molteni museum glass cube

Molteni Museum, Glass Cube

 

I LUOGHI DEL PROGETTO Tre giorni di incontri in Triennale

L'articolato evento coinvolge le ventisette realtà tra musei, archivi e studi-museo del design del Circuito Lombardo Musei Design.

Il Circuito Lombardo Musei Design propone negli spazi di Triennale Milanodal 4 al 6 giugno 2021, una maratona di eventi dal titolo “I LUOGHI DEL PROGETTO. Tre giorni di incontri in Triennale: racconti, proiezioni e una mostra” a cura di Claudio Palvarini e Lodovico Gualzetti.

L’articolato evento, organizzato da CS&L Consorzio Sociale in collaborazione con Magutdesign, il sostegno di Regione Lombardia, il contributo di Fondazione Cariplo e l’ospitalità di Triennale Milano, coinvolge le ventisette realtà tra musei, archivi e studi-museo del design del Circuito Lombardo Musei Design, che rappresentano l’eccellenza nell’ambito del disegno industriale e che da due anni fanno parte di un network molto attivo.

I protagonisti di questa grande rete sono gli archivi-museo dei più importanti designer lombardi: Cesare Cattaneo, Origoni Steiner, Osvaldo Borsani, Piero Bottoni, Giovanni Sacchi, Gae Aulenti, Joe Colombo, Pierluigi Ghianda, l’Archivio storico SDF – Museo SAME e Fondazione ISEC, ma anche le associazioni Giancarlo Iliprandi, Longaretti e AIAP – Associazione italiana design della comunicazione visiva, le fondazioni Achille Castiglioni, Franco Albini, Studio museo Vico Magistretti, Jacqueline Vodoz e Bruno Danese oltre a piccoli e grandi musei, MAC – Museo d’arte Contemporanea di Lissone, Museo della Macchina per Cucire, Museo della macchina da scrivere, Molteni Museum, MUMAC – Museo della Macchina per Caffè di Gruppo Cimbali, Museo Fratelli Cozzi, Museo Fisogni delle stazioni di servizio, Kartell Museo e Officina Rancilio 1926.

I loro suggestivi ambienti e gli oggetti custoditi sono descritti nella mostra “Un viaggio nel paese del design”, allestita nell’impluvium al primo piano di Triennale Milano, tramite 18 metri  di immagini, foto e testi che approfondiscono ciascuna realtà, creando connessioni con il territorio e con i luoghi della cultura presenti in esso.
Ognuno con proprie caratteristiche e particolarità questi differenti musei ed archivi mantengono vivo un enorme patrimonio di altissima qualità e di importanza internazionale.

L’Archivio Cattaneo di Cernobbio, ad esempio, promuove e organizza da 20 anni iniziative culturali attorno alla figura di Cesare Cattaneo incentrate sull’architettura moderna e contemporanea; l’Archivio Piero Bottoni, a Milano, conserva oltre 90.000 unità documentarie e dal 1983 è una delle più importanti raccolte del Politecnico di Milano; e ancora il Museo Fisogni di Tradate, che mostra la curiosa evoluzione tecnologica connessa ai progetti dei distributori di carburanti, dal 1892 fino ad oggi. 

Tra i numerosi appuntamenti, che punteggiano questa ricca tre giorni, il ciclo “Oggetti unici” vede l’alternarsi degli interventi di 15 curatori delle realtà aderenti al Circuito, che oltre a presentare la realtà cui sono legati, mostrano e illustrano un bozzetto, un modello, un prototipo o un oggetto di particolare interesse o rilievo. Fra questi l’originale set di posate studiate per l’utilizzo in aereo dell’Archivio Joe Colombo, la Williams Curved 1 del Museo della Macchina da Scrivere, che importata in Italia da Camillo Olivetti fu il pretesto della nascita dell’omonima società, il prototipo degli anni '60 di una macchina per caffè ad uso domestico ideato da Achille Castiglioni per La Cimbali, e dal museo SAME il modellino del trattorino Universale 10 HP del 1948, che rappresentò un gioiello dell’industria italiana.
Negli incontri “Raccontare e raccontarsi, gli archivi narrati in un dialogo tra giovani autori e i curatori” si ha invece la possibilità di approfondire ulteriormente la conoscenza di 11 archivi-museo, attraverso i testi narrativi di giovani autori, che hanno conosciuto la vita di questi luoghi a seguito di un bando di residenza. Con questi testi, letti da due attori - Paola Albini e Antonio Ballardini - durante gli incontri, interagiranno i curatori, che presenteranno il proprio archivio e un “oggetto unico”. I testi sono raccolti in un volume che sarà disponibile nel corso dell’evento.

