramovic, Tina Modotti, Gina Pane, Francesca Woodman, Nan Goldin, Sophie Calle, Cindy Sherman, Inge Morath, solo per citarne alcuni.

Accompagna la mostra un ciclo di cinque incontri, a cura di Dionisio Gavagnin, con alcune delle protagoniste esposte in mostra: Ottonella Mocellin, Silvia Camporesi, Valeria Sangiorgi, Regina Josè Galindo e Libera Mazzoleni.

Due sono i nuclei tematici attorno ai quali si è andato costruendo il corpus delle opere selezionate: quello dell’empatia e quello della ricerca dell’identità, individuati dai curatori come peculiari dello sguardo e del contributo femminili all’arte fotografica. «La produzione artistica femminile si distingue da quella maschile – spiegano – per una specificità determinata da una sensibilità distinta per ragioni di natura, di cultura, di ruolo sociale. Da un lato la donna è influenzata dal proprio ruolo di madre, che la rende empatica e sensibile alla sopravvivenza e al benessere umano. Il secondo tema trainante è quello dell’identità in ambito sociale, sentita come compressa o inespressa».

I due macro-temi sono poi declinati in un percorso espositivo suddiviso in quattro capitoli: “La ricerca del sé tra identità femminile e ruoli sociali”, “Simpatie”, “Donne, moda, costume”, “Sul pezzo. Dentro all’attualità”.

La storia dell’arte al femminile è strettamente connessa alla storia dell’emancipazione della donna.

È con l’accesso all’istruzione e l’indipendenza economica, infatti, che la donna inizia a determinarsi come donna moderna e a misurarsi con le professioni intellettuali e con gli strumenti della cultura e dell’arte.

Nel ‘900, grazie anche a una maggiore maneggevolezza delle attrezzature fotografiche, sempre più numerose sono le donne che utilizzano la fotografia come mezzo espressivo. I temi sono gli stessi della fotografia documentaria ma l’occhio femminile che vede e seleziona è emozionato, commosso, e il soggetto emerge dall’immagine come avviluppato da un pathos particolare frutto di una pietas che sembra comprendere, proteggere, amare. Bambini, famiglie, amici, costituiscono alcuni dei soggetti più frequentati della fotografia femminile dell’empatia.

Tema frequente, per esempio, in Dorothea Lange – pioniera della fotografia sociale che documenta le conseguenze della crisi del ’29: in mostra un suo scatto degli anni ’30 intitolato Feeding of Orphans –, in Lisette Model – che fotografa instancabilmente ogni angolo della città, mettendone in luce i forti contrasti sociali, di cui si ammira l’opera Sammy’s Bar at the Bowery, del 1940 circa –, in Gerda Taro, presente in mostra con uno scatto che ritrae un membro della milizia repubblicana durante la Guerra Spagnola – la Taro fu una delle prime fotoreporter al fronte –, e, nel secondo dopoguerra, in Diane Arbus, Lisetta Carmi – tra i primi fotografi ad occuparsi di identità di genere e del movimento LGBT realizzando la celebre serie I Travestiti di cui in mostra è esposto uno scatto. 

Empatia umana che si ritrova anche nelle immagini di violenza, di guerra, di emigrazione, di paura, di Letizia Battaglia, Christine Spengler – che si concentra sulla fotografia di guerra colta dal punto di vista delle sue vittime: Le bombardement de Phnom-Penh del 1975 è il suo scatto presente in rassegna –, Regina José Galindo, Yto Barrada, o nelle distopie di Sandy Skoglund.

Un più universale e onnicomprensivo sentimento di empatia è invece quello che alimenta la creatività di artiste come Tina Modotti, il cui tema cardine è la denuncia delle condizioni di miseria in Messico, ben rappresentato nell’esposizione dall’opera Bateau et pêcheurs del 1925, e Gina Pane che nello scatto Deuxième projet du silence mette in gioco sé stessa e il suo corpo. Attraverso il loro sguardo il paesaggio si trasforma in territorio, nello spazio aperto ed amico di una umanità finalmente liberata da costrizioni, confini, conflitti.

