LE FONDAZIONI D’ARTE – INQUADRAMENTO NORMATIVO GENERALE E CENNI IN MERITO ALL’ATTIVITA’ DI RILASCIO DI CERTIFICATI DI AUTENTICITA’ DI OPERE D’ARTE di Valeria Piubello 

 

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Le fondazioni d’arte sono organizzazioni stabili che si avvalgono di un proprio patrimonio per il perseguimento di uno scopo sostanzialmente riconducibile ad attività di promozione e divulgazione artistica. Prima di analizzare brevemente il ruolo e le attività svolte dalle suddette fondazioni, si ritiene opportuno premettere un breve excursus giuridico sul processo di costituzione e sulle principali caratteristiche strutturali-organizzative delle stesse.

In via generale, come noto, le fondazioni possono essere costituite mediante atto unilaterale non recettizio nella forma dell’atto pubblico o, in alternativa, per testamento. Conformemente a quanto previsto dall’art. 16 del codice civile, l’atto costitutivo e lo statuto della fondazione deve contenere la denominazione della fondazione, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione e le modalità di erogazione delle rendite. In via facoltativa, è possibile prevedere norme relative all’estinzione e alla trasformazione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio. Il fondatore può anche limitarsi ad indicare solo gli elementi essenziali della fondazione (patrimonio e scopo), lasciando l’integrazione degli ulteriori elementi dell’atto di costituzione ad un terzo arbitratore: si parla, in tal caso, di “costituzione indiretta” della fondazione.

L’atto di costituzione produce l’effetto di vincolare i beni allo scopo perseguito dalla fondazione, sottraendoli ad altre precedenti destinazioni. Come sancito dall’art. 15 del codice civile, lo stesso è revocabile fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento della fondazione da parte della competente autorità (di cui si dirà infra) ovvero sino a quando il fondatore non abbia fatto iniziare l’attività dell’opera da lui disposta.

Dall’atto di costituzione si distingue il c.d. “atto di dotazione”, mediante il quale il fondatore assegna alla fondazione un patrimonio adeguato al perseguimento dello scopo dell’ente. L’atto di dotazione può trovare perfezionamento anche successivamente all’atto di costituzione.

Come precisato dalla giurisprudenza (cfr., Corte di Cassazione, 10 maggio 2017, n. 16409), tra atto di costituzione e atto di dotazione intercorre un rapporto di sostanziale inscindibilità. Conseguentemente, l’eventuale nullità dell’atto di costituzione rende invalido anche l’atto di dotazione.

Una volta perfezionato l’iter di costituzione, le fondazioni sono sottoposte a procedura di riconoscimento da parte dell’ufficio competente ratione territori e ratione materiae (i.e., regione o prefettura, in funzione dell’ambito operativo – locale o nazionale – della fondazione e del relativo settore di attività). La procedura viene avviata con la presentazione di apposita domanda di riconoscimento, corredata da copia dell’atto di costituzione, dello statuto e dell’atto di dotazione. L’ufficio competente, verificata la sussistenza dei requisiti richiesti per la regolare costituzione della fondazione, la possibilità e liceità dello scopo e l’adeguatezza del patrimonio, procede all’iscrizione della fondazione nel registro delle persone giuridiche. Il riconoscimento della fondazione, determinato dall’iscrizione della stessa nel suindicato registro, determina l’acquisizione, da parte della fondazione, della personalità giuridica e di un’autonomia patrimoniale perfetta. 

Sul punto, va segnalato, per completezza, l’introduzione, da parte del D.Lgs. 117/2017 recante il codice della riforma del terzo settore, del c.d. registro unico nazionale del Terzo settore. Tale registro, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sarà gestito operativamente tramite un ufficio regionale (o provinciale, nel caso delle province autonome di Trento e Bolzano) e un ufficio statale. A tale registro potranno iscriversi, inter alia, le fondazioni del terzo settore - per tali intendendosi, ai sensi dell’art.4 del D.Lgs. 117/2017, le fondazioni costituite “per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi” – dotate di un patrimonio minimo pari a Euro 30.000.

Si tratta di un nuovo procedimento di riconoscimento e conseguente acquisto della personalità giuridica, destinato ad affiancarsi in parallelo a quelli già esistenti, caratterizzato da maggior snellezza, nel quale viene attribuito al notaio un ruolo centrale nell’espletamento del preventivo controllo di legalità, riducendo il ruolo dell’autorità competente alla mera verifica della regolarità formale della documentazione. Ad oggi, il registro unico non risulta ancora operativo non essendo ancora stati emanati i relativi decreti ministeriali di attuazione. Sotto il profilo organizzativo, le fondazioni sono dotate di una struttura non articolata. Le stesse sono prive di un organo assembleare, mentre la gestione è affidata ad un organo amministrativo che può essere a sua volta costituito da un amministratore unico o da una pluralità di amministratori. La carica di amministratore può essere assunta anche da persone giuridiche o dal fondatore stesso. Il fondatore può nominare i primi amministratori o definire i criteri cui la nomina deve sottostare.

Agli amministratori sono attribuiti poteri di rappresentanza e di gestione funzionali alla realizzazione dello scopo della fondazione: in tal senso, gli stessi sono definiti come organi serventi della fondazione. Il potere operativo attribuito agli amministratori è limitato: è infatti fatto divieto agli stessi di apportare modifiche essenziali all’atto di fondazione, tra cui, ad esempio, modifiche allo scopo e alla destinazione del patrimonio.

