Gloria Vergani co-curatrice della Collezione Giuseppe Iannaccone si racconta

 

 

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  L'avvocato Giuseppe Iannaccone con i curatori della Collezione Gloria Vergani e Daniele Fenaroli.
 

"La linfa vitale di un lavoro che richiede non solo passione, ma in primo luogo tanta conoscenza. Curare una Collezione d’arte di questo calibro mi ha insegnato quanto mai prima il significato intrinseco della parola cura".

By Camilla Delpero

 

Come nasce Gloria Vergani professionalmente? 

Gloria nasce con una Laurea in comunicazione media e pubblicità, e cresce con un Master incentrato sul mercato dell’arte contemporanea. Oltre agli studi, credo poi che la vera crescita si ha sul campo: sicuramente le esperienze lavorative avute con enti museali, riviste d’arte, piuttosto che gallerie d’arte, hanno aggiunto non solo esperienza, ma altresì competenze effettive nei diversi ambiti del mondo dell’arte contemporanea e non. Inoltre, per quanto mi riguarda, ultimo ma non di certo per importanza, c’è lo studio. Leggere e studiare giornalmente libri d’arte, cataloghi e saggi, è sicuramente la linfa vitale di un lavoro che richiede non solo passione, ma in primo luogo tanta conoscenza: parola a cui spesso credo si dia sempre meno valore.

Cos’è la bellezza?

Rispondere a questa domanda è estremamente difficile per me, per questo dirò la prima cosa che ho pensato: vorrei citare un grande filosofo, David Hume, che scrive: “la bellezza sta negli occhi di chi guarda”. Credo che il tema della bellezza sia totalmente soggettivo, e per questo non varrebbe nessuna definizione che possa ritenersi unanime. Quello che è importante, a mio avviso, è spendere del tempo per allenare i propri occhi. Gli occhi sono un muscolo, un muscolo che va allenato a cogliere la bellezza.

La rivista si chiama Quid Magazine perché vuole indagare il quid che rende unica qualsiasi cosa. Dove lo intravedi il quid nel tuo lavoro, in un’opera o nella vita stessa?

Direi che il quid nel mio lavoro risiede nell’approccio. È fondamentale sviluppare una grande curiosità, essere capaci di scavare a fondo delle cose, studiare, andare oltre il semplice approccio analitico. Questo vale per il mio lavoro, come per l’arte, come per la vita. Bisogna studiare, sviluppare i propri sensi, imparare ad arrivare alla radice delle cose, per scoprirne l’essenza. Non bisogna mai fermarsi al primo impatto. Curare una Collezione d’arte del calibro della Collezione Giuseppe Iannaccone, mi ha insegnato quanto mai prima il significato intrinseco della parola ‘cura’. Curare dei quadri significa non solo occuparsi del mantenimento, del restauro, e delle pratiche esterne; curare un’opera d’arte significa osservarla, capirne i bisogni, le fragilità, il suo più intimo significato.

 

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Quanto lavoro c’è per gestire una Collezione così importante?

Molto più di quanto si possa immaginare. La Collezione è una creatura vivente, e come tale ha bisogno di un grande impegno e di dedizione. Bisogna occuparsi del restauro, della cura fisica, dell’archivio di tutti i documenti relativi ad ogni opera: dalle pubblicazioni, ai testi, alla fortuna critica, fino ad arrivare all’organizzazione di eventi e mostre. Finalmente, dopo due anni di stop, possiamo riniziare a pensare a progetti per mostrare la Collezione a quante più persone possibile. Inoltre ci sono i numerosi prestiti, le opere della Collezione sono sempre più richieste da musei nazionali e non, e anche in questo caso bisogna lavorare con estrema cura, sia in termini di trasporto che in termini assicurativi. Infine vi è la ricerca, il motore che muove e alimenta la Collezione; bisogna sempre rimanere aggiornati per scoprire nuovi promettenti giovani artisti.

Qual è la soddisfazione maggiore nel lavorare con un progetto del genere e qual è anche la fatica maggiore?

Amo così tanto il mio lavoro che pensarlo in termini di fatica mi risulta davvero difficile. La soddisfazione più grande per quanto mi riguarda sono le ‘scommesse’ vinte: molto spesso ci sono giovani artisti agli albori, in cui ancora nessuno crede. In fondo è facile parlare di capolavori quando questi sono già conclamati, è invece molto più difficile riconoscere il talento quando ancora deve essere riconosciuto. Le cose facili, non mi sono mai piaciute.

Cos’è l’arte contemporanea secondo te?

L’arte contemporanea, è uno specchio del nostro tempo. Come ogni manifestazione d’arte, che può essere la pittura, la danza, o il cinema, credo che ciò che accade nell’arte contemporanea sia la trasposizione di ciò che accade del nostro mondo. Dirò una cosa sui generis, ma penso che per comprendere l’arte contemporanea sia necessario conoscere la storia dell’arte; se non si conosce il passato, non si può comprendere a fondo il presente. L’arte contemporanea non è altro che il presente. Il presente raccontato dalla mano di un’artista.

 

Leggi l'intervista al co-curatore Daniele Fenaroli al seguente link