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VISITO ERGO SUM IL PUBBLICO NEI MUSEI

Una conversazione con Filippo Cavazzoni, Angelo Crespi, Mauro Felicori e Ludovico Solima. Introduce Patrizia Asproni, Presidente del Museo Marino Marini.

Il Museo Marino Marini organizza mercoledì 12 dicembre 2018, alle 17.30, Visito ergo sum. Il pubblico nei musei, una conversazione con Filippo Cavazzoni, Direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Angelo Crespi, giornalista e critico, Mauro Felicori, già Direttore della Reggia di Caserta, e Ludovico Solima, Docente Management della imprese culturali - Università della Campania. Introduce Patrizia Asproni, Presidente del Museo Marino Marini.

Seguirà l’anteprima di “EFFETTO MUSEO. Intrusioni istantanee nei luoghi dell’arte”, fotografie di Massimo Pacifico, a cura di Claudio Di Benedetto, un’esposizione, allestita nella cripta del museo, di circa 40 scatti che offrono un’istantanea del rapporto tra i musei e il loro pubblico, uno dei soggetti verso cui Pacifico ha indirizzato il suo obiettivo nel corso dei suoi  reportage in tutto il mondo come fotografo di prestigiose riviste di viaggio.

 La mostra sarà visitabile al pubblico dal 9 gennaio 2019 fino al 25 febbraio 2019.

La conversazione.

Quale pubblico per i musei? Chi e cosa sono oggi i visitatori dei musei, dei siti archeologici  e delle esposizioni artistiche? Gli studi dicono che il tempo medio di osservazione di chi visita un museo va dai 15 ai 30 secondi. Ma esiste davvero un'equazione che valga per tutti?

L'incontro, accompagnato dalle foto di Massimo Pacifico, intende stimolare il dibattito su uno degli argomenti "più caldi" e attuali delle politiche culturali. L'audience engagement, il coinvolgimento, il trasferimento di cultura e sapere sono infatti al centro di una riflessione che coinvolge tutti gli attori in scena: non solo i musei e la loro direzione e gestione, ma tutto il mondo dell'educazione e della formazione e quello, soprattutto, del turismo.

Le sfide globali, la mobilità delle popolazioni, l'aumento della fruizione culturale come "esperienza" di viaggio, e tutte le problematiche connesse, impongono la consapevolezza di mutazioni in corso e scenari da prevedere per poter intervenire con cognizione di causa sui comportamenti e sulle prospettive di sostenibilità sociale ed economica.

Per un sistema culturale e museale coinvolgente e “playable”, che metta sempre di più il "pubblico" al centro. 

La mostra

Selezionati tra le innumerevoli fotografie che popolano l’archivio di Massimo Pacifico, gli scatti in mostra ci offrono uno sguardo che "guarda chi guarda" le opere d'arte, il visitatore che "abita" il Museo.

Da osservatori, attraverso l'obiettivo privilegiato di Massimo Pacifico, possiamo così guardare indisturbati le emozioni che attraversano le persone che visitano i musei : la risata e la commozione, la gioia, espressa talora con passi di danza - quella a cui ad esempio si abbandonano una giovane mamma e il suo bambino in visita al Victoria & Albert Museum di Londra - la noia e il torpore che sembrano cogliere alcuni studenti universitari appollaiati su un divano dello Städelsches Kunstinstitut di Francoforte o il visitatore intento a dormire sdraiato sui sedili di una sala della Neue Pinakothek di Monaco.

Massimo Pacifico si insinua così nelle vite dei visitatori incontrati in viaggio catturandone, talvolta con ironia e sempre con grande discrezione e sensibilità, gesti ed espressioni mentre sono intenti ad osservare, ignorare o mimare statue e dipinti attorno a loro: se nella Gliptoteca di Monaco di Baviera il dramma delle monumentali sculture classiche sembra essere ignorato dall’uomo assorto nella lettura di un libro, di tutt’altra intensità è il coinvolgimento di un giovanissimo visitatore del Rijksmuseum di Amsterdam, che, alla vista del dipinto in cui la suora Geertrury Haeck, defunta, è inginocchiata in adorazione di Sant’Agnese, reagisce con lacrime di commozione.