In assenza di un organo assembleare, come si evince dal combinato disposto degli articoli 25 del codice civile e 90 del D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, il controllo sull’operato degli amministratori viene esercitato dall’autorità amministrativa competente, ossia dall’ufficio del registro unico nazionale del terzo settore. Tale autorità può annullare le decisioni dell’organo gestorio ove contrarie, per esempio, alla legge e all'atto di fondazione. Può inoltre sciogliere il consiglio di amministrazione qualora lo stesso non agisca in conformità all’atto di fondazione.

Ciò premesso, passando alla trattazione dei profili più prettamente operativi delle fondazioni artistiche, non si può non evidenziare, in primis, come il fenomeno delle fondazioni artistiche abbia conosciuto una crescita significativa negli ultimi decenni.

Si è potuto infatti assistere alla nascita di fondazioni finalizzate, inter alia, al perseguimento di finalità filantropiche a sostegno dell’arte ovvero, più specificamente, alla promozione di giovani artisti emergenti piuttosto che alla valorizzazione e diffusione dell’opera di artisti di consolidata fama ormai non più in vita.

Tra le attività di fatto svolte da molte delle fondazioni rientranti nella categoria da ultimo citata (finalizzate alla divulgazione delle opere di artisti scomparsi), si segnalano, in particolare – per quanto qui di interesse – quelle legate al riconoscimento della paternità delle opere dell’artista di riferimento mediante il rilascio di certificati di autenticità e il conseguente inserimento dell’opera nel catalogo ragionato dell’artista, volto a raccoglierne e a documentarne l’intera produzione.

Come noto, il certificato di autenticità costituisce un documento scritto di attribuzione di paternità dell’opera e deve contenere l’immagine e il titolo dell’opera, il nome dell’artista, l’anno di realizzazione, le specifiche tecniche utilizzate, il numero di copie realizzate, la provenienza, la firma e/o timbro del soggetto che rilascia la dichiarazione.

Non esiste una normativa che disciplini il rilascio di tali certificati, neanche sotto il profilo dell’individuazione dei soggetti autorizzati al relativo rilascio.

Nella prassi, successivamente alla morte dell’artista, tali certificati vengono rilasciati dagli eredi, come identificati dall’art. 23 dalla L. 22 aprile 1941 n. 633 (i.e., coniuge e figli; in mancanza degli stessi, genitori e altri ascendenti e discendenti diretti; in assenza di questi ultimi, fratelli e sorelle e loro discendenti) nonché, in linea con quanto sostenuto dalla giurisprudenza dominante, da terzi esperti (cfr., in questa Rubrica “Autenticità e provenienza”, 14 ottobre 2019).

In tale ultima categoria possono essere annoverate, inter alia, le fondazioni, i comitati di esperti, gli archivi e le associazioni che siano mandatari degli eredi dell’artista defunto.

A tal riguardo, merita un cenno il caso che ha visto come protagonista la Fondazione Lucio Fontana, la quale è stata citata in giudizio per aver ritenuto di non inserire un’opera nel catalogo ragionato del noto artista italo-argentino, in ragione del fatto che questa (oltre ad essere irrimediabilmente danneggiata), non riportava né data né firma, a riprova dell’intenzione dell’artista di non riconoscere la propria opera.

Con sentenza n. 6542 dell’11 giugno 2018, il Tribunale di Milano, accogliendo la richiesta del proprietario dell’opera, ha accertato l’autenticità della stessa – contrariamente a quanto dichiarato dalla fondazione (che ha successivamente proposto appello) – con una pronuncia unica nel suo genere: l’elemento di novità risiede nella posizione assunta dal giudice meneghino che, per la prima volta, ha riconosciuto, al pari di un “esperto”, l’autenticità di un’opera d’arte, senza tra l’altro avvalersi di una consulenza tecnica d’ufficio ritenuta nel caso di specie superflua alla luce dei fatti provati e riconosciuti dalle parti in causa.

La Fondazione Lucio Fontana, tuttavia, non è stata condannata dal Tribunale ad archiviare l’opera come autentica né ad inserirla nel catalogo ragionato dell’artista. Infatti, hanno precisato i giudici, in accordo con la posizione della giurisprudenza dominante, che il parere sull’autenticità dell’opera costituisce esercizio del diritto, costituzionalmente tutelato, alla libera manifestazione del pensiero e, in quanto tale, incoercibile. Alla luce di quanto precede, non si sarebbe pertanto potuto pretendere né ottenere coattivamente, da parte della fondazione, un giudizio diverso rispetto a quello precedentemente reso.

La circostanza di causa, che evidenzia il delicato ruolo delle fondazioni soprattutto in relazione al riconoscimento dell’autenticità, merita di essere monitorata per i suoi riflessi pratici. Subordinatamente all’esito del giudizio d’appello, sarà interessante, infatti, verificare quali implicazioni scaturiranno dalla decisione innanzi menzionata e, in particolare, quale giudizio - tra quello cristallizzato nella sentenza del tribunale di Milano (ove confermata in sede d’appello) e quello espresso dalla fondazione (che nella prassi sarebbe l’organo deputato a valutare l’autenticità dell’opera) - sarà “recepito” dal mercato.

 

Valeria Piubello

Trainee Lawyer di Loconte & Partners di Milano