Gli spazi dell’Agorà, oltre ai talk, ospitano le due serate di “Design in video”, con importanti e curiose proiezioni storiche, interviste, video aziendali e pubblicità. 

Appuntamento conclusivo del vivace weekend culturale è la presentazione del volume “Vogliamo ricostruire l’Italia”, realizzato ad aprile 2020 per il 75° anniversario della Liberazione, a cura dell’Archivio Giovanni Sacchi nella figura di Lodovico Gualzetti: una raccolta di poster ideati da giovani creativi in omaggio ai designer, ai grafici e agli architetti che hanno militato nella Resistenza e hanno subito persecuzioni.


Coordinate

Titolo I LUOGHI DEL PROGETTO
Tre giorni di incontri in Triennale: racconti, proiezioni, laboratori e una mostra   
Sede Triennale Milano, viale Alemagna 6, Milano
Date 4 - 6 giugno 2021 

CALENDARIO APPUNTAMENTI

venerdì 4 giugno
IMPLUVIUM
ore 14.30 - Apertura mostra “Un viaggio nel paese del design”
SALONE D’ONORE
ore 17.00 - 20.00 “Oggetti unici”
Marco Sammicheli, Triennale Milano, presenta i curatori di musei e archivi che ci racconteranno un oggetto mai visto delle loro collezioni

sabato 5 giugno
IMPLUVIUM
ore 11.00 - 20.00 mostra “Un viaggio nel paese del design”
AGORÀ
ore 16.00 - 19.00 “Raccontare e raccontarsi, gli archivi narrati in un dialogo tra giovani autori e i curatori” + “Oggetti unici”
ore 19.00 - 20.00 “Video design” 

domenica 6 giugno
IMPLUVIUM
ore 11.00 - 20.00 mostra “Un viaggio nel paese del design”
AGORÀ
ore 16.00 - 19.00 “Raccontare e raccontarsi, gli archivi narrati in un dialogo tra giovani autori e i curatori” + “Oggetti unici”
ore 19.00 - 20.00 “Vogliamo ricostruire l’Italia”
presentazione del volume curato da Lodovico Gualzetti con Claudio Palvarini per Archivio Giovanni Sacchi
ore 20.00 - 21.00 “Video design”

Tutti gli appuntamenti saranno gratuiti e non è prevista prenotazione.
Ingresso fino a esaurimento posti nel rispetto delle norme anti Covid-19

 

 

 


 Manifesto Erika Nevia Cervo 002

Erika Nevia Cervo: Utile, 2020

“Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto”  Edizione 2021

Progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback, con l’opera Utile di Erika Nevia Cervo (2020).

Giovedì 3 giugno alle ore 18.30 si inaugura in Piazza Bottesini a Torino e in diretta Facebook - @flashbackfair – il secondo manifesto di Opera Viva Barriera di Milano, progetto ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto dalla fiera d’arte Flashback, con l’opera Utile di Erika Nevia Cervo (2020).

Dopo la tavola imbandita del progetto senzazioni di Emanuela Barilozzi Caruso (esposto in Piazza Bottesini a partire dal 5 maggio), che aveva preso corpo a Palermo a casa dell’artista nel marzo di quest’anno, il racconto visivo e artistico della fase che stiamo vivendo attraverso le opere delle vincitrici della call di Opera Viva Barriera di Milano prosegue con il manifesto di Erika Nevia Cervo, Utile.

