I Manga giapponesi analizzati dalla Dott.ssa Heidi Wolf Pagani 

 

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Oltre un secolo fa, c’è stato un principio di avvicinamento tra la pittura giapponese e quella occidentale; ma solo 20 anni fa nel Museo per Arte asiatica a Berlino (Museum für ostasiatische Kunst) per la prima volta è stata esposta la storia dei Manga e questo li ha inseriti nel circuito ufficiale dell’arte (“salonfähig”) in un ramo non canonico. Nel contesto di un’esposizione al Museum Rietberg a Zurigo “Flow, Erzählen im Manga” (flow, raccontare tramite Manga) tra settembre 2021 e gennaio 2022, il Manga è stato presentato quale espressione di arte narrativa attraverso l'uso di disegni. I Manga sono storie giapponesi illustrate con uno stile molto particolare, risalente a una vecchia tradizione. C’è chi li fa risalire al VIII secolo quando, su “scrolls” (rottoli di carta) detti emakimono, dei monaci buddisti disegnavano animali dal comportamento umano.

 

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Caricature all’origine di Manga.

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Più tardi (nell’epoca Edo 1603 – 1876) c’erano disegni chiamati Toba Ehon che di fatto sono considerati i predecessori degli attuali Manga. Sono rappresentati animali che eseguono attività, lavori umani curati in particolare dal personaggio di Hokusai. Sarà a Katushika Hokusai (1760 – 1849) al quale si fa risalire la nozione di “Manga”, che in lingua giapponese significa: spontaneo, involontario, sfrenato, mischiato, caotico. Nei tentativi di traduzione si incontrano difficoltà transculturali poiché “Manga” non corrisponde né semplicemente ai nostri fumetti né ai cartoni animati. 

 

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Hokusai produsse una serie di schizzi che riunì poi in un quaderno (un manuale). Voleva fissare nei suoi schizzi un momento tipico della società e della cultura giapponese risalente al suo periodo Edo.

 

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I Manga consistono sempre immagini e parole che fanno nascere nel lettore un processo di percezione specifica, differente da lettura di un libro o dall’osservazione di un film. Nel Manga dapprima è evocato un pensiero visuale, la decodificazione del messaggio è legata all’immagine, perché il testo rimane frammentato e minimizzato da rumori quali sbuffi e altro. Per contro, abitualmente, durante la contemplazione di un quadro ci raccontiamo la nostra storia legata all’immagine e con ciò traduciamo lo stimolo visivo in linguaggio e in questo modo siamo in grado di riprodurre verbalmente quanto visto. Al contrario durante la lettura ci immaginiamo l’accaduto visivamente come in una serie di fotografie. Nei Manga questo modo di procedere è inverso: il disegno è dato, ma la verbalizzazione ridotta non permette una completa immediata comprensione. Solo grazie al disegno la storia può essere compresa; si arriva alla comprensione visiva tramite il pensiero visuale.

Quindi il Manga richiede sia un'estesa elaborazione verbale sia la comprensione del pensiero visivo da parte dell’osservatore. La tradizione iconografica giapponese nell’arte e nella lettura dovrebbe attivare un “flow” molto differente rispetto alla nostra esperienza di lettura con la direzione dello sguardo da destra a sinistra, da dietro in avanti.

La combinazione di disegno con una minima espressione linguistica provoca un insolito effetto, quasi come un punto esclamativo: diventa una estroversione di una reazione emozionale. Questo corrisponde al medesimo effetto musicale in un film che annuncia quanto sta per accadere; intrattiene e rinforza la tensione. La medesima cosa, seppur visivamente, accade nel Manga.

Per gli occidentali è difficile decodificare il linguaggio corporeo dei giapponesi e sorprendentemente il Manga soddisfa questo deficit dal momento che pensiamo al Giappone come un paese discreto, introverso, dove le persone non lasciano facilmente trasparire le proprie emozioni. Nel Manga tutto succede in modo espressivo, intenso e veloce. Il Manga si distanzia così dalla letteratura e conferisce alle immagini una dinamica e una semplicità che creano una tensione e un ambiente eccezionale.

I diversi tipi di Manga si rivolgono a uomini, donne, bambini di differenti età. In quelli per adulti spesso si elaborano temi attuali e impegnativi, non di rado trattano temi considerati tabù (per esempio la tematizzazione della catastrofe di Fukushima, l'omosessualità, le malattie e la morte). Tuttavia, è fuori discussione che i Manga evochino solo emozioni, ma devono anche stimolare riflessioni che non sono da ritenere un semplice intrattenimento. Sono realizzati (per ragione di costi) in bianco e nero con cadenza settimanalmente in edizioni tascabili dedicati a differenti strati sociali.

