ART-BONUS: i benefici fiscali a sostegno della cultura di Alessandra de Rosa 

 

Alessandra derosa

 

 

Promuovere la protezione e lo sviluppo dell’eredità culturale è tra gli obiettivi prioritari dell’Unione Europea consacrati nel Trattato di Lisbona e nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. In questa direzione si pone anche la Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa con cui gli Stati membri si sono impegnati a “promuovere la protezione dell’eredità culturale” assicurandosi che “nel contesto dell’ordinamento giuridico esistano le disposizioni legislative per esercitare il diritto all’eredità culturale”. Dal punto di vista domestico, la promozione della cultura e la tutela del patrimonio storico e artistico costituiscono valori fondanti del nostro ordinamento giuridico, elevati al rango costituzionale (art. 9 Cost.), che il Legislatore ha inteso promuovere anche attraverso incentivi di carattere fiscale.

Nel 2014 l'Italia ha, infatti, introdotto una rilevante leva fiscale con l’intenzione di dare attuazione all’obiettivo di tutela del patrimonio culturale, di cui il nostro Paese è terra particolarmente rigogliosa.

Parliamo del c.d. Art-bonus, meccanismo di incentivazione fiscale che riconosce un credito d’imposta al fine di favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura.

Inizialmente pensato per il triennio 2014-2016, l’Art-bonus è stato messo a regime dalla Legge di Stabilità 2016, che ha quindi reso l’agevolazione permanente. L’incentivo fiscale prevede che il credito di imposta sia pari al 65% delle erogazioni liberali in denaro ripartito in tre quote annuali di pari importo.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1 e 2, del Decreto Legge del 31 maggio 2014 n. 83 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, Legge 29 luglio 2014, n. 106) rientrano nell'ambito di applicazione dell'Art-bonus le erogazione aventi a oggetto: i) interventi di restauro, protezione e manutenzione di un bene culturale pubblico; ii) interventi di sostegno a Istituti e Luoghi della cultura di appartenenza pubblica, alle Fondazioni lirico-sinfoniche, ai Teatri di tradizione, alle Istituzioni concertistico-orchestrali, ai Teatri nazionali, ai Teatri di rilevante interesse culturale, ai Festival, alle Imprese e ai Centri di produzione teatrale e di danza, ai Circuiti di distribuzione; iii) interventi volti alla realizzazione di nuove strutture, al restauro e al potenziamento di quelle esistenti operati da Enti o Istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo; iv) interventi di manutenzione, protezione e restauro di un bene pubblico ad opera di soggetti concessionari o affidatari di beni culturali pubblici; v) elargizioni effettuate al MIBAC per interventi di manutenzione, protezione e restauro su beni culturali di interesse religioso presenti nei Comuni delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici del 24 agosto 2016; vi) interventi a sostegno dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, dell’Opificio delle pietre dure e dell’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario.

Inoltre, la Legge 12 dicembre 2019, n. 156 ha esteso l’ambito di applicazione anche alle erogazioni liberali effettuate per la salvaguardia del patrimonio di interesse religioso delle città di Venezia e Matera colpite dai recenti nubifragi.

Ad integrazione delle disposizioni normative presenti in materia di Art-bonus, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che costituiscono oggetto dell’agevolazione anche le erogazioni liberali effettuate in favore di fondazioni di diritto privato purché gestiscano un patrimonio culturale di appartenenza pubblica (risoluzione Agenzia delle Entrate 7.11.2017 n. 136). Restano escluse le erogazioni liberali destinate ai beni culturali privati e quelle finalizzate all’acquisto di opere d’arte che, come confermato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 24/E del 31 luglio 2014, continuano a costituire oggetto delle agevolazioni disciplinate dal Testo unico delle imposte sui redditi.

Tale scelta parrebbe trovare la propria ratio nella necessità di evitare possibili abusi, anche in considerazione dell’assenza di specifici adempimenti relativi ad autorizzazioni e verifiche da parte della Pubblica Amministrazione, oltre al rischio di trasformazione dell’agevolazione in extra-profitto.

In tale contesto è opportuno segnalare che nel quadro normativo europeo non rileva la circostanza che il patrimonio culturale oggetto di tutela sia di proprietà pubblica o privata, lasciando così presagire una possibile apertura dell’ambito di applicazione dell’Art-bonus.

Soffermando ora l’attenzione sulla qualifica del soggetto che effettua le erogazioni liberali, preme rilevare l’esistenza di limiti massimi differenziati di spettanza del credito d'imposta. In particolare, per le persone fisiche (residenti e non residenti) ed enti che non svolgono attività commerciale (i.e. dipendenti, pensionati, professionisti), il credito d’imposta è riconosciuto nel limite del 15% del reddito imponibile, mentre per i soggetti titolari di reddito d’impresa ed enti non commerciali che esercitano anche attività commerciale il credito d’imposta è riconosciuto nel limite del 5 per mille dei ricavi annui.

Come ormai la maggior parte delle spese detraibili e deducibili, le erogazioni liberali devono essere effettuate tramite sistemi di pagamento tracciabili (bonifico, carta di debito o credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari). Restano quindi totalmente escluse dall’agevolazione le erogazioni liberali effettuate in contanti e in natura (ovvero tramite scambio di beni e servizi).

In tale contesto va osservato come la diffusione di tale strumento è stata favorita oltre che dalla rilevanza della misura percentuale del credito d’imposta anche dalla mancanza di adempimenti burocratici complessi (in caso di verifica da parte dell'Amministrazione Finanziaria è sufficiente produrre la copia del documento che certifica l’erogazione in denaro).

Ebbene, così come ad oggi concepito l’Art-bonus si concretizza come una forma alternativa di finanziamento da parte della collettività, una sorta di crowdfunding imponente a vantaggio di selezionati interventi culturali, dove il privato si sostituisce alle politiche di allocazione statale scegliendo di finanziare l’arte in una misura corrispondente all’importo dell’erogazione liberale non coperto dal credito d’imposta.

Il mecenatismo, come noto, accresce il prestigio del benefattore generando un ritorno positivo di immagine. Anche questo aspetto non è stato trascurato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo che, attraverso il sito dedicato all’Art-bonus (https://artbonus.gov.it/), rende pubblica la lista dei nominativi di tutti i mecenati indicando altresì, in piena trasparenza, il costo complessivo degli interventi e le erogazioni liberali ricevute per ognuno di essi.

Ad oggi l’utilizzo della leva fiscale sulla protezione e valorizzazione dell’arte e della cultura ha raggiunto risultati significativi. Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha recentemente reso noto, con comunicato stampa del 1° febbraio 2020, la registrazione di 435 milioni di donazioni effettuate da persone fisiche e giuridiche a favore del patrimonio pubblico italiano dall’entrata in vigore dell’incentivo.

Appare evidente che l’Art-bonus ha dato uno slancio fondamentale per colmare il divario esistente tra la radicata necessità di sviluppare politiche culturali adeguate all’immenso patrimonio italiano e un apparato di misure finanziarie e fiscali funzionale a tale scopo.

È così che chiunque di noi, animato da sentimenti di mecenatismo, oggi potrà dirsi sostenitore finanziario della tutela dei beni artistici e culturali di pregio come, a solo titolo di esempio, il Teatro alla Scala e il Castello Sforzesco di Milano, il Teatro dell’Opera di Roma, Piazza San Marco e i Giardini Reali di Venezia.

 

Alessandra De Rosa

Dottore Commericialista, Loconte & Partners – Studio Legale e Tributario