La fotografia – esposta su manifesto di 6x3 metri – ritrae una situazione impossibile, almeno a maggio dello scorso anno, del 2020: una fila ordinata e distanziata di persone davanti alla saracinesca abbassata del Multicinema Modernissimo di Napoli.

Amici e conoscenti dell’autrice si sono prestati alla realizzazione di una sorta di “quadro” che a sua volta riproduceva una condizione lontana dalla realtà. L’immagine è nata attraverso l’invito di una rete di enti e associazioni (composta dal collettivo artistico ABC, dalla piattaforma Nation 2.0 con sede a Dubai negli Emirati Arabi, da Mincione Edizioni e dallo Spazio Y di Roma) che hanno chiesto all’artista di realizzare un lavoro sul concetto di basic necessities, di necessità primarie e fondamentali. Ne è nato il progetto condensato in nell’immagine Utile, una critica alla retorica dei “beni di prima necessità” che ha caratterizzato quest’anno di pandemia, specialmente nella sua fase iniziale: una retorica legata a criteri di efficienza, di produttività, che per sua natura ha in gran parte rimosso la cultura, le sue realtà lavorative e i suoi luoghi.

Come afferma la stessa artista, Erika Nevia Cervo: “Nel primissimo periodo de ‘l’era Covid’, in pieno lockdown, ho subìto come ingiustizia il diktat della prima necessità: una fase in cui il Governo Italiano, dimentico dell’importanza basilare della produzione culturale, si affrettava a dare i primi aiuti alle industrie. Tra lo sfrecciare delle camionette della polizia, in una Napoli ineditamente deserta, ho chiamato a raccolta un piccolo gruppo di persone (per lo più teatranti, artisti, musicisti) per trovarci tutti in fila davanti ad un cinema chiuso.”

Erika Nevia Cervo, attraverso la sua opera, riflette su questo tema a partire non solo dalla propria visione artistica, ma anche dalla propria esperienza di vita e di professione, legata al teatro. Così, la fila in paziente attesa davanti al cinema multisala (con le locandine di Volevo nascondermi e Parasite, gli ultimi film visti in quella sala prima di una lunghissima interruzione, a congelare un preciso momento storico e collettivo) restituisce l’immagine di una condizione che, a un anno esatto di distanza, è ancora estremamente attuale.
Ciò che queste persone e questa immagine ci dicono è che arte e cultura sono beni primari, di prima necessità, utili per definizione – e come tali dovrebbero essere disponibili per tutti, in ogni momento.

Erika Nevia Cervo affronta la riscoperta e rigenerazione del sé attraverso la scultura. L’artista utilizza materiali e medium diversi a seconda delle necessità espressive. È co-fondatrice dello studio Cervo nel centro storico di Napoli. Diplomata al Liceo artistico e alla triennale in Archeologia e Storia delle Arti alla Federico II di Napoli Erika è stata selezionata alla call Reclaim di Cheap festival 2020, affissione poster in via Marchesana a Bologna. È vincitrice del concorso Exibartloves Verona 2018 e autrice della pubblicazione foto “psnluci” sul numero 102 del cartaceo di Exibart.

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Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto VII edizione

Un progetto di Alessandro Bulgini

A cura di Christian Caliandro

“2” artista: Erika Nevia Cervo, “Utile”

Cimasa 50530 - Piazza Bottesini, Torino

Inaugurazione, 3 giugno ore 18.30

3 giugno – fino al 28 giugno 2021

Flashback, l’arte è tutta contemporanea

4/7 novembre 2021, Torino

Con il Patrocino della Città di Torino e della Circoscrizione 6.

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Per informazioni:

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www.flashback.to.it 

 

 

 


 Emma Talbot Thierry Bal Max Mara Prize 3

Emma Talbot - Thierry Bal - Max Mara Prize-3

Max Mara, Collezione Maramotti e Whitechapel Gallery annunciano le nuove date della residenza in Italia di Emma Talbot

L'arista arriverà in Italia a giugno 2021 per dare inizio alla sua residenza di sei mesi organizzata dalla Collezione Maramotti.

