Mostre

 



 

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GRAB THE CITY 


Progetto nato dalla collaborazione scientifica tra la stessa Galleria Nazionale e il Dipartimento di Architettura e Progetto (DiAP) della Sapienza Università di Roma.


La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea presenta la mostra GRAB THE CITY, visibile dal 22 febbraio fino al 1 aprile 2024. È un progetto nato dalla collaborazione scientifica tra la stessa Galleria Nazionale e il Dipartimento di Architettura e Progetto (DiAP) della Sapienza Università di Roma. La mostra, curata congiuntamente da Alessandra Capuano con Alfonso Giancotti, Anna Giovannelli e Daniele Frediani del DiAP, e da Giovanna Coltelli e Valeria Lupo, con l’Ufficio Mostre, della Galleria Nazionale, si ispira al GRAB, Grande Raccordo Anulare delle Biciclette: un vasto anello ciclopedonale di quasi 50 Km che attraversa la capitale. Il progetto del GRAB, che a nove anni dall’ideazione sta giungendo con Roma Servizi per la Mobilità all’imminente apertura dei cantieri, ha preso avvio su iniziativa di VeloLove e si è sviluppato grazie a un interessante processo partecipativo della cittadinanza.

L’esposizione offre una lettura inedita e multiculturale della città di Roma, presentando la pista ciclabile quale dispositivo sostenibile di percezione, fruizione e trasformazione di una città meravigliosa, talvolta inattesa o nascosta. Opere di pittura, scultura, grafica e fotografia, accanto a mappe, progetti e modelli di architettura, organizzati in cinque percorsi tematici – Memorie, Corpi, Nature, Immaginari, Comunità – illustrano le potenzialità del GRAB offrendo un affascinante viaggio storico, artistico, scientifico e antropologico attraverso monumenti e parchi, borgate e acquedotti, quartieri neorealisti e necropoli, oasi urbane e fiumi. Le sezioni Città per Anelli e Visioni sono dedicate rispettivamente alla forma della città storica e alla sua visione futura.

La mostra è promossa da VeloLove, Legambiente e dal Touring Club Italiano e gode del patrocinio del Ministero della Cultura, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Roma Capitale. 

 



 

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Al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone Alice Ronchi presenta AMAMI ANCORA


Per l’occasione Alice Ronchi presenta un nuovo intervento, accanto a importanti lavori storici, ad altri inediti e ad alcuni rimasti per anni nel suo studio che entrano in dialogo con quelli della collezione del MAC. 


" Amami Ancora" è la prima mostra personale in un’istituzione museale di Alice Ronchi presso il MAC | Museo di Arte Contemporanea di Lissone.
La mostra occupa tutti i quattro piani del museo e apre il nuovo programma espositivo triennale che pone il MAC come centro di ricerca e di sperimentazione capace di dare voce ad artisti contemporanei che, con le loro opere, entrano in dialogo con i lavori presenti nella collezione permanente, acquisite durante lo storico Premio Lissone, in particolare tra il 1946 e il 1967, quando la città fu luogo significativo a livello internazionale per la documentazione della ricerca artistica europea.

Per l’occasione Alice Ronchi presenta un nuovo intervento, accanto a importanti lavori storici, ad altri inediti e ad alcuni rimasti per anni nel suo studio che entrano in dialogo con quelli della collezione del MAC di figure quali Claude Bellegarde, Cheval-Bertrand, Peter Brüning, Giorgio De Chirico, Piero Dorazio, Gino Meloni, Achille Perilli, Mario Schifano, Eugenio Tomiolo e altri. Il titolo, Amami Ancora, richiama la necessità delle opere di vivere e di uscire dalla nostalgia che le racchiude nei depositi, per essere nuovamente apprezzate e riscoperte.

La mostra sarà visitabile fino al 19 Maggio 2024.

 



 

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BACKSTAGE Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena al Museo Villa Bassi Rathgeb 


100 fotografie provenienti dall’immenso archivio dell’ Associazione culturale Mimmo Cattarinich di Roma, capaci di raccontare la storia del cinema italiano e internazionale dagli anni Sessanta ai giorni nostri.


