Arte e Scienza nel Puntinismo 

 

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Georges Seurat: “Baigneurs à Asnières”

 

 

Da secoli già si discute sui legami e gli eventuali tratti comuni tra Arte e Scienza. Tra i vari rappresentanti classici ci sono Leonardo, Goethe (in particolare con la sua teoria sui colori), ma anche filosofi quali per esempio Hegel, Nietzsche e Kant. Si sono formate varie teorie tra estetica, creatività, emozioni ed esperimenti nella Scienza e nell’Arte. Contemporaneamente esistono gli “hard facts” dell’Arte e delle metateorie senza ulteriori definitve interpretazioni. La gamma è vasta dall’antropologia alla pedagogia.

Non sempre Arte e Scienza furono separate nel pensiero collettivo: nel Medioevo e nel Rinascimento le due discipline erano unite quale artes liberales. Sarà pel Novecento che la separazione diventò definitiva. La formazione per l’artista si svolgeva in Accademia e quella dello scienziato nelle Università. Tuttavia, seppur raramente, lo sguardo poteva andare oltre nella ricerca di elementi utili e integrabili nella propria visione del mondo. Così accadde con la nascità del Puntinismo che si fondava su teorie ottiche e della fisica.

Quali erano gli "hard facts" da parte della Scienza che potevano diventare la base teorica del Puntinismo?

 

luce bianca

 

Sappiamo da Isaac Newton, che la luce bianca è costituita da differenti colori, il cosidetto “spettro” (vede esperimento del prisma).

 

newton

         Lo spettro di luce visibile all’occhio umano.

 

Quando la luce bianca tocca un oggetto, in parte viene assorbita e in parte riflessa. Con i nostri occhi percepiamo la parte riflessa. Il colore di un oggetto non è altro che la componente riflessa della luce (non assorbita dunque dall’oggetto stesso).

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Questo primo effetto porterà alla percezione del colore tramite una cascata di eventi:

L’occhio dell’uomo possiede due differenti sistemi di recettori visivi nella retina: i bastoncelli, grazie ai quali percepiamo il luminoso e lo scuro anche in presenza di poca luce, senza tuttavia discernere i colori. Il secondo sistema è costituito dai coni (ricettori dei colori) e di cui ci occuperemo ora. L’occhio dell’uomo ne posiede di tre tipi, diversificati nella sensibilità spettrale e legati alle differenti lunghezze d’onda dello spettro visivo.

 

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Fotorecettori nella retina.

 

Le onde più corte portano alla percezione del blu, quelle medie del verde e le più lunghe del rosso. Nella terminologia si utilizza “L” per le onde lunghe, “M” per medie e “S” per le corte. Con questo sistema riusciamo a differenziare quasi un millione di sfumature di colori; colori risultanti da mescolanze di varie lunghezze d’onda (“colori additivi”).

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Spettro del visibile

Il processo del "mescolare additivo" si svolge nella retina e non ha nulla a che fare con il mescolare sulla tavolozza i pigmenti utilizzati dal pittore che può così sviluppare le più svariate nuances. Nella retina le varie lunghezze e le frequenze d’onde della luce bianca, in parte assorbite, in parte riflesse, determinano la nascita dei differenti colori. Non esistono per esempio coni per giallo, ma nella curva delle lunghezza d’onda, quelli che daranno il giallo sono posizionati vicino a quelli del rosso e stimolano i coni sensibili per rosso. In vicinanza immediata sono i coni sensibili per verde e assieme entrano in risonanza producendo la mescolanza additiva per il giallo. Anche il viola –contrariamente a quanto possibile su una tavolozza- non risulta da una mescolanza tra blu e rosso perchè i coni rossi e blu sono distanti tra loro ciascuno alla fine dello spettro visivo. Il viola nasce nella retina solo nel territorio delle onde del blu.

I coni della retina sono dunque nervi sensibili alla luce che, se stimolati da processi biochimici, portano segnali elettrici. Tramite le fibre ottiche che partono dalla retina questi segnali arrivano nel sistema nervoso centrale provocando un’impressione di colore.

 

 colori

 

Hermann Helmholtz tra il 1855 e il 1866 ha scritto un manuale di tre volumi sull’ottica (Young-Helmholtz Theorie) valevole ancora oggi, ma è un postulato che ha potuto essere fisologicamente dimostrato (premio Nobel 1967 a George Wald, Keffer Hartline e Ragnar Granit) solo nel secolo scorso.