In media un giapponese legge quindici Manga all’anno. Questo fatto spiega che Manga e Anime(*) siano un importante prodotto di mercato anche di esportazione mondiale e rappresentino un pilastro portante dell'economia giapponese. Attualmente sono anche visti come il prodotto culturale più esteso a livello planetario. In questo contesto rappresentano, almeno parzialmente, l’identità culturale giapponese odierna. La comunità dei tifosi continua a crescere.

 

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Immagine presa http://tezukainenglish.com/wp/

 

L’avanzata vittoriosa dei Manga dopo la seconda guerra mondiale è stata particolarmente legata al nome di Osamu Tezuka (1928 – 1989) che può essere ritenuto il fondatore dei modelli Manga e dell'industria delle Anime. È lui che ha determinato l’odierno stile Manga. Forse Astro Boy è il suo più famoso Manga: un boy robot di nome “Atom” che esplora avventurosamente un mondo futuristico. Tezuka, ispirato dai primi film di Walt Disney, si rivolge direttamente ai bambini. Più tardi fonda un'industria di produzione di film d’animazione con un passaggio da Gagstrip alla storia Manga, sempre estesi su tanti volumi. Nel corso della propria vita Tezuka disegnò circa 150.000 pagine, pubblicò 700 manga e produsse 60 film d’animazione. Nella sua classica produzione di scritti a puntate il lettore rimane sempre in attesa di un ulteriore proseguimento del racconto (“Cliff-hanger Style”) solo in seguito il problema irrisolto sarà ripreso analogamente nelle serie televisive.

Dopo la Seconda guerra mondiale durante l’amministrazione americana in Giappone (1947 – 1951) il potenziale dei Manga fu utilizzato per una democratizzazione della popolazione giapponese, a parte ciò, l’introduzione di nuovi elementi stilistici potenziò l’influsso occidentale specialmente nel modo di Walt Disney.

Questo avviene nella rappresentazione dei caratteri femminili con la testa grande e gli occhi spalancati. Già tempo prima, all’epoca dello stile floreale, diventava evidente l’influsso occidentale nei disegni giapponesi. Sorprendentemente si può costatare che lo stile floreale, dal canto suo, sia stato influenzato da xilografie su legno giapponesi: è un esempio evidente del processo di “culturalizzazione” o penetrazione culturale.

Se Walt Disney ha ispirato i Manga, analogamente questi hanno avuto effetti sulla Pop Art. Roy Lichtenstein e anche Andy Warhol ne sono un esempio.

 

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Whaam! (2018) diptych Roy Lichtenstein.

 

L’Arte Pop è spesso associata all’espressionismo astratto apparso in America dopo la Seconda guerra mondiale, l’imput era legato alla pubblicità, al consumismo che ne accentuava lo stimolo nei consumatori, (Roy Lichtenstein era del ramo, come pure Andy Warhol che originalmente lavorava come illustratore di giornali) il linguaggio utilizzato era famigliare. A parte ciò, Roy Lichtenstein introduceva nella propria opera parodie e ironie, copiava modelli dai comics legati a nuovi contesti basandosi tuttavia sulle regole del Manga, come si può vedere nell’uso di nuvolette o fumetti.

Riassumendo:

I Manga giapponesi possono esprimersi talora con temi e modalità che abitualmente non sarebbero ammessi pubblicamente, in questo modo diventano precursori di formatori di opinioni. Il reciproco influsso giapponese-occidentale-giapponese nel campo artistico aveva già cominciato a manifestarsi prima di cento anni fà, diventando successivamente più evidente nell’epoca della Pop Art. Contemporaneamente i Manga, anche nel mondo occidentale, hanno assunto importanza nella loro forma artistica.

La “lettura” dei Manga richiede un'elaborazione procedurale diversa dalla lettura di un libro: in inglese si parla del “visual thinking”, il pensiero visivo perché la percezione dell’immagine (processing images) stimola il cosiddetto pensiero multimodale, quale a complemento del leggere un testo. Nella nostra società visuale può essere un vantaggio, perché il “leggere” Manga si avvicina alla “virtual reality” un ramo della ricerca futura concernente la percezione tridimensionale (3D).

La lettura di un Manga, ossia la sua elaborazione cognitiva, necessita di una elaborazione procedurale.

*I veri Manga provengono solo dal Giappone, le cosiddette “Anime” (derivato da animazione) possono avere vari altre origini, e corrispondono a serie di cartoons e comics.

 

Dott.ssa Heidi Wolf Pagani

Neurologia FMH