Max Mara, Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti sono liete di annunciare che Emma Talbot (nata nel Regno Unito nel 1969), vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women (2019-2022), arriverà in Italia a giugno 2021 per dare inizio alla sua residenza di sei mesi organizzata dalla Collezione Maramotti.

Questo prestigioso premio è dedicato ad artiste con base nel Regno Unito che non hanno ancora esposto le proprie opere in un’importante mostra antologica. Assegnato ad anni alterni dal 2005, è l’unico premio per le arti visive, di questo genere, nel Regno Unito. Alla vincitrice del Premio è offerta la possibilità di sviluppare la propria carriera attraverso un periodo di residenza in Italia della durata di sei mesi completamente finanziato e organizzato su misura, che culminerà con un’importante mostra personale del nuovo corpus di opere prima alla Whitechapel Gallery e poi alla Collezione Maramotti nel 2022.

A causa della crisi pandemica, la residenza non ha potuto svolgersi nel 2020, come inizialmente previsto. Compatibilmente con le restrizioni poste sugli spostamenti e nel rispetto delle disposizioni governative, la residenza di Emma Talbot si svilupperà tra Reggio Emilia, Catania e Roma tra giugno e novembre 2021, al fine di compiere una ricerca dedicata alla mitologia classica, all’artigianato tessile e alla permacultura, attraverso luoghi e istituzioni di grande interesse storico.

Emma Talbot ha affermato: Questo premio giunge in un momento cruciale che mi appare incredibilmente appropriato, dato che solo di recente ho iniziato a concentrarmi a tempo pieno sulla pratica artistica dopo avere lavorato per molti anni come insegnante per sostenere la mia famiglia, essendo una madre single. Il Max Mara Art Prize for Women mi aiuterà a trarre il maggior beneficio possibile da questa importante transizione. Essendo giunta nel momento ideale, questa incredibile e generosa opportunità di concentrarmi totalmente sul mio lavoro e di intraprendere una lunga ricerca con esperienze di prima mano costituirà una vera e propria svolta di vita.

Sara Piccinini, direttrice della Collezione Maramotti, ha affermato: Il progetto di Emma Talbot parte dal passato mitologico e storico-artistico per indagare nuovi principi e pratiche per lo sviluppo di una società futura. Ci auguriamo che questa residenza immersiva in Italia, in un momento così particolare a livello individuale e collettivo, possa essere la base ideale per dare forma alla sua visione.

I prodotti tessili occupano un ruolo centrale nell’opera di Talbot che, nel corso della sua permanenza a Reggio Emilia, avrà l’opportunità unica di acquisire nuove abilità in questo tipo di produzione grazie all’accesso alla Modateca Deanna, uno straordinario archivio storico dedicato alla moda e in modo particolare alla tessitura. Presso la Modateca collaborerà con artigiani locali per apprendere la tessitura a intarsia, una tecnica di maglieria jacquard utilizzata per creare motivi multicolori che l’artista incorporerà nell’opera finale. Oltre a frequentare i corsi tenuti dai docenti della Modateca e a visitare alcune aziende tessili della zona, Talbot potrà accedere all’archivio storico di Max Mara.

A Catania, in compagnia dell’artista Rosario Sorbello, Talbot potrà esplorare diverse epoche storiche, visitando antichi siti archeologici e l’area del vulcano, raccogliendo elementi per una rappresentazione del paesaggio che potrebbe informare la sua nuova opera. Acquisirà conoscenze anche sulla permacultura, una pratica molto seguita nell’ambito dell’agricoltura siciliana, che offre la possibilità di convivere in modo etico e sostenibile con la terra. Nel corso di questa particolare esperienza sarà ospite della Casa di Paglia Felcerossa, un’azienda agricola situata alle falde dell’Etna.