Da Hermann Helmholtz a Seurat e Signac:

La ricerca sulla percezione dei colori a metà del IXX secolo è stato il punto di partenza del movimento artistico del Puntinismo (dal francese “points”: Pointillisme). Inizialmente il termine era ironicamente connotato dai critici d’arte, che non volevano prendere sul serio questa technica di pittura. Tuttavia, il Puntinismo raggiunse il suo massimo riconoscimento attorno 1890 e si evolve ulteriormente nel movimento Fauve e poi nella Pop Art fino ad oggi.

Determinante per la realizzazione del Puntinismo è stato Georges Seurat (1859 – 1891). Nato a Parigi con un'infanzia a Fontainebleau, presto introdotto nella pittura. Nell’adolescenza ha partecipato a corsi di pittura e più tardi è stato accettato nell'Ecole des Beaux-Arts, che però abbandonò dopo un anno. Più della classica pittura gli interessava l’Impressionismo. In seguito ha aperto un proprio atelier e ha inizato a approfondire le varie teorie sui colori, studiato la percezione visiva e le teorie dell’ottica. I suoi esperimenti con mescolanza di colori e posizionamento di punti separati sulla tela o su legno diventavano orientativi per lo stile pittorico e finalmente nel 1884  il Puntinismo diventava una nuova tecnica per dipingere:

 

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Georges Seurat: “Baigneurs à Asnières”.

Il colore veniva direttamente applicato in piccoli punti sulla tela e non prima mescolato sulla tavolozza: punti di contrasto vicini l’uno all’ altro. Con questo metodo si cercava di evitare nella retina il primo passo della “mescolanza additiva” iniziale e fisiologica. Ciò provocava anche un effetto di maggiore luminosità del quadro. Un enorme lavoro si nasconde dietro tale tecnica, che richiedeva una pianificazione del disegno e che non permetteva, sin dall’inizio, nessuna correzione dell'applicazione del colore. La creazione di “Baigneurs à Asnières” durò quasi due anni. Seurat accentuava in più, nella struttura del quadro, una modalità geometrica che, a sua volta, induceva questo nuovo stile accademico nella pittura con una messa in scena simile ad un palcoscenico.

Paul Signac (1853 -1935), co-fondatore del movimento puntinistico, voleva a sua volta distanzarsi dall’Impressioismo e dal Divisionismo e, dopo la morte precoce di Seurat continuò nel nuovo stile comune. Nel ritratto di M. Félix Fénéon, critico d’arte, il titolo “Opus 217” evoca un legame musicale, ma indica anche una componente matematico-fisica nell’ uso dei colori e nella costruzione.

 

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Paul Signac, 1890, Opus 217.

 

In quest’ epoca, quando il Puntinismo fioriva, a Parigi la situazione politica era in un estremo drammatico fermento (la Commune de Paris), con conseguenti ripercussioni sul mondo artistico. I “puntinisti” avevano seri motivi per nascondere le proprie simpatie e per non esporrsi a pericoli. Il messagio rimaneva ben impresso nella loro tematica, i singoli punti isolati non hanno significato, ma sistematicamente raggruppati formano un quadro e portano ad un messaggio, ossia l'espressione in modo celato di uno spirito politico dell’epoca. Solo la pittura ne permetteva la silenziosa transmissione.

Riassumendo:

I pittori puntinisti miravano ad imitare nell’Arte quello che la fisiologia aveva trovato nella percezione umana dei colori. Volevano imporre questi nuovi schemi pittorici sul piano tecnico ottenendo una più viva luminosità e qualora l’osservatore si distanziasse sufficentemente dal quadro sarebbe riuscito a captare meglio i significati. Nella tematica e nella tecnica si nascondevano di fatto nuovi pensieri vicini all’anarchia. Tema di interessante approfondimento.

Nel passaggio dall' 800 al 900 molti artisti transitoriamente seguirono questo stile, il cui influsso si prolungava. Il Puntinismo ha portato un nuovo approccio al mondo dei colori generando un forte impatto tale che si estese fino alla Pop Art e attualmente al Arte digitale in forma di Pixel.

Dott.ssa Heidi Wolf Pagani

Neurologia FMH