Dal Metropolitan Museum di New York al Mercedes Benz Museum di Stoccarda, dal Prince of Wales Museum di Mumbai ai Musei d’Arte Moderna di Barcellona, Lipsia, Milano, dal Rijksmuseum di Amsterdam al Victoria & Albert Museum di Londra, gli scatti di Pacifico aggiungono esperienza visiva, permettendo una "visita" museale completamente originale e coinvolgente.

Massimo Pacifico è nato nel 1951 a Sulmona, in Abruzzo, la città natale del poeta latino Ovidio. Dopo gli studi classici si è laureato in Scienze Politiche presso l'Università di Firenze. Fotografo professionista  e giornalista dal 1977, ha sempre indirizzato il suo obiettivo sulle persone in cui si è imbattuto durante i suoi frequenti viaggi intorno al mondo.

Autore di numerosi libri e articoli, Pacifico ha esposto in numerosi musei internazionali e diretto magazine come VERVE (2006/2010) e BOGART (2011); attualmente è direttore della rivista online BARNUM.

MUSEUMSCOPE è un progetto realizzato nell'ambito di Toscanaincontemporanea2018.

Museo Marino Marini - Piazza San Pancrazio, Firenze

T +39 055.219432 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.museomarinomarini.it

 

 

 

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L’universo di Luciana Matalon

In occasione del compleanno dell’artista, la Fondazione intende dedicare una mostra antologica all’universo della poliedrica artista.

La Fondazione Luciana Matalon è lieta di presentare dal 14 Dicembre al 27 gennaio 2019 la mostra “L’universo di Luciana Matalon”. In occasione del compleanno dell’artista, la Fondazione intende, come lo scorso anno, dedicare una mostra antologica all’universo della poliedrica artista. La retrospettiva rappresenta un’occasione di approfondimento importante per entrare in contatto con opere, in parte ancora oggi inedite, tramite cui il visitatore avrà la possibilità di ripercorrere le tappe salienti dei circa cinquant’anni di produzione dell’artista. Partendo dai lavori storici caratterizzati da una forte componente materica, l’esposizione si svilupperà mettendo in luce come Luciana Matalon abbia intrapreso una costante e continua ricerca artistica verso “il suo universo infinito” con al centro concetti quali il tempo, la memoria e l’attesa del domani.

CONTESTUALMENTE ALLA MOSTRA, LA FONDAZIONE LUCIANA MATALON ORGANIZZA I SEGUENTI EVENTI:

Sabato 16 DICEMBRE ALLE 16 si terrà il concerto “ECHI DI SPAGNA” con Cinzia Milani, chitarrista, secondo appuntamento della stagione Musica e Poesia 2017-2018 in collaborazione con Notturno, Associazione Culturale Musicale di Milano.

Martedì 19 DICEMBRE ALLE 18 il noto critico d’arte GIOVANNI FACCENDA batterà l’esclusiva ASTA DI DIPINTI, SCULTURE, GRAFICHE, DISEGNI E GIOIELLI DI LUCIANA MATALON. Le opere saranno in esposizione negli spazi della Fondazione a partire da giovedì 14 Dicembre, inoltre è disponibile un catalogo online sul sito: http://www.fondazionematalon.org/ Al termine brindisi natalizio. Luciana Matalon, veneta di nascita, milanese di adozione, ha compiuto gli studi artistici all’Accademia di Brera e nel corso di vari soggiorni all’estero. Artista poliedrica, si dedica a pittura, scultura e creazione di gioielli. Dal 1962 partecipa a mostre nazionali e internazionali. Tra le personalità della cultura italiana hanno scritto di lei: Vincenzo Accame, Giovanna Bonasegale, Martina Corgnati, Giuseppe Curonici, Ferruccio De Bortoli, Floriano De Santi, Armando Ginesi, Ermanno Krumm, Alberico Sala, Roberto Sanesi, Arturo Schwarz, Vittorio Sgarbi, Carlo Strinati, Leo Strozzieri, Miklos N. Varga, Silvio Zanella. Nel 2000, l’artista istituisce a Milano la Fondazione a lei intitolata, aspirando a creare uno spazio museale che sia crocevia internazionale di nuove idee e di nuovi orientamenti artistici. La Fondazione promuove mostre, convegni e iniziative di scambi culturali a livello internazionale.