Il secondo tema dominante della fotografia al femminile riguarda l’identità della donna nel contesto sociale. Alcune artiste fotografe ci introducono in questo processo, a volte esaltante, altre volte doloroso, di ricerca della propria identità, tra gli ostacoli frapposti a tale ricerca da leggi, abitudini e principi morali propri di una civiltà al maschile.

Che si tratti di una sofferta introspezione ai limiti del sogno o della follia, come nelle foto di Francesca Woodman, dalle cui immagini rivoluzionarie emerge una riflessione sul rapporto fra il corpo e il mondo circostante e di cui in mostra si ammira un Untitled del 1977-78, o in Ketty La Rocca, Sophie Calle, Nan Goldin; o del rapporto uomo-donna nei suoi risvolti sessuali e di potere, come in Olga Spolarics (Atelier Manassé) presente in mostra con uno scatto surrealista che ritrae una donna come una zolletta di zucchero, probabilmente la prima volta in cui la donna si trasforma in oggetto, in Marina Abramovic, Odinea Pamici, o, infine, nella denuncia dei ruoli minoritari e stereotipati, o di comportamenti “alla moda”, a cui la donna viene costretta da leggi maschiliste e dal mercato, come in Cindy Sherman, che attraverso lo strumento del travestimento esplora a pieno il concetto di identità, o in Vanessa Beecroft.

Le loro immagini colpiscono l’osservatore per un radicale rifiuto della figura tradizionale della donna e per un elevato tasso di provocazione; ma anche per una toccante aspirazione a una condizione di piena realizzazione della persona.

Accompagna la mostra un catalogo, edito da Mandr.agor.art, con i testi critici di Maria Francesca Frosi e Dionisio Gavagnin.

Calendario eventi collaterali alla mostra “Le donne e la fotografia”, a cura di Dionisio Gavagnin:

Venerdì 22 ottobre, ore 17.30: “I’ll be your mirror. Intorno all’arte partecipata (al femminile)”

Incontro-intervista con Ottonella Mocellin

Giovedì 28 ottobre, ore 17.30: “Un percorso fotografico tra sogno e pensiero”

Incontro-intervista con Silvia Camporesi

Giovedì 4 novembre, ore 17.30: “Il consumo del corpo”

Incontro-intervista con Valeria Sangiorgi. In collaborazione con la CSA Farm Gallery, Torino

Venerdì 19 novembre, ore 17.30: Regina Josè Galindo. Proiezione del video “El canto se hizo grifo (Il canto si è fatto grido)”, 2021, e collegamento in video-conferenza con l’artista sul tema: La violenza sulle donne. Modi di riaffermazione della libertà tra performance e fotografia. In collaborazione con la Prometeo Gallery di Ida Pisani, Milano

Giovedì 25 novembre, ore 17.30: “Sguardo di genere sul Mondo”

Incontro-intervista con Libera Mazzoleni. In collaborazione con la Galleria Frittelli Arte Contemporanea, Firenze

Info

Titolo Le donne e la fotografia

A cura di Maria Francesca Frosi e Dionisio Gavagnin

Mediapartner Radio Popolare

Sede Fondazione Luciana Matalon, Foro Buonaparte 67, Milano

Date 8 ottobre – 28 novembre 2021

Inaugurazione giovedì 7 ottobre, ore 18, su invito

Ingresso intero € 8 – ridotto € 6

Orari da martedì a domenica, ore 10 - 19. Lunedì chiuso.

Catalogo edito da Mandr.agor.art, con testi critici di Maria Francesca Frosi e Dionisio Gavagnin

Info al pubblico fondazionematalon.org | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. | 02.878781

 

 



 thomas

Giulio Paolini,Opera Autentica, 2001Installation view, Palazzo Te, Mantova, 2017ph. Agostino Osi

 

La Fondazione Antonio Ratti presenta la mostra "Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto"

Un progetto espositivo che ricongiunge la visione e la storia dell’imprenditore Antonio Ratti ai suoi luoghi di origine, lasciando un’eredità preziosa e viva ancora oggi.