I volti di grandi attori e registi della storia del cinema internazionale come Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Anthony Quinn, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Capucine, Catherine Deneuve, Roberto Benigni, Claudia Cardinale, Maria Callas ma anche protagonisti contemporanei come Giuseppe Tornatore, Pedro Almodovar, Antonio Banderas, Javier Bardem, Isabelle Huppert, Rupert Everett, Rutger Hauer, Carlo Verdone, Monica Bellucci, Natalie Portman e Penelope Cruz sono soltanto alcuni dei protagonisti delle fotografie di Mimmo Cattarinich, al quale il Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme dedica dal 9 febbraio al 16 giugno 2024 la mostra BACKSTAGE. Mimmo Cattarinich e la magia del fotografo di scena a cura di Dominique Lora. 100 fotografie provenienti dall’immenso archivio dell’ Associazione culturale Mimmo Cattarinich di Roma, capaci di raccontare la storia del cinema italiano e internazionale dagli anni Sessanta ai giorni nostri.

Cinema e fotografia, linguaggi visivi nati quasi simultaneamente, da sempre condividono e scambiano tecniche narrative e ispirazioni estetiche, generando quella complessa rete di rapporti che stimola sperimentazione e creatività, una dicotomia narrativa nata da un dialogo naturale in cui immaginario, ispirazione e sovversione sono atti di reciprocità e di scambio. La fotografia documenta il cinema e ne rivela il gesto celato, l’emozione rubata, ritraendo in immagini istanti di vita dietro le quinte: è un linguaggio complementare capace di mettere a nudo i soggetti, svelandone i misteri e raccontandone la vulnerabilità.

Guardare il cinema attraverso l’obiettivo del fotografo di scena è un’esperienza complessa, interdisciplinare e organizzata attorno a tre grandi soggetti che, smascherando la finzione cinematografica, rivelano tutta l’essenza umanistica di questa ricerca: la rappresentazione del reale dietro le quinte, il ritratto dell’attore all’interno e oltre la scena e il rapporto tra cinema e arte.

Ad accomunare i soggetti ritratti da Mimmo Cattarinich è la tensione alla diversità: alterazioni corporee, atteggiamenti di sfida o di esibizione, caratteristiche che contribuiscono a renderli veri, trasparenti e vulnerabili. Il fotografo traspone su pellicola sogni ed emozioni dei singoli individui, rivelandone la realtà presente e le aspirazioni.

Mimmo Cattarinich, Alberto Sordi nell'episodio "L'Uccellino" diretto da Tinto Brass in un film collettivo intitolato "La Mia Signora" ed interpretato  assieme a Silvana Mangano, 1964, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich | Mimmo Cattarinich, Claudia Cardinale sul set di "La Ragazza di Bube" diretto da Luigi Comencini, 1964, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich | Mimmo Cattarinich, Il regista Bernardo Bertolucci durante il tournage de "Il Tè Nel Deserto", 1990, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich |  Mimmo Cattarinich, Silvana Mangano nell'episodio "L'Uccellino" diretto da Tinto Brass in un film collettivo intitolato "La Mia Signora" ed interpretato assieme ad Alberto Sordi, 1964, Courtesy Associazione Culturale Mimmo Cattarinich

Promossa da Comune di Abano Terme – Museo Villa Bassi Rathgeb

Prodotta da Glocal Project Consulting

In collaborazione con CoopCulture e con Associazione culturale Mimmo Cattarinich

 



 

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Ernst Scheidegger, Allieva della scuola di danza di Madame Rousanne, Parigi, 1955 © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich

 

Ernst Scheidegger al MASI   


Il MASI Lugano inaugura la stagione espositiva 2024 con un omaggio a un artista svizzero che ha scritto un importante capitolo della storia della fotografia, Ernst Scheidegger.