 

 

 

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Lanterna magica, nuova prestigiosa LIMITED EDITION dedicata a Guido Crepax

Pubblicato per rendere omaggio alla prima edizione della graphic novel datata 1978

Skira editore ha da poco pubblicato Lanterna magica, nuova prestigiosa LIMITED EDITION dedicata a Guido Crepax.

Pubblicato per rendere omaggio alla prima edizione della graphic novel datata 1978, la Limited Edition di Lanterna Magica è un libro di grande formato, impreziosito da tre serigrafie – Imitazioni, Riflesso e Bambole – numerate e autenticate dall’Archivio Guido Crepax e da una tavola artistica espressamente realizzata ed autografata da Lorenzo Mattotti.

La storia, interamente disegnata da Crepax, è esempio di grafica modernissima e di ambientazioni e contesti “fuori dalle dimensioni storiche”. La prima edizione era stata introdotta da un testo di Gillo Dorfles, riportato qui integralmente.

Le 216 pagine dell’opera sono stampate su preziosa carta avorio, il volume è tirato a 300 copie e diviso in tre varianti caratterizzate, ognuna, da una serigrafia autenticata ed è contenuto in una scatola a pozzetto, interamente rivestita in tela; ogni serigrafia è inserita in una cartella rivestita in tela posta sopra il volume. 

Uno speciale incontro aperto al pubblico, previsto per giovedì 13 dicembre alle 17.30 alla Pinacoteca di Brera di Milano (Sala della Passione, Via Brera 28),

permetterà di conoscere di conoscere tutti i dettagli di questa prestigiosa edizione.

Partecipano Antonio, Caterina e Giacomo Crepax

Interviene Paolo Barcucci, esperto di fumetto d’autore.

Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

 

 

 

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Guido Strazza, Segno e Segno

Segno e Segno sintetizza in maniera esemplare un lavoro di indagine che va avanti senza interruzione da sessantacinque anni, sempre lucido e prezioso, anche dal punto di vista tecnico e teorico.

Venerdì 30 novembre 2018, ore 18.00 - Sala delle Colonne - Ingresso libero

Interventi

Giuseppe Appella, Storico dell’arte

Micol Forti, Curatore Coll. Arte Contemporanea dei Musei Vaticani

Sergio Pandolfini, Il Bulino Editore

Sarà presente l’artista

Quasi a voler porre un ideale richiamo dell’antologica dello scorso anno dedicatagli dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Guido Strazza torna a informarci della sua attività grafica in occasione della pubblicazione del libro d’artista Segno e Segno contenente undici incisioni originali e dieci testi inediti. Nell’analisi di questo ultimo impegno che, in vista della pubblicazione del Catalogo Generale dell’opera Grafica (1953-2018), si presenta come un documento di assoluto rilievo, gli sono a fianco Giuseppe Appella, Micol Forti e Sergio Pandolfini.

Dopo Ricercare (1973), Orizzonti olandesi (1974), Insetti (1980), Roma (1982), Le immagini vengono senza preavviso (2001), Segno nasconde Segno (2002), Eppure io non sapevo darmi / pace (2013), Segno e Segno sintetizza in maniera esemplare un lavoro di indagine che va avanti senza interruzione da sessantacinque anni, sempre lucido e prezioso, anche dal punto di vista tecnico e teorico. Infatti, l’incisione si configura come autentica struttura linguistica. I canoni di linguaggio elaborati, veri e propri strumenti di ricerca per la definizione di una ben precisa area conoscitiva, sono evidenti nei pensieri in forma di poesia che accompagnano le incisioni:

"Segno chiama segno lo fa segno di sé per fare guerra agli altri divorarli non per sé ma per il segno che non c’è ci sarà progetto eterno per istanti concluso".