A Como dal 10 ottobre 2021 al 31 gennaio 2022 la Fondazione Antonio Ratti presenta la mostra Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto, a cura di Lorenzo Benedetti, Annie Ratti e Maddalena Terragni, un progetto espositivo che ricongiunge la visione e la storia dell’imprenditore Antonio Ratti ai suoi luoghi di origine, a quella città in cui la sua idea di cultura di impresa si è sviluppata, lasciando un’eredità preziosa e viva ancora oggi.

Intrecciando antichi reperti tessili, opere d’arte contemporanea e materiali d’archivio l’esposizione ripercorre la vita, l’opera e la visione dell’industriale e mecenate Antonio Ratti, uno dei grandi imprenditori che nel secondo dopoguerra hanno saputo, insieme alla sua azienda Ratti S.p.A., ricostruire l’Italia industriale a partire da una profonda concezione filantropica e culturale.

Terza mostra dedicata ad Antonio Ratti – dopo quella a Palazzo Te a Mantova nel 2017, e alle Terme di Diocleziano a Roma nel 2018 Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto approfondisce ulteriormente la visione e la storia dell’imprenditore, ampliando il progetto e dialogando direttamente con i luoghi in cui ha vissuto e lavorato per tutta la vita.

Il percorso di mostra si articola fra spazi pubblici e privati di grande interesse e la sede della Fondazione, creata da Ratti nel 1985, dove ancora oggi è conservata la sua collezione tessile.

Opere realizzate appositamente per l’occasione contribuiscono a creare una relazione visiva coesa tra la ricerca artistica, i tessuti antichi, la storia di Antonio Ratti e gli spazi interni ed esterni della mostra.

Prende forma, nuovamente, la sua idea che esperienza e conoscenza, arte e sperimentazione siano strumenti fondamentali per comprendere il proprio tempo e generare nuove idee.

La mostra è ospitata nelle sale di Villa Olmo e di Villa Sucota, nei loro parchi e in altri luoghi della città, creando una rete fra punti focali del tessuto culturale comasco.

Cuore della mostra è Villa Olmo, a pochi passi dal centro cittadino. Grazie all’allestimento firmato dall’architetto Philippe Rahm e dalla veste grafica di Wolfe Hall, materiale d’archivio e tessuti antichi dialogano con le opere d’arte contemporanea nelle sale neoclassiche della villa.

Artisti che negli anni hanno collaborato con la Fondazione, come John Armleder, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Walid Raad, Yvonne Rainer, Julia Brown, Vincent Ceraudo, Zishi Han, Moira Ricci e Oriol Vilanova, hanno realizzato opere pensate appositamente per questi spazi, capaci di raccontare la visione e l’eredità di Antonio Ratti. Un documentario realizzato da Domenico Palma, visibile all’interno della Villa, racconta Antonio Ratti attraverso le parole e i ricordi di chi con lui ha collaborato e condiviso sogni e visioni. Si compone così un ritratto vivo e intenso dell’imprenditore e mecenate comasco.

Antonio Ratti, imprenditore e mecenate comasco, creatore dell’omonima azienda e Fondazione, costruì la propria impresa sulla ricerca di innovazione e sull’attenzione costante al contesto sociale e all’ambiente lavorativo. Nel suo lavoro, l’attività culturale e artistica è stata da sempre un elemento imprescindibile per la creazione di un prodotto di estrema qualità. Antonio Ratti partiva dal presupposto che il tessuto fosse a tutti gli effetti un prodotto culturale. Nel pionieristico edificio costruito da Tito Spini nel 1958 per la Ratti S.p.A., la Palazzina dei Servizi Sociali veniva utilizzata di giorno come mensa, mentre alla sera ospitava concerti, spettacoli teatrali, corsi e dibattiti per i lavoratori. La necessità di trovare ispirazione per la creazione di nuovi disegni tessili lo portò a collezionare tessuti antichi provenienti da tutto il mondo. La prestigiosa collezione che ne è derivata è divenuta nel 1985 il cuore di una Fondazione a scopo culturale che ancora oggi porta il suo nome. Qui, oltre allo studio e alla conservazione dell’archivio tessile e della collezione, si tiene ogni anno il programma CSAV – Artists’ Research Laboratory, in cui giovani artisti di tutto il mondo hanno l’opportunità di approfondire le proprie pratiche a contatto con i grandi maestri del panorama contemporaneo. La

Fondazione Ratti è diventata negli anni un punto di riferimento per la ricerca, un’incubatrice di idee, un luogo di discussione e sperimentazione. 