Sulla scia delle attività legate al centenario della nascita di Ernst Scheidegger (Rorschach, 1923 – Zurigo, 2016), il MASI Lugano apre la stagione espositiva 2024 con un tributo all’artista svizzero che ha scritto un capitolo della storia della fotografia.

Attivo come fotoreporter e collaboratore della rinomata agenzia Magnum Photos e al contempo assiduo frequentatore della scena artistica d’avanguardia parigina, Scheidegger è noto a livello internazionale per i ritratti d’artista – tra cui quelli diventati iconici di Alberto Giacometti, amico di una vita. Personalità sfaccettata e multiforme, Scheidegger è stato anche pittore, grafico, regista e, in seguito, gallerista ed editore.

La mostra al MASI ripercorre la produzione di questo straordinario fotografo attraverso un nucleo di oltre cento immagini composto da un’ampia scelta di scatti giovanili inediti del decennio 1945 - 1955 e dai celebri ritratti d’artista, realizzati su commissione dalla metà degli anni Cinquanta. Dal percorso espositivo emerge come l’accento sociale, lo sguardo poetico e sperimentale dei primi lavori si risolva nelle composizioni ariose, chiare ed elegantemente calcolate dei ritratti d’artista che hanno reso celebre Scheidegger.

Il “faccia a faccia” tra Scheidegger e i protagonisti e le protagoniste dell’arte del Novecento si sviluppa in un dialogo spontaneo tra i ritratti fotografici e una selezione di importanti opere delle artiste e degli artisti di volta in volta immortalati. Una sezione a parte - trait d’union tra i due capitoli del percorso - è dedicata invece al legame stretto con Alberto Giacometti. La mostra presenta inoltre il noto cortometraggio 'Alberto Giacometti', realizzato da Scheidegger in collaborazione con Peter Münger tra il 1964 e il 1966.

Forti contrasti luminosi, prospettive stranianti e messa a fuoco disinvolta caratterizzano i lavori giovanili di Scheidegger, con cui si apre il percorso della mostra. Sono scatti privati, realizzati in bianco e nero con una macchina Rolleiflex, risultato delle peregrinazioni dell’artista tra Svizzera, Italia, Paesi Bassi, Jugoslavia e Cecoslovacchia. Da Belgrado a Montecassino, dalla Val Verzasca a Parigi, le immagini immortalano gli abitanti di un’Europa devastata dal conflitto, ma anche desiderosa di vita: cantieri navali abbandonati, volti puri di bambini negli orfanotrofi e nelle carceri minorili si alternano a racconti di un’umanità affamata di vita, che si riversa tra le strade.

In questa fase, a interessare Scheidegger sono le persone e una realtà quotidiana che egli sa cogliere con accenti poetici e un’attenzione al sociale, in cui pare dimenticarsi delle lezioni apprese alla Kunstgewerbeschule di Zurigo sulla fotografia oggettuale. È, il suo, un repertorio che “ racchiude molti temi classici dei neorealismi fotografici e cinematografici del secondo dopoguerra: il riverbero delle luci di scena sui volti degli artisti e dei clown di un circo, le emozioni a buon mercato della fiera e del luna park, la rumorosa vita popolare che anima le strade dell’Europa del Sud, i bambini di strada, l’Esercito della salvezza, le sagre, le manifestazioni dei lavoratori” – come scrive Tobia Bezzola nel suo saggio in catalogo.

Dalla polvere delle strade alla calma degli atelier degli artisti: è un percorso non scontato quello di Scheidegger, che presto va a incrociarsi con quello di Alberto Giacometti, conosciuto durante il servizio militare in Engadina nel 1943. La mostra documenta, in una sala dedicata, il profondo rapporto con l’artista, raccontato da una serie di rare vintage prints.

Le fotografie, scattate durante diversi incontri sia a Stampa che a Maloja in Val Bregaglia, in Engadina che nell’atelier di Giacometti a Montparnasse a Parigi, mostrano momenti privati da prospettive insolite, che portano dentro il tempo della loro creazione.