"segno visto non visto visto appena nome che non so pronunciare"

"segno sta a segno come nome sta a nome contro nome"

"segno non parla dice dice dall’A alla Z tutto insieme senza un prima né un dopo"

"da segno a segno memoria progetto di memoria"

"segno parla di sé se parla d’altro glielo mettono in bocca"

"segno nasconde segno nomi soprannomi"

"improvviso dal troppo pieno del vuoto fugge un segno mai visto nuovo nome del vuoto"

"segno racconta segno e qualcos’altro ancora che non sa"

"Sembra ben fatta la torta nera di segni della prova di stampa ma un venticello chiede chi sei? nessun segno risponde e riaccendiamo il fuoco"

 

Info pubblico

Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea

viale delle Belle Arti 131, Roma

Ingresso accessibile Via Gramsci 71

T +39 06 3229 8221 

lagallerianazionale.com

orari di apertura

dal martedì alla domenica: 8.30 – 19.30

ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura

 

 

 

Bagnoli Celant

 

 

Arte moderna. Monografie - Marco Bagnoli

Il volume è composto da un saggio introduttivo a firma di Germano Celant, da una cronologia a firma di Germano Celant e Antonella Soldaini.

La pubblicazione analizza e documenta, attraverso un testo critico e una dettagliata cronologia, il percorso artistico di Marco Bagnoli dagli anni settanta a oggi.
Dallo studio e dalla ricerca sul suo contributo emerge la consapevolezza di essere e di muoversi nell’arte, come in una realtà “altra”. È la testimonianza di un attraversamento di tempi e spazi, con la capacità di collocarsi dove il linguaggio non può essere parlato e compreso, così che lo spirituale possa manifestarsi quale naturale completamento della materia. Rivela la scoperta di un procedere che trova ispirazione in un “altrove” per creare momenti di vibrazione, dove gli opposti si fondono e producono un superamento delle tendenze lineari e univoche che hanno segnato la Minimal e la Conceptual Art.
A contare, nelle sue proposte, è il dialogo, che fa risuonare tra loro, mediante il ricorso a colori e oggetti, a luci e ombre, il fisico e il mentale, l’emotivo e il logico. Un’inedita rifondazione poeticoscientifica del fare arte, che professa l’unità delle culture, al fine di sopprimere ogni confine e ogni distanza, e ridare all’indagine estetica una presenza simultanea di tutte le polarità del sentire e del percepire.

Il volume è composto da un saggio introduttivo a firma di Germano Celant, da una cronologia a firma di Germano Celant e Antonella Soldaini, dalle note relative al testo della cronologia, dalla trascrizione dei testi d’artista presenti in cronologia, dal regesto e dagli apparati.

2018, edizione italiana e inglese
24 x 28 cm, 512 pagine, 703 colori e 9 b/n, cartonato
ISBN 978-88-572-2273-8 I, -2238-7 E
€ 90,00 £ 80.00 $ 100.00

 

 

 

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Prorogata fino al 14 gennaio, 2019 la mostra "1948: la Biennale di Peggy Guggenheim

A seguito del grande successo riscosso dalla mostra e in previsione di un 2019 che vedrà Peggy Guggenheim protagonista di un ricco programma espositivo e di lunga serie di attività che ripercorreranno i settant’anni dal suo trasferimento a Palazzo Venier dei Leoni, è stata prorogata fino al 14 gennaio 2019

A seguito del grande successo riscosso dalla mostra e in previsione di un 2019 che vedrà Peggy Guggenheim protagonista di un ricco programma espositivo e di lunga serie di attività che ripercorreranno i settant’anni dal suo trasferimento a Palazzo Venier dei Leoni e dalla prima mostra qui organizzata di scultura contemporanea, oltre a ricordare i 40 anni della sua scomparsa, è stata prorogata fino al 14 gennaio 2019 1948: la Biennale di Peggy Guggenheim, a cura di Gražina Subelytė, Assistant Curator del museo, allestita nelle Project Rooms. Nell’anno del 70° anniversario dell’esposizione della collezione di Peggy Guggenheim alla XXIV Biennale di Venezia, presso il padiglione greco, il museo ha voluto commemorare questo momento dirompente nella storia dell’arte del XX secolo con una esposizione, raccolta ma molto mirata, che ricrea fedelmente l’ambiente del padiglione. Oltre a fotografie, lettere, documenti, in parte inediti, a sorprendere il visitatore è un fedelissimo modello tridimensionale che per la prima volta ricostruisce minuziosamente gli spazi e l’allestimento originario del ’48, seguito dall’eminente architetto veneziano Carlo Scarpa. In mostra non mancano due opere, successivamente donate da Peggy Guggenheim al Museo d’arte di Tel Aviv: Composizione n. 113 (1939) di Friedrich Vordemberge-Gildewart e Composizione (1936) di Jean Hélion, che dagli anni ’50 non sono mai più state esposte a Venezia.