Nella fase conclusiva della residenza, a Roma, Talbot sarà ospitata per due mesi dalla prestigiosa accademia di ricerca The British School at Rome, dove avrà a disposizione uno studio e libero accesso a tutte le strutture dell’accademia. Nel corso delle sue ricerche beneficerà del supporto degli studiosi della British School. Focalizzandosi in particolare sul mito di Ercole, presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia l’artista studierà i disegni dell’arte vascolare etrusca, potenti veicoli della mitologia classica. Nel corso della permanenza a Roma l’artista visiterà musei e siti archeologici nell’intento di approfondire la conoscenza del paesaggio classico italiano.

La proposta con la quale Talbot ha vinto il Max Mara Art Prize for Women propone temi fortemente radicati come il potere, la governance, gli atteggiamenti riguardo alla natura e alla rappresentazione delle donne visti attraverso una lente squisitamente personale. Il punto di partenza è il dipinto Le tre età della donna (1905) di Gustav Klimt, che raffigura una donna anziana nuda in piedi e a capo chino, in uno stato di apparente vergogna. Talbot avrà l’opportunità di vedere da vicino il dipinto, che si trova presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, durante la sua residenza in Italia. Nell’opera proposta per il Premio, Talbot intende animare la figura della donna anziana come un soggetto dotato di volontà, capace di superare una serie di prove simili alle dodici fatiche di Ercole. Attraverso queste fatiche moderne, Talbot investirà la donna del potenziale necessario a ricostruire la società contemporanea, contrastando la visione negativa dell’invecchiamento, oggi prevalente.

Iwona Blazwick, Direttrice della Whitechapel Gallery, ha affermato: Emma Talbot crea disegni radiosi e sculture policrome in una scala epica; combina parola e immagine al fine di esprimere il lirismo e il dolore della soggettività. Non vediamo l’ora di conoscere l’impatto che l’esperienza italiana avrà sull’estetica visionaria della vincitrice di questa edizione del Max Mara Art Prize for Women!

Luigi Maramotti, Presidente di Max Mara, ha affermato: Sono molto orgoglioso dell’ormai lunga collaborazione con la Whitechapel Gallery e dell’amicizia che mi lega personalmente alla sua direttrice, Iwona Blazwick. Emma Talbot ha creato un progetto estremamente originale che auspichiamo possa trarre beneficio dalle incredibili potenzialità offerte dall’Italia nello stabilire un rapporto profondo con la storia dell’arte, con le tecniche del tessile e con la diversificazione dei territori: tutti elementi cruciali per le opere che l’artista si accinge a creare. Non vediamo l’ora di poterla accogliere in Italia e presso la Collezione Maramotti.

 

 

 


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FURLA SERIES - NAIRY BAGHRAMIAN. Misfits, installation view at GAM – Galleria d’Arte Moderna, Milan, 2021. Exhibition curated by Bruna Roccasalva, promoted by Fondazione Furla and GAM – Galleria d’Arte Moderna, Milan. Photo: Nick Ash. Courtesy Fondazione Furla

 

FURLA SERIES NAIRY BAGHRAMIAN. "Misfits"

Misfits è il nuovo progetto espositivo del ciclo Furla Series, il programma di mostre promosso da Fondazione Furla e realizzato in collaborazione con i più importanti musei italiani.

Fondazione Furla e GAM - Galleria d’Arte Moderna di Milano sono liete di presentare Misfits, una mostra di Nairy Baghramian a cura di Bruna Roccasalva. Dal 26 maggio al 26 settembre 2021.

Prima personale di Nairy Baghramian in un’istituzione italiana, Misfits è il nuovo progetto espositivo del ciclo Furla Series, il programma di mostre promosso da Fondazione Furla e realizzato in collaborazione con i più importanti musei italiani.

Il progetto riassume alcuni degli elementi costitutivi del lavoro dell’artista: dall’interesse ad attraversare e ripensare il confine tra interno e esterno, all’analisi del rapporto che lega l’oggetto estetico e la cornice istituzionale che lo ospita.