Antonio Ratti che unisce i parchi di tre ville comasche - con le opere di Ilya e Emilia Kabakov, Liliana Moro, Giulio Paolini e Rä di Martino. Il percorso espositivo si conclude a Villa Sucota, tappa finale della mostra e sede della Fondazione Antonio Ratti.

Il parco della Villa, che già ospita opere permanenti di Gerry Bibby, Jimmie Durham, Liliana Moro, Matt Mullican e Richard Nonas, sarà arricchito da installazioni di artisti che negli anni hanno partecipato al CSAV - Artists’ Research Laboratory, tra i quali Invernomuto, Daniel Jablonski e Oscar Santillan. All’interno della Villa vengono raccontate altre sezioni dell’archivio tessile di Antonio Ratti: attorno ai grandi tavoli, si snodano opere di artisti che da anni collaborano con l’istituzione, da Jimmie Durham a Giuseppe Gabellone, da Mario Garcia Torres a Melanie Gilligan, e ancora Joan Jonas, Christina Mackie, Walid Raad e Karl Holmqvist, che realizzerà una performance il giorno dell’inaugurazione.

La mostra si estende infine alla città, con la proiezione di Alfredo Jaar sulla facciata della Casa del Fascio in occasione dell’apertura della mostra, e l’opera di Hans Haacke installata sulla facciata del Teatro Sociale e davanti all’ex Chiesa di San Francesco (Spazio Culturale Antonio Ratti)

L’esposizione costituisce un’occasione non solo per raccontare la vita e la storia di un imprenditore visionario, ma anche per perseguire quell’idea da lui ricercata e sostenuta, di diffusione e condivisione di valori culturali.

Artisti: John Armleder, Julia Brown, Vincent Ceraudo, Rä Di Martino, Jimmie Durham, Gaia Franchetti, Giuseppe Gabellone, Melanie Gilligan, Hans Haacke, Zishi Han, Karl Holmqvist, Invernomuto, Alfredo Jaar, Daniel Jablonski, Joan Jonas, Ilya e Emilia Kabakov, Christina Mackie, Liliana Moro, Luigi Ontani, Domenico Palma, Giulio Paolini, Diego Perrone, Walid Raad, Yvonne Rainer, Moira Ricci, Oscar Santillan, Mario Garcia Torres, Oriol Vilanova.

Fondazione Antonio Ratti Villa Sucota, Via per Cernobbio 19 22100 Como, Italia fondazioneratti.org

 



 FP Locandina 2021 ELISABETTA BENASSI 1

 

Fondazione Adolfo Pini presenta Elisabetta Benassi Lady and Gentlemen

L’opera di Elisabetta Benassi percorre uno spazio difficile, quello del nostro presente.

Dal 14 settembre 2021 la Fondazione Adolfo Pini presenta la mostra personale di Elisabetta Benassi, Lady and Gentlemen, a cura di Gabi Scardi.

Con riferimenti alla tradizione culturale, politica ed artistica del 900, ai temi controversi della contemporaneità, l’opera di Elisabetta Benassi percorre uno spazio difficile, quello del nostro presente. Sullo sfondo dei suoi lavori appare sempre una domanda sulla condizione e l’identità attuali, sui loro rapporti con il passato storico e una spinta a riconsiderarlo, guardandolo in controluce.