“La prima volta di Peggy” ha scritto Elle Decor, “1948: apre il padiglione di Peggy Guggenheim” ha invece titolato il Sole 24 ore, mentre su Avvenire leggevamo “Paradigma Peggy. E la Biennale del 1948 riscrisse l’arte del ‘900”, così come ha scritto il seguitissimo mensile inglese di arte contemporanea e moda Another Magazine “Così il Padiglione di Peggy ha cambiato per sempre l’arte del XX secolo”. Un successo dunque non solo di pubblico ma anche di critica. Di fatto la partecipazione della collezionista americana alla Biennale del 1948, la prima dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, fu un evento miliare non solo perché fu la prima esposizione pubblica di una collezione privata di arte moderna in Italia dopo due decenni di regime dittatoriale, ma anche perché fu la prima presentazione della collezione in Europa, dopo la chiusura della galleria newyorkese Art of This Century (1942-’47) e il trasferimento di Peggy a Venezia.

Dopo un periodo di interruzione cominciato nel 1942 a causa della guerra, è proprio nel ‘48 che la Biennale, fondata nel 1895, comincia a ricoprire un ruolo internazionale sulla scena dell’arte moderna e contemporanea: dal 6 giugno al 30 settembre viene presentata un’esposizione di capolavori dell’Impressionismo, proposta dallo storico Roberto Longhi, una retrospettiva delle opere di Picasso, dal 1907 al 1942, e una mostra nel padiglione principale dedicata ad artisti come Otto Dix, Karl Hofer e Max Pechstein che desidera restituire nuova dignità all’arte bollata come “degenerata” negli anni del Nazismo. L’esposizione della collezione di Peggy Guggenheim, invitata a partecipare dall’allora segretario generale della Biennale Rodolfo Pallucchini su consiglio dell’artista Giuseppe Santomaso, è un avvenimento senza precedenti per la manifestazione. Non si era mai vista fino ad allora nel Vecchio continente una raccolta così rappresentativa di “opere dell’arte non-oggettiva”, con il merito di offrire esempi di tutte le scuole artistiche, dal Cubismo, al Futurismo, e continuate poi con il Dadaismo, il Surrealismo e l’Espressionismo astratto. Di fatto, pur annoverando gli italiani Giacomo Balla, Gino Severini, Giorgio de Chirico e Massimo Campigli, la collezione comprendeva soprattutto i nomi più rappresentativi dell’arte astratta e surrealista, quali Jean Arp, Costantin Brancusi, Alexander Calder, Max Ernst, Alberto Giacometti, Kazimir Malevich, Antoine Pevsner, senza dimenticare i molti artisti americani, da William Baziotes a Jackson Pollock, da Mark Rothko a Clyfford Still, mai esposti al di fuori degli Stati Uniti e qui presenti per la prima volta. Esponendo l’arte contemporanea dell’epoca, la collezione di Peggy Guggenheim si allineava perfettamente con le aspirazioni della Biennale di offrire una visione il più ampia possibile sullo scenario artistico post-bellico. Negli spazi del padiglione concesso dalla Grecia, allora devastata dalla guerra civile, Peggy espose centotrentasei opere, una ventina delle quali saranno in seguito donate a vari musei nel mondo, tra cui il Museo d’arte di Tel Aviv, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Museum of Modern Art di San Francisco, il Museum of Art, Rhode Island School of Design, il Museum of Art dell’Università dell’Iowa e l’Art Museum di Seattle.

Un ringraziamento speciale per la realizzazione della mostra va a Peter Lawson-Johnston, Presidente Emerito della Collezione Peggy Guggenheim, per il supporto alla mostra. Il programma espositivo della Collezione Peggy Guggenheim è sostenuto dagli Institutional Patrons – EFG e Lavazza, da Guggenheim Intrapresæ e dal Comitato Consultivo del museo. I progetti educativi sono realizzati con il sostegno della Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.