Per Baghramian ogni opera d’arte, pur nella sua sostanziale autonomia, è legata al tempo, al luogo e al tessuto politico-sociale in cui è inserita, e l’idea di Misfits nasce proprio dallo specifico contesto urbano in cui si trova la GAM, un giardino all’inglese che ha la particolarità di essere accessibile agli adulti solo se accompagnati da bambini. Le suggestioni contrastanti suscitate da un contesto che rimanda a un universo protetto e ludico come quello infantile, ma che al tempo stesso genera un senso di frustrazione per le restrizioni alla sua accessibilità, sono state il presupposto all’ideazione di Misfits.

Ibridando l’idea di gioco come dispositivo educativo con una riflessione sull’esperienza estetica dell’inadeguatezza e l’imperfezione, Baghramian ha realizzato una serie di sculture di grandi dimensioni formalmente concepite per abitare sia lo spazio interno sia quello esterno al museo.

Il percorso espositivo si articola in cinque ambienti, ciascuno dei quali ospita un elemento scultoreo, e prosegue sulla terrazza adiacente alle sale. Ognuna delle opere in mostra è costituita di due metà, realizzate con materiali differenti – fusioni in alluminio dipinto e legno per gli elementi che si trovano all’interno, marmo per quelli in esterno – e installate come fossero parti disgiunte di un possibile intero. Gli elementi scomposti di queste sculture sembrano evocare la struttura tipica di certi oggetti ludici basati sull’incastro di forme geometriche.

Fin dall’infanzia siamo educati ad assemblare elementi dagli incastri perfetti e a sviluppare così un modello di pensiero secondo il quale ogni cosa deve necessariamente combaciare con un’altra. Le sculture di Baghramian negano questa supposta coincidenza: le loro forme non si incastrano alla perfezione, offrono al contrario l’esperienza dell’errore come l’unica possibile, invitandoci a scoprire la bellezza proprio nel loro accostamento imperfetto.

Gli incastri impossibili di queste sculture diventano il punto di partenza per interrogarsi su come delusione, inadeguatezza e imperfezione non solo sono parte della formazione di ogni individuo, ma possono avere anche una autonoma ragion d’essere come manifestazioni formali.

Furla Series - NAIRY BAGHRAMIAN. Misfits è il frutto della collaborazione tra Fondazione Furla e la GAM - Galleria d’Arte Moderna di Milano, con il generoso contributo della Fondazione Henraux per la produzione delle opere in marmo.

 

 


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Fondazione Adolfo Pini presenta "Yara Piras". La prima mostra a cura di Adrian Paci

La prima mostra personale di Yara Piras vincitrice dell’edizione 2021 del Premio Fondazione Adolfo Pini – ReA! Fair, a cura di Adrian Paci.

Dal 26 maggio al 16 luglio 2021, la Fondazione Adolfo Pini presenta la prima mostra personale di Yara Piras (Torino, 1995) vincitrice dell’edizione 2021 del Premio Fondazione Adolfo Pini – ReA! Fair, a cura di Adrian Paci.

La mostra – il cui titolo fa riferimento non soltanto al modo in cui nel contesto culturale si definisce l’anteprima di un evento, ma anche alla celebrazione di questa prima esperienza da parte dell’artista – raccoglie una serie di lavori espressione di una ricerca sul concetto di immagine, legata al materiale filmico/fotografico e alle possibilità della proiezione cinematografica.

“A volte sembra che la magia palpitante dell'illusione torni ad ancorarsi alla solidità del reale precisamente attraverso la presenza fisica del meccanismo che la produce – dice Adrian Paci, artista e curatore della mostra. Allo stesso tempo, i corpi della pellicola, dello schermo e del proiettore emanano una loro sensualità, diversa da quella dell’illusione dell’immagine ma non meno evocativa. Il rapporto tra l’immagine e i meccanismi che la generano è un rapporto necessario, funzionale e non arbitrario e in questa necessità organica consiste il rigore concettuale del lavoro di Piras.”

Yara Piras lavora con pellicoleprovenienti dal suo archivio personale e con riprese di nuova produzione dedicate al gesto e all’azione performativa, un materiale trasparente, solido e in movimento con cui realizza opere scultoreo/ installative che dialogano con lo spazio e con il tempo, invitando lo spettatore a un’esperienza cinematografica intima, che interagisca con la narrazione.