Il nuovo progetto, appositamente ideato per la dimora che fu in origine di Renzo Bongiovanni Radice e poi di Adolfo Pini, è incentrato sulla figura del gallerista torinese Luciano Anselmino, figura oggi dimenticata, animatore dell’ambiente artistico tra Roma e Milano negli anni Sessanta e Settanta: gli stessi anni in cui il palazzo milanese di Corso Garibaldi passava da Renzo Bongiovanni Radice, pittore schivo e riservatissimo, dedito per tutta la sua vita alla pittura con sguardo personale e introspettivo, al nipote Adolfo Pini, bon vivant, responsabile del lascito testamentario grazie al quale la Fondazione Adolfo Pini tuttora esiste. In quegli anni l’Italia vive un fermento culturale internazionale nel quale l’impetuosa attività di Anselmino, amico e sodale di grandi artisti del suo tempo, da Man Ray ad Andy Warhol, si inserisce perfettamente.

Elisabetta Benassi, con stile asciutto, fa riferimento alla figura di Anselmino, agli straordinari incontri artistici da lui innescati nel brevissimo arco della sua attività, alla sua morte prematura.

Elisabetta Benassi (Roma, 1966) è attiva sulla scena internazionale a partire dagli anni 2000. È la vincitrice della terza edizione del premio Italian Council nel 2018. Inoltre ha partecipato alla Biennale di Venezia tre volte, nel 2015 Personne et les Autres, Padiglione Belgio, a cura di Katerina Gregos, nel 2013 Viceversa, Padiglione Italia, a cura di Bartolomeo Pietromarchi e nel 2011 ILLUMInazioni | ILLUMInations, a cura di Bice Curiger. Ha esposto le sue opere in numerosi musei e istituzioni, sia in Italia sia all’estero, tra le mostre personali più recenti si ricordano: Empire, Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi, Roma, Italia (2021); The Sovereign Individual, Galerie Jousse Entreprise, Parigi (2018); It Starts With The Firing, Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2017); Voglio fare subito una mostra, Fondazione Merz, Torino (2013); Smog a Los Angeles, CRAC Alsace, Altkirch (2013). Alcune delle sue mostre collettive includono: CONGOVILLE a cura di Sandrine Colard, Middelheim Museum, Antwerp, Belgio (2021); Untitled, Peter Freeman, Inc. Gallery, New York (2019); ITALIANA. L’Italia vista dalla moda 1971-2001, a cura di Maria Luisa Frisa and Stefano Tonchi, Palazzo Reale, Milano (2018); Après, a cura di Erique Baudelair e Marcella Lista, Galerie 3, Centre George Pompidou, Parigi (2017)

Informazioni

Fondazione Adolfo Pini

Corso Garibaldi 2, Milano

T. +39 02 874502 www.fondazionepini.net 

 

 




Olivier Mosset Untitled Unique 19661972 

Olivier Mosset, Untitled, Unique, 1966/1972

 

A painting is a painting is a painting – l’evoluzione della pittura alla Fondazione Dalle Nogare

Due incontri, tra luglio e agosto, vi porteranno alla scoperta di questo mondo affascinante.

Tornano i matinée bolzanini all’insegna dell’arte contemporanea presso la Fondazione Antonio Dalle Nogare: due incontri, tra luglio e agosto, vi porteranno alla scoperta di questo mondo affascinante.

A painting is a painting is a painting – l’evoluzione della pittura è il titolo del primo incontro che tratterà l'evoluzione della tecnica artistica per eccellenza negli ultimi decenni. La visita guidata speciale si svolgerà il 31 luglio alle ore 10.00 in lingua tedesca ed alle ore 11.30 in lingua italiana.

A seguire l’incontro, verrà proiettato in collaborazione con il film festival Lo schermo dell'arte il film Ettore Spalletti di Alessandra Galletta, che rivisita i temi trattati durante la visita. Il film andrà in riproduzione fino alle 18:00. Per chi non potesse venire in Fondazione, il film sarà disponibile online sul nostro sito web per 24h.

Sabato 31 luglio

ore 10.00 - visita guidata speciale in lingua tedesca

ore 11.30 - visita guidata speciale in lingua italiana

seguita da proiezione del film Ettore Spalletti

Per garantire la sicurezza di tutti i visitatori, la partecipazione all’incontro è solo su prenotazione (posti limitati), scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o telefonando al numero 0471 971 626.