Il legame di fiducia tra l’artista e il fotografo consentirà a Scheidegger di rubare anche scatti emblematici, non da ultimo uno dei rari ritratti frontali di Giacometti, poi utilizzato anche sulla banconota svizzera da 100 franchi. In una giocosa mise en abyme tra pittura e fotografia, la mostra presenta anche un ritratto di Scheidegger dipinto da Giacometti intorno al ’59.

Non solo Giacometti: nella capitale francese Scheidegger inizia a frequentare la scena artistica e letteraria d’avanguardia e si specializza in ritratti d’artista per riviste di settore e progetti editoriali. Da Joan Miró a Salvador Dalí, da Max Bill a Marc Chagall, in mostra sfilano i ritratti di grandi artisti del Novecento con cui l’obiettivo di Scheidegger si è trovato faccia a faccia. Raramente in posa, mai glamour, le artiste e gli artisti compaiono sempre nel loro ambiente, al cavalletto o sul tavolo da disegno -come Verena Loewensberg o nell’atelier, come Germane Richier. Sono artefici al lavoro. È una fotografia che non celebra sé stessa, ma si pone al servizio dell’arte quella di Scheidegger. E, soprattutto, mantiene sempre uno sguardo calmo, in cui è il tatto a prevalere. Un’attenzione che non sempre sottintende vicinanza o intimità: se Salvador Dalí sembra sorpreso con ironia giocosa e simpatia, nei ritratti di Le Corbusier e Cuno Amiet non è nascosto il carattere di un’opera su commissione e si percepisce distanza. È invece il ritratto di un’assenza quello di Sophie Tauber Arp, prematuramente scomparsa, di cui Scheidegger ha immortalato lo studio vuoto.

Grazie anche al taglio di luce e alle sapienti composizioni, il ritratto delle personalità creatrici si estende, negli scatti di Scheidegger, anche all’atelier e agli oggetti d’arte, rivelando qualcosa del processo creativo. Un allargamento dello spazio, che in mostra prende corpo in una selezione di opere d’arte realizzate dagli artisti e dalle artiste di volta in volta immortalati. Doppiamente rappresentati, i protagonisti e le protagoniste della storia dell’arte del Ventesimo secolo scandiscono così il percorso espositivo dedicato a un’eclettica figura di artista che, per gran parte, ne ha condiviso l'avventura, sempre considerando le immagini come parte di un'impresa comune.

In occasione della mostra è stato pubblicato, ad ottobre 2023, il volume “Ernst Scheidegger. Fotograf” con testi di Tobia Bezzola, Philippe Büttner, Alessa Widmer ed Helene Grob. Edizione tedesca e inglese Scheidegger & Spiess, edizione italiana Edizioni Casagrande Bellinzona.

 



 

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ARCHITETTURE INABITABILI 


La mostra di Archivio Luce Cinecittà si articola in 150 fotografie, video storici e testi inediti di scrittori su 8 "architetture inabitabili" italiane.


Un nuovo punto di vista sull’architettura, teso a scoprirne una concezione diversa da quella comunemente legata alla funzionalità abitativa, viene suggerito da questa mostra, che nasce con l’obiettivo di indagare il rapporto critico tra abitare e costruire, partendo da alcuni edifici che sono emblematici di questa frattura: “architetture inabitabili” dalla forte carica simbolica, emblemi della città in cui sorgono. La mostra ne individua alcuni esempi particolarmente significativi, distribuiti su tutto il territorio nazionale, reperendone testimonianza nei materiali dell’Archivio LUCE e in altri archivi. Alle fotografie storiche si aggiungono opere firmate da fotografi e artisti contemporanei come Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Marzia Migliora, Mark Power, Sekiya Masaaki, Steve McCurry – oltre ad alcune immagini di Francesco Jodice e di Silvia Camporesi appositamente commissionate per la mostra – e pagine che i più apprezzati scrittori italiani hanno composto per l’occasione.

L’esposizione dal 24.01 al 5.05 è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà. A cura di Chiara Sbarigia con Dario Dalla Lana. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

INFO

Musei Capitolini, Centrale Montemartini

Via Ostiense, 106