Yara Piras nata e cresciuta con un’attenzione particolare verso la fotografia intesa come forma d’arte contemporanea. Con il tempo, maturando pensieri e gusto personale sposta l’attenzione in modo particolare all’arte installativa. Gli studi di tipo umanistico realizzati negli anni della prima formazione hanno permesso di conoscere l’importanza del pensiero analitico e di rinnegarlo successivamente. In seguito consciamente ha scelto un percorso didattico legato ai più sentiti interessi che hanno portato ad analizzare tematiche affini al suo pensiero; quali, le arti visive, che hanno permesso l’approfondimento personale del suo percorso.

Adrian Paci (Scutari, Albania 1969) ha una carriera artistica ricca di mostre personali in varie istituzioni internazionali, tra cui Kunsthalle Krems (2019); MAC, Musée d'Art Contemporain de Montréal (2014); Padiglione d'Arte Contemporanea – PAC, Milan (2014); Jeu de Paume, Paris (2013); Kunsthaus Zurich, Zurich (2010); MoMA PS1, New York (2006); Contemporary Arts Museum, Houston (2005). Insegna pittura e arti visive presso la Nuova Accademia di Belle Arti, NABA, Milano. È stato docente all'Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo (2002-2006), allo IUAV di Venezia (2003-2015). Tiene lezioni e laboratori d'arte in varie Università, Accademie e Istituzioni artistiche in diversi Paesi del mondo. Nel 2015 ha fondato a Scutari, in Albania, Art House, una Fondazione che offre momenti di incontro e dialogo tra la scena locale dell'arte in Albania ed esponenti internazionali. È membro del comitato scientifico della Fondazione Adolfo Pini dal 2016, dove ha ideato e guidato una serie di iniziative legate all'arte contemporanea negli spazi della Fondazione, coinvolgendo studenti delle Accademie milanesi NABA e Brera, artisti e curatori locali e internazionali.

 

 


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 Vita D'Artista di Flavio Favelli ©Fondazione Adolfo Pini, 2020, credits Andrea Rossetti

 

VITA D’ARTISTA la mostra site-specific di Flavio Favelli alla Fondazione Adolfo Pini

Flavio Favelli utilizza oggetti d’arredamento o di uso comune che rimandano sia all’estetica borghese degli ambienti familiari in cui è cresciuto, sia a quella del consumo prodotto dall’industria e dalla pubblicità.

L'esposizione Vita d'Artista di Flavio Favelli (Firenze, 1967) resterà negli spazi della Fondazione Adolfo Pini fino al 25 giugno 2021.

Il progetto espositivo site-specific, nato dalla suggestione del libro omonimo di Carlo Cassola - che affronta la questione dell'arte rispetto a certi ideali, alla politica, all'impegno sociale - si articola nella casa che fu di Adolfo Pini (1920-1986), e prima di lui del pittore Renzo Bongiovanni Radice (1899-1970), con una serie di interventi che cercano un confronto tra il passato, la sua eredità e l'opera dell'artista.

Flavio Favelli utilizza oggetti d’arredamento o di uso comune che rimandano sia all’estetica borghese degli ambienti familiari in cui è cresciuto, sia a quella del consumo prodotto dall’industria e dalla pubblicità. Nelle sue opere – collage, sculture, ambienti – i materiali vengono assemblati dando vita a sovrapposizioni di senso che non snaturano gli oggetti ma ne amplificano il valore simbolico. Sono oggetti di una quotidianità passata ma inconsciamente presente ancora oggi.

Favelli cerca un confronto serrato con gli ambienti di grande seduzione e potere evocativo della Fondazione. Scritte, loghi, segni urbani e immagini pubblicitarie, nelle sale arredate con mobili e quadri di pregio, tappeti e vasi cinesi, non fanno altro che chiarire e manifestare con decisione il rapporto dell’immaginario dell’artista con un contesto esso stesso intrecciato al mondo del commercio e della borghesia cittadina.